Società

LA GRANDE NUBE NERA SUI LISTINI MONDIALI

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(WSI) – Questa volta ci siamo? Ci si riferisce ovviamente alla recessione americana. Recessione che ha fatto scrivere un testo abbastanza ironico a un paio di analisti di Abn Amro in vena di prendersi un pomeriggio di libertà: abbiamo capito, non si vede ma è già qui, durerà trent´anni, la Federal Reserve prima porterà il denaro a zero, poi lo getterà dagli elicotteri, ma nessuno lo raccoglierà e l´economia si fermerà tutta quanta.

In realtà, in settimana sono arrivati segnali molto preoccupanti, che inducono a dire che, se non siamo ancora dentro la recessione, siamo comunque molto vicini a una frenata molto forte. Forse siamo addirittura a un passo, per quanto riguarda l´America, dalla crescita zero. Per ora si tratta di segnali indiziari, ma è bene essere attenti, di questi tempi. Il primo è l´indice Empire (di New York) che di solito è un buon anticipatore dell´indice Ism, il quale a sua volta rende conto degli umori dei direttori acquisti delle aziende manifatturiere. Ebbene, l´indice Empire non è andato bene e gli esperti dicono che lascia immaginare un indice Ism a quota 48.

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Per conoscenza statistica si dice che quando l´indice Ism va sotto 50 l´economia americana entra in una fase di contrazione. Quando va sopra siamo in una fase di sviluppo. Con quota 48, quindi, saremmo in una fase di contrazione. La cosa, che ha destato un certo allarme presso gli operatori, non dovrebbe invece stupire più di tanto, visto che l´economia americana è in contrazione da tempo e anche in maniera piuttosto robusta. Probabilmente, però, tutti i ragionamenti intorno al prossimo indice Ism vanno letti come una possibile segnalazione di «ulteriori» contrazioni. E poiché siamo già molto in basso, come attività produttiva, ecco che gli operatori si preoccupano.

Anche perché, nel frattempo, è uscito anche l´indice del Michigan, che riguarda gli umori non degli industriali o degli operatori, ma dei consumatori. E anche l´indice Michigan è andato molto male. Si è piazzato ai livelli più bassi dal 1992 a oggi. Ai livelli più bassi degli ultimi sedici anni. E questa è una cattiva notizia, molto cattiva, perché si sa che l´economia americana è tenuta in piedi proprio dai consumatori: se quelli cedono, se quelli smettono di andare con la solita frequenza all´ipermercato, allora sono guai seri.

Certo, ci potrà essere un certo recupero con le esportazioni (grazie anche a un dollaro basso), ma se il mercato interno cede, l´economia americana rischia seriamente di avvitarsi su se stessa. E, a quanto pare, è quello che sta avvenendo, e che alimenta i timori di recessione imminente. Anche se vanno dette un paio di cose. Anche i meno ottimisti prevedono, per ora, solo una possibilità crescita zero, o vicina a zero, nel primo trimestre dell´anno. E, forse, anche nel secondo. Poi le cose dovrebbero andare meglio.

E infatti fra la trentina di centri studi che hanno redatto le previsioni di Consensus (febbraio) relative all´economia americana non se ne trova nemmeno uno che abbia visto il 2008 con una crescita negativa. La media parla di un aumento del Pil dell´1,6 per cento seguito da una crescita del 2,6 per cento nel 2009. Insomma, una frenata, brusca fin che si vuole e antipatica, ma non ancora una lunga e dura recessione.

Gli operatori e i mercati, però, non ostentano tranquillità e spiano l´andamento dei vari indici (Empire, Michigan, ecc.) con molta attenzione perché temono che la recessione (con il relativo crollo di affari e di profitti) possa arrivare improvvisamente cogliendo tutti in contropiede.

Ma, a parte questi segnali di rallentamento dell´economia, la vera ansia ai mercati è data da un altro elemento, e cioè dai soliti «piccoli mostri», i prestiti subprime e analoghi. Di recente in tanti si sono messi a fare i conti su quanto c´è ancora di «buco» (non rivelato) nei conti delle maggiori banche mondiali e i risultati non sono consolanti. A seconda delle stime (e di come andrà il mercato immobiliare) si stima che il «buco nero» (oggi non visibile) dovrebbe oscillare fra i 200 e i 250 miliardi di dollari.

Si è abbastanza sicuri che questo buco esista, ma non si sa dove si trova, non si sa come è distribuito e è proprio questo a togliere il sonno a operatori e mercati. Dopo che una banca seria come Ubs ha dovuto denunciare un buco di 7 e passa miliardi di euro, chiunque nelle Borse può legittimamente sospettare di chiunque.

Ma un mercato dove tutti sospettano tutti (e sono sospettati) non è un mercato felice. E nemmeno un mercato che possa guardare avanti. È, piuttosto, un mercato che cerca di guardarsi alle spalle, per non prendersi il bidone. E quindi, in definitiva, è un mercato attento, poco coraggioso, senza idee. È un mercato che campa alla giornata.

E che spera che qualcuno faccia luce. Ma le banche tacciono perché sperano di riuscire in un modo o nell´altro a sanare i buchi che si portano dietro. Il risultato è come se un´immensa nube nera gravasse sui listini di tutto il mondo. Ogni tanto vanno su o giù. Ma con pochissima convinzione.