Il governo di transizione, il fallimento delle politiche economiche del governo, l’identità del Pd. Questi i temi principali toccati da Pier Luigi Bersani nella replica finale all’assemblea nazionale del Pd a Busto Arsizio.
LEGGE ELETTORALE – «Siamo pronti a un governo di transizione che cambi la legge elettorale e affinché si possa andare a elezioni, guardando avanti e non traccheggiando. Per questo ci dobbiamo rivolgere a tutte le forze interessate a mettere in sicurezza la democrazia italiana» è uno del passaggi più significativi dell’intervento del segretario.
BERLUSCONI – Bersani ha poi attaccato duramente il governo: «Non siamo oltre Berlusconi. Siamo in un secondo tempo di Berlusconi, ed è la fase più pericolosa. La fine del berlusconismo non sarà un pranzo di gala, Berlusconi non se ne andrà bevendo una tazza di tè, ma preferirà il “muoia Sansone con tutti i filistei”. La promessa non c’è più, ma c’è la forza da usare. Innanzitutto la forza ideologica, poi c’è la forza economica e mediatica, e c’è anche un conformismo difficile da superare». Senza il Pd, spiega, non è possibile alcuna alternativa a Berlusconi, i democratici non faranno gli «utili idioti» ma saranno «il traino dell’alternativa»: «Chi maltratta il Pd rifletta, rischia di tenersi Berlusconi, è più di un rischio, senza di noi Berlusconi non va a casa».
UNIVERSITÀ – Parlando più concretamente dell’iniziative del governo, Bersani ha citato la riforma dell’università ad opera del ministro Gelmini: «È un taglio, non certo una riforma. Voglio rispondere a tanti autorevoli commentatori che parlano di esaltazione del merito e delle valutazioni. Ma dove sono? Qui si vogliono fare le nozze con i fichi secchi e chiunque abbia fatto una riforma lo sa, è solo un taglio e un modo di azzoppare il futuro». Quindi, le politiche sul lavoro: «Chi si sta occupando di lavoro, credo stia attraversando più che una fase ideologica, una fase mistica – ironizza Bersani -. Noi abbiamo bisogno di uno schema nel quale lo Stato e la società si devono dare la mano, come avviene in tutti i Paesi».
PROPOSTE DEL PD – Infine, il segretario ha parlato dell’identità e del futuro del Pd. Con un invito. «Le gazzette sono ancora troppo piene di un partito che parla di sé e non dei problemi, e sì che i problemi in giro sono tanti. Non possiamo permetterci scarti su questo, perché i tempi stringono: la crisi politica e la crisi economica si stanno avvitando. Dobbiamo trovare un’idea che non oscilli, non vogliamo essere buoni ma razionali». Uno dei temi sarà l’immigrazione: «Un Paese che vuole crescere deve avere una quota di immigrati. Il fenomeno porta vantaggi ma anche discordie e problemi. Bisogna dividere equamente le due cose. Non è possibile che i vantaggi vadano tutti da una parte e i disordini tutti alle fasce basse della popolazione. Se arriva un povero non è possibile che paghi un altro povero». La proposta del Pd si baserà sulla selettività dell’immigrazione: «Dobbiamo avere un progetto che abbia umanità, equità e razionalità».
«NON SIAMO UN SINDACATO» – Bersani ha espresso solidarietà a Bonanni e alla Cisl, dopo l’attacco a Roma: «Non sono tollerabili le aggressioni». E ha sottolineato: «Il Pd è un partito, non un sindacato. Non voglio che passi che il Pd stia con l’uno o l’altro sindacato. Noi abbiamo un’idea di società». Quindi promette: «Non faremo mai più un meccanismo come l’Unione, che non è in grado di mantenere le promesse. Una coalizione in cui qualche tuo alleato, mentre il governo faceva le uniche cose per il Nord come il cuneo fiscale e le infrastrutture, metteva le dita negli occhi sul piano del giudizio morale rispetto alla piccola impresa». Per quanto riguarda la tenuta del Pd nel nord: «Non è vero che siamo stranieri al nord. Abbiamo delle responsabilità ma il sogno e il progetto di Bossi e Berlusconi sono falliti». Un passaggio delicato, che Bersani ha inquadrato cosi: «Il nord è stato tradito così come l’intera Italia è stata tradita. Il sogno di liberare l’energia del nord affinché si liberasse l’intero Paese è fallito. Questo è stato un danno enorme per l’Italia che si è man mano allontanata dai grandi processi di modernizzazione».
DOSSIER – Il segretario ha anche affrontato la spinosa questione dei dossier, dopo il caso Marcegaglia: «Se ci siano dossier in giro non lo so, però c’è paura in giro… io no, ma c’è paura in giro, non solo a Roma…» ha detto chiudendo l’assemblea nazionale del Pd trasmessa sul sito di Youdem.