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La fiducia di Pirro

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Roma – L’esecutivo porta a casa una vittoria striminzita aggrappandosi a 316 si, sul filo della soglia di verifica fissata alla vigilia del voto. Una fiducia di Pirro, che non riesce a dare quella dimostrazione di ampia solidita’ politica che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano aveva preteso dal governo.

La maggioranza alla Camera c’e’, ma non nella portata attesa dall’esecutivo. L’obiettivo era raggiungere una quota di molto superiore ai 315 voti (piu’ della meta’ dei 630 deputati complessivi). I no sono stati 301. Anche se Berlusconi aveva precisato di accontentarsi anche di un numero inferiore ai 315: “l’importante e’ ottenere la vittoria, non come la si ottiene”. Subito dopo la vittoria il premier e’ salito al Colle per un appuntamento, “ma che non riguarda questo voto”.

Quelli a cui abbiamo assistito stamattina sono stati momenti di tensione per tutte le forze parlamentari. Nessun deputato aveva i numeri per dire con certezza cosa sarebbe avvenuto. Cio’ ha innervosito i mercati, con gli spread tra Btp decennali e bund tedeschi che sono saliti di 10 punti nelle ore trepidanti di attesa.

Non hanno votato, opponendosi di fatto anch’essi alla fiducia, i deputati del partito Radicale, l’esponente del gruppo dei Responsabili Sardelli (Popolo e Territorio), gli “Scajolani” del Veneto, Destro e Gava, oltre a Versace, che ha lasciato il partito da tempo.

Nelle file dell’opposizione erano presenti in aula praticamente tutti i membri disponibili, tranne Mirko Tremaglia, per le sue note condizioni fisiche, ed Elisabetta Zamparutti, radicale eletta col Pd. Le opposizioni hanno iniziato a votare solo alla seconda chiama, nel tentativo di dimostrare che la maggioranza non disponeva del numero legale minimo richiesto e far cosi’ rinviare il voto.

La prima chiama si e’ chiusa pero’ con 319 voti favorevoli, una quota che ha consentito il prosieguo regolare dei lavori. La soglia legale era di 315. Il raggiungimento del quorum alla prima chiama e’ stato possibile grazie al voto dei Radicali, la cui posizione ha fatto infuriare gli – ormai ex – alleati di PD e Italia dei Valori.

La loro posizione era formalmente accettabile ieri, quando hanno deciso di non aderire all’iniziativa dell’opposizione di non partecipare all’intervento di Berlusconi in cui il premier ha chiesto la fiducia – anche perche’ avevano citato come motivazione un problema serio come quello delle condizioni e del sovraffollamento delle carceri – ma la loro dissidenza dalla strategia antigovernativa di oggi non puo’ essere letta in altro modo se non uno sgarbo alle opposizioni e un grosso favore alla maggioranza. I Radicali hanno partecipato alla prima chiama, consentendo il regolare raggiungimento della quota legale.

Fino a ieri la maggioranza di centrodestra pensava di poter contare su 319 voti: i 217 del Pdl (Pietro Franzoso è ricoverato in ospedale), i 59 della Lega, i 29 di Popolo e territorio, i 9 di Forza Sud, oltre a Luca Barbareschi, Aurelio Misiti, Mario Pepe, Andrea Ronchi, Adolfo Urso. Conti alla mano ne sono venuti a mancare tre.

L’opposizione, come riferito dal leader dell’Italia dei Valori Antonio Di Pietro resta compatta ed e’ pronta non solo per le elezioni anticipate, ma “anche per un breve governo di transizione”.

L’instabilita’ politica e incertezza per l’esito del voto ha innervosito i mercati alzando i livelli di rischio paese: stamattina prima che venisse annunciato l’esito del voto lo spread tra Btp e Bund in due ore e mezza e’ salito da 367 a 377. Alle 14 i buoni del Tesoro a dieci anni erano scambiati al 5,87% contro il rendimento del 5,28% dei bond spagnoli. Alle 15 il rendimento e’ poi sceso attestandosi al 5,83%.

Ieri Berlusconi si e’ presentato a Montecitorio per chiedere la fiducia al suo governo, la numero 56, dopo l’inaspettata bocciatura del rendiconto generale dello Stato di due giorni fa. In un’atmosfera surreale, il monologo del premier non ha evidentemente convinto alcuni dei suoi, viste le defezioni di oggi di alcuni Scajolisti e Responsabili.

L’incidente parlamentare si e’ chiuso, l’esecutivo regge, ma i problemi per la maggioranza non finiscono qui. Fuori da Montecitorio e anche dal palazzo della Banca d’Italia continuano le proteste di indignados e “draghi ribelli”. Mentre si ampliano le divisioni tra Tremonti e i ministri Romani e Prestigiacomo, all’attacco dei tagli previsti nella finanziaria, ribattezzata legge di stabilita’.

I tagli del 90% in quattro anni al ministero dell’Ambiente non vanno giu’ al capo del dicastero di riferimento: ‘Non voterò un testo che ci cancella’. Romani incalza: ‘Grave sottrarre fondi a banda larga’. Il provvedimento arriva oggi in Consiglio dei Ministri con rendiconto e bilancio. Un’altra tegola sulla testa del governo.