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La Fed è pronta ad agire. E la Bce?

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New York – I timori sull’inflazione sembrano essere svaniti ultimamente- e comunque non sono stati mai un vero problema per Ben Bernanke e company -, e l’attenzione della Federal Reserve è tornata sulle possibili misure da adottare per stimolare l’economia, vista la debolezza degli ultimi dati macro: non ultimo ma sicuramente tra i più importanti, il rapporto sull’occupazione, che ha messo in evidenza ad agosto una crescita pari a zero dei nuovi posti di lavoro.

Wall Street attende qualche mossa dal presidente Ben Bernanke, che probabilmente nei prossimi interventi ripeterà come l’istituto stia studiando tutte le possibili manovre da adottare, prima del meeting ufficiale previsto per il 20-21 settembre.

Nel mentre ci pensano altri rappresentanti a dire qualche parola in più. “Il pericolo reale è la possibilità che l’economia rimanga in una fase di stallo, con un alto tasso di disoccupazione ancora per molti anni”, ha detto John Williams, Presidente della Fed di San Francisco. Nuove misure offrirebbero “la protezione richiesta contro un deterioramento delle condizioni del paziente (l’economia) e magari lo aiuterebbero a reggersi in piedi da solo”.

In tempi normali la Fed interverrebbe modificando il tasso overnight al quale le banche si prestano soldi l’un l’altra, per influenzare investimenti, prestiti e la spesa, ma questi sono ormai prossimi allo 0%. L’istituto centrale americano ha inoltre già acquistato Treasury per $2,325 miliardi per abbassare i tassi di interesse di lungo termine.

Intanto, non si può non parlare nel giorno in cui vi è stata anche la conferenza stampa di Jean Claude Trichet della politica monetaria della Bce. Il numero uno dell’istituto di Francoforte è “sbottato” nel finale, mostrando tutta la sua frustrazione verso le critiche di cui la Banca centrale europea continua a essere oggetto. E ha anche ricordato che l’obiettivo dell’istituto è la stabilità dei prezzi.

Ma, visto che in Europa le cose non vanno affatto meglio rispetto agli Stati Uniti (anzi), e considerato anche l’appello che l’Ocse ha rivolto proprio alle banche centrali dei paesi occidentali, a questo punto forse Trichet dovrebbe dare indicazioni più nette sul da farsi.

In ogni caso, ora che lo staff degli economisti dell’istituto ha anche rivisto al ribasso le stime sulla crescita dell’Eurozona, è naturale aspettarsi un intervento di politica monetaria espansiva non solo dalla Fed (a quelli gli operatori si sono quasi abituati), ma dalla Bce.

Ecco comunque le tre misure non-convenzionali che la Fed potrebbe decidere di adottare.

La prima, conosciuta dal mercato come “Operation Twist”, consiste nel modificare il portafoglio investito in bond, spostandosi dagli investimenti di breve periodo a quelli di lungo, per mettere sotto pressione i rendimenti della parte lunga della curva e stimolare l’attività economica.

La seconda mossa prevede la riduzione, o l’eliminazione, dello 0,25% di interessi che la Fed paga per le riserve in contante che le banche depositano presso l’istituto centrale. Il tasso è ben oltre lo 0,196% dei Treasury a 2 anni. La giustificazione per questo intervento sarebbe quella di disincentivare le banche a detenere contante in riserva, piuttosto che aumentare i prestiti, dunque stimolare l’economia.

La terza manovra è quella di utilizzare le proprie parole per rendere più chiari nel comunicare i piani della Fed sull’economia e sui tassi di interesse. Alcuni membri della Fed sostengono infatti che le parole di agosto, in cui si è parlato di mantenere i tassi bassi fino al 2013, non fossero state sufficienti.