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LA FALSA PROFEZIA DELLA CRISI AMERICANA

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La temuta deflazione negli Stati Uniti non c’è. I prezzi, anche se di poco, aumentano. Quelli al consumo, di maggio, la cosiddetta inflazione, sono stabili. Ma se il dato viene depurato dalla componente petrolio, si ha un aumento dello 0,3 per cento. Le quotazioni del greggio, crollate per la rapida conclusione della guerra, hanno infatti abbassato il dato medio dell’inflazione.

Non esiste, fra le famiglie americane, la sindrome giapponese, per cui si aspetta a spendere in attesa dei ribassi. In altri tempi, un aumento simile, che corrisponde a una media annua di inflazione superiore al 3,6 per cento, avrebbe generato preoccupazioni per il pericolo di una spirale inflazionistica. Al contrario, oggi è un elemento di sollievo. Guardando alla tendenza più generale la prospettiva cambia: nella media semestrale il tasso di inflazione è in notevole discesa e il dato di maggio ha soltanto segnalato un rallentamento di questa discesa.

Altre informazioni macroeconomiche danno un’idea più chiara dell’economia americana. La produzione industriale in maggio ha registrato un piccolo aumento: lo 0,1 per cento. Ha fatto meglio il settore edilizio: l’incremento mensile è dello 0,6 per cento nella costruzione di nuove abitazioni. A tirare la produzione industriale sono stati i prodotti tecnologici, che hanno registrato in maggio un aumento dello 0,8 per cento, e dell’8,5 per cento rispetto al maggio del 2002. E’ il crollo di produzioni come le auto e altri beni di consumo durevoli che porta l’indice a essere piatto. Nella media, l’industria lavora al 74 per cento della sua capacità.

I diversi dati macroeconomici americani ci disegnano dunque un quadro in cui le paure di deflazione si allontanano. E il settore dell’alta tecnologia ha reagito alla minor domanda riducendo i prezzi e allargando la platea dei possibili acquirenti. Sul fronte degli immobili continua l’interesse dell’americano medio, che approfitta del basso costo del denaro per accendere mutui. Il complesso dell’economia non risente ancora pienamente della spinta all’espansione derivante dagli sgravi fiscali, dal basso tasso di interesse, dal deprezzamento del dollaro. Ma ci sono elementi di vitalità, che mancano in Europa.

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