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(WSI) – Sarà perché a scriverli sono spesso gli «esperti» che l’hanno causato, ma i pamphlet sul disastro finanziario restano ammonticchiati in pile monumentali sugli scaffali delle librerie. Persino le biografie dell’aspirante salvatore Obama accumulano la polvere.
Oggi vende solo chi si occupa di vampiri, di assassini e di innamorati, e se poi sono vampiri assassini e innamorati è meglio. La tv affoga l’ansia nella volgarità rassicurante dei reality, mentre alla radio gli spazi di approfondimento interessano meno dell’ennesimo programma di dediche. Anche i lettori dei giornali, e i giornalisti che li fanno, cominciano a saltare a piè pari tutte le cifre con il segno «meno» davanti, che rappresentano il rosario quotidiano dell’informazione economica in tempi di lutto.
Il cittadino piegato dalla crisi sembra voler leggere e sentir parlare soltanto di svago. È una rimozione vera e propria, ma sarebbe sbagliato bollarla come la prova che la democrazia turboconsumista ci ha spolpati di una coscienza civile per trasformarci in pecoroni anarchici, il cui orizzonte sociale lambisce a stento la cerchia dei familiari più stretti. Credo piuttosto che la fine del «capitalismo dei debiti» coincida con il rifiuto di una comunicazione basata sulla denuncia ansiogena invece che sulla proposta.
Gli analisti continuano a sviscerare compiaciuti le cause dello sfascio che non hanno saputo evitare, ma non danno uno straccio di indicazione su come uscirne e intanto su come conviverci con dignità. Non è questione di essere ottimisti, ma di smetterla di essere così petulanti.
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