La Corte Suprema di Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza n. 4511 del 2 febbraio 2006, ha espressamente dichiarato la giurisdizione della Corte dei Conti anche nei confronti del cittadino privato non legato alla Pubblica Amministrazione da alcun vincolo di dipendenza lavorativa, sia diretta che indiretta.
Tale questione prende lo spunto da un giudizio per regolamento di competenza richiesto da una società che aveva chiesto ed ottenuto un finanziamento per realizzare un impianto per innevamento da eseguirsi con l’acquisto di macchinari nuovi.
La società convenuta aveva fatto sembrare come nuovi macchinari acquistati in precedenza, mediante una serie di ristorni simulati, grazie al controllo non eseguito da parte dell’istituto di credito.
Il Procuratore Generale presso la Corte dei Conti citava a giudizio la società e l’istituto di credito concessionario contestando l’illegittima erogazione dei fondi pubblici.
La società citata, proponendo istanza di regolamento di competenza,aveva dedotto l’insussistenza della giurisdizione contabile, considerata la sua estraneità all’organizzazione amministrativa e, in ogni caso, aveva ritenuto escluso il rapporto di servizio con la Pubblica Amministrazione, poiché l’erogazione dei fondi pubblici era semplicemente lo strumento per lo svolgimento di un’attività privata, così sovvenzionata.
Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, ritenendo fondata la tesi difensiva, sosteneva che in caso di finanziamenti a privati, che conservano piena autonomia nell’attività imprenditoriale, sia pure con l’obbligo di destinare le somme erogate all’acquisto di macchinari nuovi, il soggetto privato non assume la posizione di ente strumentale dell’ente pubblico.
Questo principio assume maggiore valenza soprattutto quando l’unica forma di controllo cui è sottoposto il soggetto beneficiario riguarda soltanto la contabilizzazione delle operazioni di acquisto, tra l’altro come nel caso in esame ad opera di una banca concessionaria e non direttamente ad opera dell’ente pubblico. Quando il rapporto tra l’ente erogante e il soggetto beneficiario, si esaurisce nella semplice destinazione delle somme erogate alla finalità prevista —nella specie acquisto di macchinari- l’obbligo sinallagmatico, a carico del soggetto privato costituisce il presupposto dell’erogazione e non l’espletamento di un’attività rientrante tra i compiti della Pubblica Amministrazione. L’organo giudicante non ha però condiviso la tesi sostenuta sia dal ricorrente sia dal Procuratore Generale presso la Suprema Corte di Cassazione ed ha seguito un orientamento diverso. La tesi avanzata è stata ritenuta estranea allo sviluppo della ermeneutica giurisprudenziale nella materia. Ultimamente l’Amministrazione ha, difatti, operato tramite soggetti non organicamente inseriti nella stessa e utilizzato moduli e schemi al di fuori del regolamento di contabilità dello Stato.
Siffatta tendenza ha fatto sì che ai fini del riconoscimento della giurisdizione della Corte dei Conti, si sviluppasse un filone interpretativo che ritenesse del tutto irrilevante il titolo in base al quale si sia svolta la gestione del pubblico denaro. Tale gestione può realizzarsi attraverso un rapporto di pubblico impiego o di servizio, ma anche attraverso una concessione amministrativa o un contratto privato.
La Suprema Corte ha sottolineato come ormai il baricentro per discriminare la giurisdizione ordinaria da quella contabile, si debba spostare dalla qualità del soggetto, che può essere anche un privato cittadino o un ente pubblico non economico, alla natura del danno e degli scopi perseguiti.
Praticamente ove il privato, per sue scelte, incida negativamente sul modo d’essere del programma posto dalla Pubblica, alla cui realizzazione egli è chiamato a partecipare con l’atto di concessione del contributo, e l’incidenza sia tale da potere determinare uno sviamento delle finalità perseguite, egli realizza un danno per l’ente pubblico di cui deve rispondere dinanzi al giudice contabile.
di Rosa Rutigliano