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La “Cool Britannia”: rinascita pop e british style

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Un movimento che, in parallelo con l’elezione del giovane e rampante Tony Blair negli anni ’90, ha rappresentato una vera e propria svolta per l’universo british. L’orgoglio patriottico come fil rouge da seguire, tanto nell’abbigliamento quanto nell’arte e nella musica.

E proprio in ambito musicale nasce il Britpop: movimento che ha lanciato in quegli anni molti gruppi che hanno spopolato in UK – Oasis e  Blur su tutti, ma anche i meno noti Suede, Supergrass, Elastica, Menswear – che si rifacevano alle band dello stile “mod” come Who, Kinks e Small Faces.

Come si giunse al britpop dallo stile “Mod”

Twenty-something working e middle class che scelsero il logo della Royal Air Force per identificarsi e che proprio come i loro idoli musicali degli anni ’60 amavano vespe e lambrette. Un look che prevedeva, inoltre, pantaloni affusolati e giacche strette, parka per coprirsi durante gli spostamenti sui motocicli e taglio di capelli “new french line“. Fred Perry addosso, Dr Martens ai piedi e una serie di rituali tipicamente british da seguire: ritrovo allo stadio per tifare la propria squadra e buona birra nei pub caratteristici.

Le due band che agli anni ’90 si diedero letteralmente battaglia furono gli Oasis e i Blur, considerati come la terza ondata del movimento “mod”. Una battle of the bands enfatizzata da riviste musicali come New Musical Express e Melody Maker e dai tabloid d’Oltremanica che – con le dovute proporzioni – replicava la contrapposizione tra Beatles e Rolling Stones.

La battaglia musicale tra gli Oasis e i Blur

I singoli “Roll with It” degli Oasis e “Country House” dei Blur furono al centro della contesa musicale e non solo: i Blur furono capaci di vedere 280.000 copie della loro canzone, ma il successo a lungo termine lo ebbero i mancuniani Oasis, capaci di imporsi anche negli States e nel resto d’Europa, cosa che riuscì soltanto molti anni più tardi e in tono minore ai rivali londinesi. L’apoteosi per gli Oasis fu il concerto di Knebworth del 1996: un’autentica autocelebrazione consacrata da due serate di fronte a 250.000 spettatori.

Oggi di quello “scontro” resta poco: gli Oasis si sono divisi e i due fratelli Gallagher hanno intrapreso strade differenti dimostrando che il meglio lo avevano già dato.

I Blur, dopo alcuni anni di stallo, hanno ripreso a suonare insieme nel 2009 e non ultimo al concerto per le recenti Olimpiadi di Londra. Damon Albarn, il leader del gruppo, è cresciuto e sembra una persona diversa dal ragazzino capriccioso e un po’ arrogante degli esordi: in questi anni ha manifestato il proprio dissenso alla guerra in Iraq, avviato diversi progetti paralleli, scritto colonne sonore per importanti opere teatrali e registrato un disco solista in Africa con il supporto dei più importanti musicisti locali. In Mali, lontano dalla celebrità e dai riflettori, Albarn ha avuto modo di ritrovare se stesso comprendendo quanto relativo sia il concetto di popolarità: in un’intervista di qualche anno fa dichiarò che venne presentato alla popolazione locale come il “musicista che arriva dal paese Phil Collins“.

Di quella costellazione musicale nata intorno alla metà degli anni ’90 oggi rimane ben poco: il Britpop è stato un fenomeno passeggero, ma dalla indiscutibile rilevanza sociale e musicale, che non ha mancato tuttavia di spargere i propri semi nelle generazioni successive: in qualche garage di Glasgow, Tokyo o della periferia di Berlino probabilmente in questo momento stanno provando le loro canzoni giovani virgulti innamorati delle melodie e dello stile dei vari Albarn, Gallagher e compagnia cantante.