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La Cina vuole condizionare anche i media in Occidente

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Domineranno il mondo? E allora dovranno controllare i media. La Cina sta perseguendo in modo aggressivo una sua strategia per fermare l’incontrastata supremazia mondiale nel settore delle news e delle opinioni mantenuta fin qui dai media occidentali. Come? Cominciando a trasmettere in TV notiziari in inglese e acquisendo testate straniere finanziariamente disastrate dalla recessione. Pechino ha presentato di recente anche un’offerta per rilevare il settimanale “Newsweek”, messo in vendita 2 mesi fa dal gruppo “Washington Post”.

Il 1. luglio l’agenzia Xinhua News Agency ha cominciato a trasmettere via satellite il suo “CNC World Reports” in inglese. CNC e’ l’acronimo che sta per China Xinhua News Network Corporation: aspira a diventare la versione cinese di CNN, con una programmazione 24/7 in tutto il mondo. Xinhua e’ sotto il diretto controllo del Consiglio di Stato di Pechino, cioe’ una delle autorita’ che fanno capo al governo comunista, ed e’ di gran lunga la piu’ grande organizzazione media in Cina, con 13.000 dipendenti e 130 uffici di corrispondenza all’estero (mentre gli occidentali tagliano ovunque per far fronte al calo dei fatturati pubblicitari dovuto alla crisi).

Oltre che sul satellite, CNC World si puo’ vedere su Internet, sul mobile, mentre sono in preparazione edizioni in altre lingue, tra cui giapponese, francese, russo e arabo.

In parallelo arriva conferma del tentativo da parte di Pechino di sfondare nel mondo dei media ad Ovest: insieme a tre aziende americane, tra i partecipanti all’asta indetta dal “Washington Post” per sbarazzarsi del settimanale “Newsweek” (nel 2009 ha perso $19 milioni di dollari) si e’ scoperto c’era anche un bid di Southern Media Group, gruppo di investimento “made in China”. A tirare le fila dell’offerta e’ stato Xiang Xi, ex direttore di Southern Weekly, una rivista nota in Cina per il suo investigative reporting in stile “americano” e fiore all’occhiello del Southern Media Group. Il “Washington Post” se l’e’ cavata con un diplomatico “no comment” ma una fonte di Southern Media Group ha fatto sapere che l’offerta per rilevare “Newsweek” e’ stata rifiutata proprio perche’ presentata da un gruppo cinese.

Secondo rapporti provenienti da Pechino, il governo di Pechino ritiene che circa il 75% delle news internazionali nel mondo sono oggi trasmesse e diffuse globalmente da 4 fonti: The Associated Press (AP), Reuters, Agence France-Presse (AFP) e United Press International (UPI).

Perfino il presidente cinese Hu Jintao ha dovuto ammettere che l’influenza della Cina sulla formazione delle opinioni internazionali e’ assai debole se raffrontata a quella dell’Occidente. Lo disse nel marzo 2008 quando Pechino fu criticata aspramente dai media occidentali per la gestione della questione Tibet – Dalai Lama.

Una fonte governativa cinese ha rivelato di recente ad un giornale asiatico: “Adesso e’ il nostro turno di muoverci sui mercati esteri, grazie al fatto che le organizzazioni media occidentali sono in sofferenza per la recessione economica. C’e’ la necessita’ di approfittare di questa circostanza uinica al fine di cercare di creare un’opinione internazionale tale da spazzar via ogni immagine negativa legata al cliche’ della ‘Cina come minaccia’”. Piu’ chiaro di cosi’…

Li Baoshan, presidente di “Qiushi”, l’organo ufficiale del Partito Comunista Cinese, ha poi concluso: “Incomprensioni, pregiudizi e ignoranza sulla Cina sono rampanti nella comunita’ internazionale. I contenuti che circolano adesso sulle news non si puo’ certo dire che siano oggettivi e corretti. E’ venuto il momento di contrastare il dominio occidentale delle opinioni”.