Stangata sulle esportazioni cinesi. Pechino ha annunciato, a partire dal primo giugno 2005, l’aumento dei dazi su 74 categorie di prodotti tessili (tra cui magliette e pantaloni), con un incremento del 400 per cento per la maggior parte degli articoli. La tassa che gli esportatori saranno tenuti a pagare sale così dallo 0,3% a un massimo del 4%. La decisione cinese potrebbe allentare le tensioni con i partner commerciali in Occidente e calmare le proteste dell’Unione Europea e degli Stati Uniti che chiedevano un aumento della tasse per frenare l’esportazione di prodotti cinesi.
Gli aumenti tariffari andranno da un minimo di uno yuan per unità fino a 4 yuan, rispetto agli attuali 0,2-0,3 yuan in vigore dall’inizio di gennaio. In aggiunta, Pechino applicherà al filato di cotone una tariffa all’export di 3 yuan per chilogrammo.
“La Cina è un paese responsabile – ha detto Sun Huaibin, portavoce del consiglio dell’industria tessile – ed è al fine di istituire un nuovo ordine nel commercio mondiale del tessile ed allentare i contrasti commerciali che il governo ha fatto questa concessione”.
A giudizio del ministro del commercio cinese Bo Xilai la Cina, però, non imporrà restrizioni al volume delle esportazioni che, secondo alcuni osservatori, sarebbero più efficaci dell’ aumento delle imposte che è di proporzioni significative ma parte da un livello molto basso.