Alla fine le autorità cinesi sono passate dalle parole ai fatti, optando per una mossa anti-Fed.
Visto che gli Stati Uniti sono rimasti sordi alle critiche arrivate da Pechino da diverse parti del mondo contro la la massiccia iniezione di liquidità da 600 miliardi di dollari decisa da Bernanke e compagni, e visto che anzi Obama ha ribadito la bontà della manovra, Pechino non ha atteso neanche l’apertura dei lavori del G20: e, più ferma che mai, si è data da fare.
L’autorita’ valutaria cinese (Safe) ha infatti deciso un giro di vite sugli afflussi di capitali esteri; precisamente, l’istituto ha deciso di introdurre quote per l’utilizzo di debito estero a breve termine da parte degli istituti finanziari, oltre a rafforzare il controllo sul rimpatrio dei fondi di societa’ cinesi quotate all’estero e investimenti offshore.
Il giro di vite riguarda anche gli investimenti in capitale azionario in Cina da parte delle compagnie estere, e risponde a un’esigenza precisa del paese del Dragone: quella di evitare l’arrivo eccessivo di capitali che scottano, fenomeno che rischierebbe di arrecare al paese una maggiore inflazione e ulteriori bolle speculative.
C’è da pensare che l’atmosfera di questo G20 sarà piuttosto concitata. D’altronde la Cina è stata piuttosto chiara nelle ultime ore, nel criticare apertamente l’ennesimo atto di politica monetaria espansiva che la Federal Reserve ha deciso di sfornare.
Un editoriale pubblicato sul People’s Daily, versione internazionale del quotidiano del partito comunista cinese, ha infatti scritto che l’ultima decisione di Washington di stampare moneta è una forma di manipolazione indiretta: manipolazione, precisa, che potrebbe scatenare una nuova fase della guerra valutaria già in corso e tradursi addirittura in un collasso economico globale.
E anche il vice ministro delle finanze cinese Zhu Guangyao si è espresso, sottolineando ieri che la manovra della Fed provocherà uno “shock” all’economia globale, aumentando flussi “di denaro bollente verso le economie emergenti.