Con 315 voti contrari e 294 favorevoli, la Camera respinge la mozione di sfiducia presentata da Idv e Pd nei confronti del ministro dell’Agricoltura Saverio Romano, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Alla votazione hanno preso parte 609 deputati. Contro la sfiducia le forze di maggioranza: Pdl, Lega e Popolo e territorio (responsabili). A favore le forze di opposizione: Pd, Idv e Terzo polo (Udc, Fli e Api). I sei deputati radicali non hanno preso parte alla votazione.
Così la maggioranza supera l’ennesimo test sulla propria tenuta, dopo l’apparente ricompattamento sancito dal “no” di Montecitorio all’arresto di Marco Milanese. Scongiurato anche il rischio, in caso di rinvio a giudizio per Romano, di un inasprimento dei rapporti con il Quirinale. Si ricorderà come, al momento della nomina del responsabile dell’Agricoltura, il presidente Napolitano avesse espresso le sue perplessità 1 per la scelta di un politico coinvolto in un’indagine sulla criminalità organizzata.
Nessuna sorpresa a Montecitorio, dove la seduta è tesa, con momenti di gran bagarre, Romano che vota contro la sfiducia a se stesso e Silvio Berlusconi è accompagnato all’operazione dai fischi e ululati dell’opposizione. Dopo il voto, il premier si intrattiene con alcuni parlamentari Pdl. “Sono un perseguitato – avrebbe detto -, nel mirino della magistratura solo per fini politici. C’è una gara delle Procure contro di me, prima mi vogliono come testimone, ora come indagato. Non ce la faccio più, uno di questi giorni vado in tv ed esplodo”. E, a quanto pare, Berlusconi potrebbe essere già stasera su Canale 5 per “spiegare agli italiani quanto sta accadendo”.
Una seduta da cui il ministro Romano esce comunque indenne grazie al decisivo sostegno del voto leghista. Scelta fortemente contestata dalle opposizioni, che in aula rinfacciano a Bossi e soprattutto al ministro dell’Interno Maroni la contraddizione di un Carroccio a difesa di un ministro indagato per associazione mafiosa, denunciando l’operazione come “voto di scambio”.
Saverio Romano, seduto tra i banchi del governo, dove più tardi gli si siede accanto proprio Umberto Bossi, interviene nel dibattito facendo proprio il vecchio teorema berlusconiano: “Quello che un tempo era l’ordine giudiziario ormai ha soverchiato il Parlamento e ne vuole condizionare le scelte” dichiara il ministro dell’Agricoltura, denunciando la “campagna di aggressione” e la disinformazione di cui, a suo dire, è stato oggetto assieme “alla mia comunità politica, i miei familiari, spesso con grossolane inesattezze”.
“Questa vicenda – aggiunge Romano – dimostra la malattia del nostro sistema giudiziario. Invece di una mozione di sfiducia mi sarei aspettato un atto ispettivo presso i magistrati che mi hanno tenuto sulla graticola per otto anni. Se per otto anni un uomo politico colpevole è stato tenuto libero, la giustizia ha fallito. Se invece un innocente è stato tenuto sulla graticola mi sembra un tempo interminabile, che non deve essere consentito per nessuno”.
“Se tutto questo è la conseguenza della scelta che ho fatto con altri amici in piena coscienza e con senso di responsabilità, allora sono disposto ad accettarlo” conclude il ministro, in riferimento alla sua scelta di appoggiare con il Pid il governo Berlusconi lo scorso 14 dicembre.
Antonio Di Pietro attacca frontalmente il Carroccio. In aula, il leader Idv chiede al governo di smentire il ministro Umberto Bossi per le frasi sulla secessione della Padania, poi allarga il raggio del suo intervento. “In questo governo – sottolinea Di Pietro – c’è un altro ministro, accusato di mafia, che non si dimette. E’ grave che il ministro Maroni, che ogni giorno scioglie i consigli comunali per fatti del genere, oggi voterà insieme a tutta la Lega la fiducia a questo governo, nonostante vi sia una persona accusata di mafia”. “Ma fate attenzione – avverte Di Pietro puntando il dito al governo – voi siete solo il Paese formale, siete un governo pieno di soggetti politici che intendono mandare il Paese alla rivolta sociale. Dall’altra parte c’è il Paese reale che è alla disperazione e sta per arrivare alla violenza. E i mandanti siete voi”. Ma Di Pietro ne ha ancora per Maroni, assente in aula al momento del suo intervento (giungerà a ridosso del voto): “Quello che mi addolora – dichiara il leader Idv – è l’atteggiamento del ministro dell’Interno. Oggi che il Parlamento è chiamato alla massima trasparenza, si comporta come un codardo che fugge dal voto di sfiducia al ministro Romano”.
Alla frase sulla “violenza” si aggancia Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera. “Ci auguriamo che Di Pietro la rettifichi quanto prima. Si tratta di pura irresponsabilità. Qualche giorno fa Di Pietro aveva preannunciato che la lotta politica e lo scontro sociale prima o poi avrebbero provocato un morto, Di Pietro, nel suo tentativo di prendere la guida della sinistra, sta giocando con il fuoco”.
“Al mondo agricolo della odierna mozione di sfiducia, contro cui voteremo, non frega nulla”. Così Sebastiano Fogliato esprime la posizione della Lega, ribadendo che l’agricoltura “è fondamentale per il Paese”, e parlando solo dei problemi del settore, “di questo vorremmo occuparci”, non di “una mozione strumentale solo per abbattere il governo”. Intervento che scatena la bagarre in aula, con continui botta e risposta tra maggioranza e opposizione e il presidente della Camera Gianfranco Fini che minaccia di interrompere la seduta per riportare l’ordine. “Per l’esperienza che ho – commenta più tardi Fini con i cronisti – mi sembra si sia aperta la campagna elettorale…”.
“Lei onorevole Romano non sarebbe mai dovuto diventare ministro” esordisce Rosa Villecco Calipari, vicepresidente dei deputati del Pd, richiamando le “autorevoli voci” levatesi contro quella nomina, “ma lo è diventato” per fare “da stampella a un governo già in agonia”. Calipari si rivolge quindi alla maggioranza chiedendo “un sussulto di spirito istituzionale, un primo segno di discontinuità”, poi accusa la Lega di “voto di scambio”: “Il vostro è un voto a favore dello sfascio. Romano vi serve perché ha coperto i vostri amici delle quote latte. Vi ha fatto un favore da ministro e ora lo ricambiate”.
Fabio Granata annuncia il voto di Fli a favore della mozione di sfiducia. “Spetta alla politica – argomenta Granata – fare un passo avanti e dare un segnale alla Nazione”. Anche il deputato di Fli esprime delusione per la dichiarazione di sostegno di Maroni a Romano. Al ministro dell’Interno, “oggi diciamo che le confische sono importanti, ma altrettanto lo sono gli esempi della politica. Come fa la Lega ad appoggiare un ministro su cui anche il Quirinale ha avuto riserve?”.
Durante la discussione, i deputati di Futuro e Libertà espongono in aula la vignetta di Vauro apparsa oggi su Il fatto quotidiano: il “Pornostato”, rivisitazione satirica del celebre quadro “Il quarto stato” di Pellizza da Volpedo (ribattezzato “Patonza da Volpedo”), con Berlusconi, Tarantini, Fede e Lele Mora, circondati da avvenenti ragazze completamente nude. Più tardi, durante l’intervento di Silvano Moffa, deputato passato dal Pdl a Fli e poi tornato con la maggioranza, dai banchi di Fli parte il coro: “Venduto, venduto”.
Ferdinando Adornato dichiara in aula che “l’Udc non vota tanto contro Romano, ma contro questa politica liquida che egli rappresenta. Berlusconi non sa cosa significhi essere un uomo di Stato, ma Romano che ha esperienza di politica dovrebbe saperlo”.
Pino Pisicchio, vicepresidente di Api, connota il voto di sfiducia al ministro Romano come “un gesto politico, che compiamo con piena consapevolezza. Le motivazioni più convincenti le ha espresse con il suo alto monito il cardinale Bagnasco, auspicando aria nuova e pulita nella politica e ai vertici del Paese”.
All’interno della maggioranza, singolare presa di posizione del leader di Pri, Francesco Nucara, che prima del voto spiega: “Se fosse possibile manderei a casa Romano, ma se il mio voto dovesse essere determinante, voterò ‘no’ così (mimando il gesto di turarsi il naso, ndr)”. E aggiunge che per evitare rischi alla stabilità dell’esecutivo, alla Camera avrebbe votato “per ultimo, dopo la seconda ‘chiama’”.
Fuori da Montecitorio non riscuote grande partecipazione la mobilitazione dei social forum, che per le 15,30 avevano convocato una “pacifica e simbolica catena umana a difesa della Camera dei deputati, con ciò ribadendo la pretesa collettiva di pulizia sul piano morale e penale dell’Istituzione”. Davanti alla Camera pochi hanno risposto all’appello. Appuntamento alla “notte bianca per la legalità”, a partire dalle 20 in piazza dei SS. Apostoli.
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