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LA CAMPAGNA DELL’IRREALTA’

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(WSI) – Conosceremo solo fra una settimana il dato sulla crescita dell’economia italiana nel 2005. Ma la caduta della produzione industriale a fine anno – meno 0,8% nel quarto trimestre – lascia prevedere una crescita vicina a zero. Negli altri Paesi dell’euro la crescita è stata modesta, ma comunque positiva: ?1,3%. Ieri, sulla base di queste osservazioni, la Commissione europea ha abbassato la previsione del tasso di crescita italiano per il 2006, dall’1,5 all’1,3%. Anche questo non sarà un risultato facile: partendo da una crescita pari a zero a fine 2005, per raggiungere l’1,3% bisogna accelerare e chiudere il 2006 con ritmi di crescita vicini al 2,5, un risultato che l’Italia non consegue da molti anni. Con minor crescita i conti pubblici peggiorano. Prima di questi dati il Fondo monetario internazionale prevedeva per il 2006 un disavanzo pari al 4% del prodotto interno (pil): ora questa previsione sale al 4,1. Quindi anche nel 2006, come già nel 2005, il rapporto tra debito pubblico e pil crescerà: non accadeva da 11 anni.

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Berlusconi promette meno tasse e nuove spese: pensioni a 800 euro per i più anziani, detassazione degli straordinari, raddoppio degli investimenti in ricerca, abolizione del canone tv, libri di scuola gratis, un bonus per gli affitti, l’illuminazione delle strisce pedonali… E’ difficile quantificare il costo di queste promesse, ma sarà difficile mantenerle spendendo meno di uno o due punti di pil.
Al centro del programma economico dell’Unione vi è la riduzione del costo del lavoro mediante un taglio di 5 punti del cuneo fiscale. Si stima che questo provvedimento costi 10 miliardi di euro, circa 0,9% del pil. La lotta all’evasione non sarà certo sufficiente per finanziarlo. Come lo si pagherà? Si alzeranno la aliquote dell’Iva, come si appresta a fare in Germania la signora Merkel?

L’Italia si è impegnata con Bruxelles a riportare il disavanzo pubblico sotto il 3% nel 2007. Partendo dal 4,1%, e alla luce di queste promesse elettorali, è un impegno molto difficile. Non contiamo sulla buona volontà e sulla comprensione della Commissione europea. Anche se Bruxelles si dimostrasse tollerante, dubito che le agenzie di rating non reagirebbero alla prospettiva di un debito pubblico che, dopo essere cresciuto nel 2005 e nel 2006, continuerebbe a farlo anche nel 2007.

La campagna elettorale non si occupa di questi numeri. Un modo per portarveli è quello di far emergere le persone che dovranno gestirli. Immagino che Berlusconi affiderebbe di nuovo a Giulio Tremonti il ministero dell’Economia. E’ Tremonti che ha assunto con Bruxelles l’impegno del 3% nel 2007: lo ritiene compatibile con il programma della Casa delle Libertà? E a chi affiderebbe Prodi la responsabilità dei conti pubblici?

Mentre la politica pare incapace di rinnovarsi, in molte imprese, soprattutto in quelle che non vivono all’ombra di monopoli ben protetti ma competono ogni giorno sui mercati internazionali, è emersa una nuova classe di dirigenti. Hanno quaranta, al massimo cinquant’anni, considerano l’Europa il loro mercato domestico e il mondo la sfida che devono vincere, pensano che i dazi contro i cinesi siano una stupidaggine e alla politica chiedono innanzitutto amministrazioni pubbliche un po’ meno borboniche.

Le persone contano più dei programmi elettorali. E’ troppo chiedere oggi, nelle liste elettorali che saranno guidate da due quasi settantenni, e domani nel governo, un po’ di spazio per qualche giovane, meglio se donna?

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