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LA BOLLA NASCOSTA

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(WSI) – L’altalena mozzafiato delle borse può indicare molte cose. La prima é l’isterismo ormai diffuso tra gli operatori, in tutto il mondo. Isterismo che ha portato la maggior parte dei golden boys della finanza, da Londra a New York, a passare dalla massima esaltazione di quindici giorni fa, quando ogni residuo di crisi sembrava evaporato, alla depressione di queste ultime ore, dopo un numero di sedute negative che nessuno si aspettava. E chi già intravedeva bonus in arrivo e conseguenti spese folli, adesso si preoccupa di poter essere licenziato. Con la sindrome degli scatoloni della Lehman che aleggia sempre su tutto e su tutti.

La seconda é la difficoltà di interpretare i dati, perché se un giorno il Pil al 3,5 per cento esalta i mercati e fa gridare all’uscita dal tunnel, il giorno dopo i consumi che cedono neanche più di tanto, semina terrore e panico. La terza é che tutti sappiamo che l’economia reale continua ad avere una dinamica diversa da quella delle Borse, ma gli utili delle grandi aziende battono regolarmente le attese. E sarà anche merito dei licenziamenti, ma la produttività macina record su record. In questo quadro, ben più confuso di quanto si potesse immaginare solo pochi giorni fa, le principali banche già stimano i tempi del rialzo dei tassi e ad esempio Morgan Stanley e Citigroup sostengono che nel secondo trimestre 2010 la Federal Reserve inizierà a muoversi.

E la Bce lo farà il trimestre dopo. E qui viene qualche dubbio. Con un’economia che non si sta riprendendo in modo deciso, tranne che in Cina, in India o in Brasile, chi può correre il rischio di rallentare la ripresa attraverso manovre sul costo del denaro? Probabil­mente tante banche d’affari stanno sbagliando e, vista la lentezza dello sviluppo previsto nel 2010, forse solo verso la fine dell’anno si vedrà qualche tasso salire. E di pochissimo, più per dare un mini segnale di svolta che per provare ad incidere.

Intanto le banche stesse macinano utili record con il trading di titoli e, invece di iniziare a selezionare le imprese a cui prestare il denaro necessario per riprendersi, speculano ancor più di prima con operazioni a leva sui titoli obbligazionari che consentono profitti incredibili. E, non contente, talvolta inventano operazioni senza alcun senso economico solo per rincorrere qualche decimo di punto sul Tier (un parametro che misura la loro solidità). Francesco Micheli ha sostenuto nei giorni scorsi che la vera bolla finanziaria deve ancora scoppiare. Giulio Tremonti non perde occasione per bacchettare i banchieri accusandoli di fare sempre troppa finanza e di dare poco aiuto alle aziende.

Ma è possibile che la crisi più forte degli ultimi decenni non abbia proprio insegnato nulla a nessuno? La forza del denaro facile é proprio come un’onda che travolge tutto, uno tsunami che nessuna logica, nessun regolatore é in grado di arrestare? Ancora oggi le banche centrali osservano passive comportamenti che dovrebbero censurare e analisti che fino a qualche settimana fa erano fortemente critici su spericolatezze e leve, già sembrano di nuovo affascinati da crescite di valore con una fragilità sottostan­te da far paura.

Tutto, a ben guardare, fa paura. Dai carry trader, già tornati alla ribalta, ai corporate bonds che vanno a ruba e sono piazzati sul mercato retail come se le quotazioni di inizio anno non fossero mai esistite. Questa macchina infernale dei mercati finanziari riuscirà in qualche modo a far chiudere l’anno con le borse sui massimi, ma a parte la soddisfazione di un po’ di gestori – specie i più disinvolti – ed i profitti vacui quanto ingenti delle banche più aggressive, si resterà in molti con la sensazione della grande roulette. Di un grande gioco – forse più una giostra che un’altalena – in cui sono in pochi a vincere e tanti a perdere. E tra chi perde, ancora una volta, troviamo le imprese e i lavoratori: tutta gente che continua ad andare sempre poco di moda.

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