Società

LA BOLLA IMMOBILIARE
C’ E’. ECCOME

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(WSI) – A cinque anni di distanza dallo scoppio della bolla hi-tech, un’altra e più pericolosa bolla rischia di esplodere dall’altra parte dell’Atlantico. Alcuni negano la sua esistenza, ma il capo-economista di Morgan Stanley è tra quelli che non hanno dubbi sul fatto che il mercato immobiliare americano abbia imboccato una strada molto pericolosa.

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‘Anche cinque anni fa – scrive Roach in una nota – erano numerosi quelli che sostenevano che il mercato non era sopravvalutato’. ‘Certo –continua l’economista – nel marzo del 2000 non tutte le società avevano raggiunto le quotazioni vertiginose, toccate dalle dot.com. Questo non ha tuttavia evitato che lo Standard&Poor’s subisse un capitombolo del 49% nei seguenti due anni e mezzo’. Oggi – sottolinea ancora l’economista americano – l’inflazione del mercato immobiliare nazionale in termini reali è ai massimi da 25 anni. Il che non significa, che tutte le abitazioni sul territorio statunitense sono sopravvalutate.

Tuttavia, nel primo trimestre di quest’anno, in 25 tra le maggiori città americane, il tasso di apprezzamento degli immobili viaggiava intorno al 20%. Ma dove bisogna cercare la causa di questa situazione? Roach non ha dubbi nell’identificare il colpevole’ nel numero uno della Fed, Alan Greenspan. La Federal Reserve sembra imbrigliata in una sorta di sindrome da bolla. Per far fronte allo shock successivo allo scoppio delle bolla dei mercati del 2000, la Banca centrale americana ha abbassato i tasso di interesse di 550 punti base, portando il costo del denaro all’1%. In sostanza, i tassi di interesse reali americani sono stati negativi per tre anni prima di arrivare a zero, livello in cui sono collocati al momento.

Ma quali sono i rischi connessi alla fine della cosiddetta bolla dei prezzi immobiliari? Uno studio curato dall’ UCLA, l’ Università della California, pubblicato pochi giorni fa, non esclude addirittura che gli Stati Uniti possano cadere in una fase di recessione. L’ UCLA, l’ Università della Californiasottolinea come nel giro di appena un anno, cioè nel primo trimestre del 2005 rispetto ai primi tre mesi del 2004, i prezzi delle case negli Stati Uniti abbiano registrato una crescita del 12,5%, secondo quanto riferito dal Federal Housing Enterprise Oversight (l’ organo competente in questo settore). La spesa relativa alle ristrutturazioni edilizie ed alla costruzione di nuove case ha raggiunto invece una media di quattromila dollari su base annua per ogni lavoratore, ricorda sempre l’ Ucla. Si tratta di un livello di mille dollari superiore rispetto ai massimi storici di questa stessa componente.

Se in futuro si verificasse un ridimensionamento – con la spesa a quota tremila dollari – gli effetti sull’ economia statunitense sarebbero molto negativi. Infatti, in questo scenario gli investimenti residenziali sarebbero tagliati di circa 150 miliardi di dollari, ossia l’ 1,4% del prodotto nazionale lordo statunitense. L’ Ucla fa notare anche che fra la fine di una bolla nel comparto immobiliare e l’ inizio di una recessione economica di solito c’è un intervallo di almeno un anno, per cui in ogni caso le difficoltà dell’ economia, ammesso la spesa cominci a ridimensionarsi adesso, non arriverebbero prima dei primi mesi dell’ anno venturo. Secondo il ‘report’, curato da UCLA Anderson Forecast, affiliato all’ università, il crollo delle quotazioni delle case avrebbe un ruolo fondamentale nel rallentamento dell’ economia, in quanto a quel punto non ci sarebbe alcun altro elemento in grado di sostenere la congiuntura.

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