*Fabrizio Tedeschi e´ editorialista di Panorama Economy. Consulente di grandi banche e gruppi finanziari, per otto anni e´ stato responsabile della Divisione Intermediari della Consob a Milano.
(WSI) – L’indagine conoscitiva della Consob alla commissione Finanze della Camera raccoglie una mole di dati rassicuranti sugli strumenti finanziari derivati collocati dalle banche alle imprese. In sostanza, le aziende coinvolte sarebbero 40-50 mila con una perdita media che non dovrebbe superare gli 80 mila euro. Tutto nella norma dunque?
A una prima lettura sembrerebbe di sì, ma andando più nel dettaglio dei numeri, alcuni suscitano in effetti qualche perplessità. In generale, comprendendo nel calcolo anche i rapporti tra intermediari veramente professionali e non solo quanti si sono limitati a dichiararlo, le posizioni di perdita e profitto di fatto si equivalgono (47 milioni di euro contro 54) con un margine di intermediazione dell’8%, molto elevato, ma in linea con quelli che sono i profitti da posizione. Il risultato cambia se si considerano le imprese non finanziarie: in questo caso le posizioni in perdita raggiungono una misura variabile dall’80 al 90%. Il risultato lascia perplessi anche se secondo la Consob è giustificato dal massiccio indebitamento a breve termine delle imprese italiane.
Lo strumento derivato è una scommessa sull’andamento del cosiddetto sottostante (tassi d’interesse, valute e indici), da cui derivano i propri risultati. Laddove uno dei due scommettitori vinca in misura superiore all’80% dei casi, viene da pensare che costui abbia giocato conoscendo qualche elemento in più dello sconfitto. Nel mercato finanziario questo potrebbe essere un classico esempio di asimmetria informativa, dove il soggetto che sa le cose ha giocato slealmente a danno di chi non le conosceva.
Copyright © Economy per Wall Street Italia, Inc. Riproduzione vietata. All rights reserved