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La Barilla pensa alla pasta “stampata in 3D”

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ROMA (WSI) – Una pasta “sfornata” dalle nuove stampanti tridimensionali che stanno rivoluzionando le tecniche di produzione.

Secondo quanto riporta il sito 3dprinterplans.info, Barilla ha in programma l’installazione nei ristoranti che si riforniscono di maccheroni, penne, spaghetti Barilla, oppure nei locali monomarca come quello di New York, di apparecchi tridimensionali per produrre formati ad hoc nella quantità e nel disegno desiderati.

Partner del progetto è la società Tno di Eindhoven che ha già dotato di una serie di macchine 3D alcuni ristoranti della città olandese. Sono in corso di definizione alcuni passaggi, come ad esempio la velocità di stampa; processo che oggi è dieci volte più veloce di quanto la sperimentazione tra Barilla e Tno è partita due anni fa.

Dalla multinazionale alimentare la conferma che “stiamo lavorando sul progetto insieme a TNO”. La fase è ancora quella “preliminare” per cui al momento non vengono forniti maggiori dettagli.

Il progettista della TnO Kjeld van Bommel spiega che sarà possibile, ad esempio, “sorprendere la moglie con una pasta a forma di rosa il giorno dell’anniversario di matrimonio semplicemente salvando il disegno in una chiavetta usb da portare al ristorante dove la stampante 3D provvederà alla stampa”.

Non si tratta dell’unico progetto che Barilla prevede di sviluppare nel 2014 per rilanciare le attività del Gruppo dopo le polemiche seguite alle dichiarazioni del presidente Guido Barilla sugli spot senza omosessuali.

Nei giorni scorsi l’AD Claudio Colzani ha rivelato alcune strategie in una intervista al Financial Times. Russia e prodotti senza glutine saranno due linee di intervento su cui Barilla intende puntare con decisione.

“Abbiamo iniziato un cammino… Per mantenere la nostra quota di mercato in Europa e ampliare l’offerta nel nord America e poi creare nuovi clienti in altre parti del mondo”. Per questo l’azienda aprirà un impianto di produzione a Solnechnogorsk, nella regione di Mosca, prevedendo di raddoppiare le vendite ogni anno, almeno per i primi tre anni.

La Russia è il quarto maggior consumatore di pasta al mondo, dietro Usa, Italia e Brasile, altra nazione dove si concentrano gli sforzi di penetrazione.

“La nostra idea – ha sottolineato Colzani – è che non vogliamo essere esportatori, ma entrare in un mercato, creare un impianto e un’azienda per servire il consumatore locale non siamo come i nostri concorrenti, che sono principalmente esportatori”.

Altro fronte di investimento sarà la Pasta senza glutine, per celiaci e intolleranti, già lanciata lo scorso settembre nei supermercati americani e il mese dopo in Italia. Entro la fine del 2014 questo prodotto arriverà anche negli altri mercati. La pasta senza glutine “esiste già in mercato, ma noi la renderemo accessibile, di alta qualità e disponibile ovunque per tutti”.

Parlando del mercato italiano, l’amministratore delegato ha dichiarato che è “grande e offre opportunità“, per cui “vale la pena investire” in Italia, anche perchè “bisogna rimanere radicati nel paese e nella cultura in cui si è nati”.

“Le dichiarazioni dell’amministratore delegato di Barilla sul Financial Times riguardo le future strategie del Gruppo che prevedono di costruire uno stabilimento per produrre la pasta in ogni Paese in cui c’è penetrazione commerciale, ci lascia molto perplessi”, commenta Mauro Macchiesi, segretario nazionale Flai Cgil.

“Abbiamo apprezzato la strategia del Gruppo di questi ultimi mesi che punta alla difesa dei volumi prodotti nel nostro Paese e concentra su pasta e piatti pronti per la penetrazione sui mercati nel mondo, anche se pensiamo che nella Bakery un brand come Mulino Bianco possa avere un buon valore aggiunto. Ma, legare la crescita nel mondo all’idea di un sistema di produzione locale, non ci convince per due ordini di motivi”.

“Il primo – spiega Macchiesi – è la sostenibilità degli impianti italiani; il secondo riguarda il valore della produzione italiana nel mondo. Infatti, può anche darsi che il valore aggiunto della produzione italiana non stia solo nelle materie prime, come spesso ha sostenuto proprio il presidente della Barilla, ma sicuramente non può prescindere dalla capacità di lavorare i prodotti, eredità di una ben precisa storia, cultura e tradizione.

Per questo condividiamo e difendiamo con forza l’idea che la capacità di lavorazione e trasformazione rappresentino un sistema da difendere e valorizzare, e questo significa difendere la produzione italiana della Barilla. Comunque, rimaniamo convinti che in Italia ci sia il problema di ricostruire la filiera dei prodotti agricoli per valorizzare i prodotti agroalimentari”.

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da La Repubblica – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

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