New York – L’oro è entrato ufficialmente nel mercato orso, perdendo più del 20% rispetto al massimo assoluto che è stato testato nel mese di settembre a $1.921,15 l’oncia. Sono settimane ormai che le materie prime scontano l’acuirsi delle tensioni in Europa: il motivo è il seguente.
Le preoccupazioni per il futuro dell’Eurozona in generale e per la Grecia in particolare hanno provocato forti smobilizzi sull’euro, a beneficio del dollaro, tanto che l’indice di riferimento del biglietto verde, il Dollar Index (DXY), ha registrato una crescita record. Di qui, il calo delle commodities, con i prezzi spot dell’oro che sono scesi fino a $1.526,97 l’oncia, entrando nel mercato orso, e scivolando al livello più basso dal 29 dicembre scorso.
Ma come mai l’oro non beneficia del clima di incertezza che si sta abbattendo progressivamente sui mercati globali? La verità è semplice: “La genteora è preoccupata per liquidità di cui è in possesso e preferisce i bigliettoni verdi ai lingotti”, spiega Peter Hickson, responsabile della divisione di ricerca delle commodities presso UBS, nel corso di una intervista a Bloomberg.
Da quando ha toccato il massimo storico a $1.921,15 l’oncia lo scorso anno, l’oro è tornato in realtà nella fase del mercato orso due volte, ovvero nello stesso mese di settembre e poi a dicembre; al momento, le quotazioni sono in flessione del 2,1% dall’inizio del 2012, dopo aver guadagnato per ben 11 anni consecutivi.
Questo, a fronte della performance del Dollar Index – che misura il
trend del dollaro contro un paniere rappresentato dalle sei principali valute su base globale -, salito per il tredicesimo giorno, ovvero per l’arco temporale più lungo dal 1973. [ARTICLEIMAGE]
GUARDA IL VIDEO sull’outlook. Parla Peter Hickson, responsabile della divisione di ricerca delle commodities presso UBS esperto di UBS.