Il contenuto di questo articolo esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.
(WSI) – I tavoli delle scalate italiane sono stati raggelati dalle iniziative della
Procura di Milano, del Gip Forleo e della Consob. Ma la temperatura
non è scesa allo zero assoluto, quello in cui si fermano anche i moti
browniani delle particelle subatomiche. Al contrario, sia pur tenendo
conto dei limiti pesanti imposti dal congelamento delle azioni detenute
in Antonveneta dalla Popolare Italiana e dai soci “concertisti”,e dalla
sospensione per due mesi di Fiorani, Bono, Gnutti e Ricucci, i protagonisti
azzoppati tentano con grande caparbietà di non farsi atterrare
del tutto, e rilanciano per quanto possibile.
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Senza contare il botto tirato
dal direttore del Tempo Franco Bechis,che ieri ha rivelato che gli acquisti
da parte di Della Valle in Bnl e forse anche in Rcs sarebbero stati
fatti anch’essi a debito e finanziati alla Dorint in Lussemburgo da Capitalia
all’inizio, ma in realtà dalla stessa Bnl subentrante. Capitalia, Bnl
e Della Valle hanno smentito vigorosamente, ma oggi stesso il Tempo
torna sulla vicenda ribadendo la propria tesi: ad acquistare a debito e
col sostegno delle stesse banche in cui saliva nel capitale non sono solo
i “concertisti” sin qui nel mirino delle Procure, secondo il quotidiano
romano. E la Consob ha comunque aperto un’inchiesta.
Ma torniamo ai protagonisti “congelati” delle scalate. Il più caparbio
e sanguigno, inutile dirlo, è Ricucci. Che riserva un colpo a sorpresa
di quelli destinati a fare grandi rumore. Aprire a nient’altri che
il Diavolo dell’editoria in persona, l’unico che al mondo somma e supera
i fantasmi moltiplicati di Citizen Kane da una parte e di Lord
Beaverbrook dall’altra. Ma sì, avete capito bene: Rupert Murdoch.
Ma andiamo per ordine, tentando di dare un ordine alle tante indiscrezioni.
Da settimane, intorno ai manager di Ricucci ai quali il
“congelato” ha affidato il compito di esaminare tutte le strade possibili
per non gettare la spugna su Rcs, si affacciano un buon numero
di advisor e consulenti legali, a nome di diversi interlocutori interessati.
Alcuni hanno fatto chiaramente intendere, a nome delle banche
prestatrici, che in caso di una rapida discesa del titolo Rcs e nell’incertezza
nella quale i provvedimenti dei magistrati hanno posto il
gruppo Magiste, la richiesta di reintegro sarebbe quotidiana e tambureggiante.
Per evitare di dover rovinosamente metter mano al portafoglio,
dunque, a Ricucci viene consigliato da più parti una strategia
di exit, vendere il proprio pacchetto a un prezzo che consentirebbe
una ottima plusvalenza, e non pensarci più. Ma lui al momento dice
no, anche a un’ipotesi che potrebbe risultare molto seducente.
Seducente forse non troppo per Ricucci: ma sicuramente
per una delle banche sue più strette alleate, proprio
la Popolare Italiana (ex Lodi) di Fiorani, nonché per un’altra banca essa
invece garante dei pattisti Rcs attuali, e cioé Intesa, il
cui coinvolgimento diretto in una soluzione “di garanzia”
sarebbe attualmente di grande interesse per i lodigiani,
perché aiuterebbe anche per risolvere in maniera
meno traumatica la partita della Antonveneta.
L’ipotesi di garanzia potrebbe per esempio prevedere
che Ricucci restasse con una quota poco più che simbolica
del suo attuale 20% di Rcs, cedendone i nove
decimi. Alcuni dicono che alla sistemazione in mani sicure
del pacchetto potrebbe prestarsi con grande soddisfazione
personale Zunino, immobiliarista anch’egli
ma ammesso nel recinto di Mediobanca e dunque considerato
“affidabile”. Mentre il resto della quota sarebbe
vincolata a uno strumento veicolo destinato poi
a cederla sul mercato a tempo debito, in un orizzonte
di medio termine. Apparentemente, messa così dovrebbe
essere una soluzione di piena soddisfazione
per i pattisti Rcs attuali.
In realtà, non lo è: e dicono le
se malelingue che se nei giorni scorsi il Corriere della
Sera è giunto a pubblicare un autorevolissimo
editoriale in prima
pagina in cui con ogni evidenza
si criticava il vertice di Intesa di
mantenere un prudente silenzio
su Fazio e le scalate per
spartirsi meglio le spoglie dei
“congelati”, ecco la prova che
parecchi dei pattisti attuali non
sono affatto d’accordo. Né a vedere
un Zunino qualunque affidatario
di un pacchetto di
titoli Rcs che finirebbe
per essere solo
inferiore al 13,5%
detenuto da Mediobanca.
Né, all’inverso,
che analogo
ruolo venga
rivestito magari
da Banca Intesa
stessa. Eppure,
al punto
in cui è giunta
la vicenda, sarebbe
proprio
un gran male?
C’è chi è anche
pronto ad aggiungere
che una soluzione
imperniata su Intesa
avrebbe anche
la sua bella lettura
politica. Non associatosi
al seminario
frascatano che ha sancito il matrimonio tra Rutelli,
Montezemolo, Abete e Della Valle, Bazoli è come se
dicesse al suo pupillo Prodi di stare più prudente, e di
non affidarsi troppo all’ala del centrosinisra tanto antidiessina
da accendere inevitabilmente un pericoloso
fuoco di conflittualità sotto i piedi del premier-Romano,
una volta che fosse insediato a palazzo Chigi.
Ma tant’è. Quel che conta è che prima di arrivare a
un’eventuale soluzione finale di garanzia, Ricucci invece
vuole combattere ancora. Di qui la mossa a sopresa,
quella del cavallo destinata a suscitare inevitabilmente
nuove e ancor più infuocate polemiche. Perché non sondare
direttamente il grande tycoon dell’editoria mondiale,
quel Rupert Murdoch che dal 1952 ad Adelaide in Australia
– quando ereditò il primo giornaletto tenacemente
messo su dal padre – ha attraversato di successo in successo
tutti e cinque i continenti, fino a costruire con 180
testate, BSkyB e la Fox, Star tv e Direct tv, il più grande
impero multimediatico mondiale?
Non hanno scritto
forse per settimane, gli avversari di Riucci, che in Italia
bisogna finalmente aprire le porte a grandi soggetti esteri
invece che a newcomers dalle incerte origini e sospette
fortune? E allora perché non sentire se Murdoch – non
solo un grande editore, ma un editore puro – non è interessato
oggi a riprendre alla grande su Rcs il tentativo
che mise in cantiere nel 1998, quando puntava a rilevare
Mediaset e mandò lo stesso Tony Blair a patrocinare la
sua causa da Romano Prodi premier? In fondo la sua
Sky Italia ha beneficiato del decoder agevolato introdotto
dalla legge Gasparri per moltiplicare il digitale e innalzare
così i tetti antitrust, ma resta ben lontana dai 6 milioni
di abbonati che erano stati preventivati. Dunque
l’ingresso alla grande nella carta stampata italiana sancirebbe
per la News Corporation quel salto di qualità che
era lo stesso sognato da Romiti quando nel ’99 si rivolse
invano lui a Murdoch, per sondarlo su una comune strategia
di concorrenza al gruppo di Berlusconi. Un rafforzamento
più che necessario nel quadro europeo, visto
che in Gran Bretagna Murdoch non può crescere e in
America l’assalto portato dalla Liberty Media di Malone
resta perennemente pronto a scattare.
Difficile immaginare che non scattino immediatamente,
di fronte all’ipotesi di una Rcs murdochiana, tutte
le polemiche perennemente già lette ogni qualvolta
l’australiano si è progressivamente radicato in Italia.
Murdoch ha tutto per risultare antipatico e abrasivo, all’establishment
italiano. Per Ricucci una mossa niente
male, per rilanciare alla grande le proprie ambizioni e
tentare di rinviare il più possibile il fine partita. Che è
però collegato anche alla fine che molto presto potrà conoscere
la partita di Antonveneta.
Anche lì c’è sospesa
nell’aria un’ipotesi di mediazione che si impernia su Intesa.
E anche lì potenti forze tentano a Lodi e a Intesa
di impedire l’affare. Se a Padova vincerà chi vuole come
unica soluzione quella olandese, le possibilità di Ricucci-
Murdoch – l’abbinata fa un po’ impressione anche solo
a scriverla – scenderebbero di molto.
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Murdoch tratta con Ricucci per entrare nella partita Rcs
di Redazione del 25-08-2005
da Finanza&Mercati del 25-08-2005
[Nr. 166 pagina 2]
Sarebbe il tycoon australiano il misterioso gruppo estero interessato a valutare la possibilità d’ingresso nel «Corsera». Nuovi contatti tra News Corp e Livolsi in accordo con Magiste. A Piazza Affari il titolo staziona a 5,8 euro mentre Nomura apre nuove linee all’immobiliarista.
È Rupert Murdoch il misterioso editore internazionale interessato a valutare la possibilità di un ingresso nella Rcs quale sbocco alla scalata targata Ricucci. I primi contatti tra News Corporation, la capofila dell’impero del tycoon australiano, e Magiste International, la finanziaria di Stefano Ricucci, risalgono a metà luglio ma nuovi incontri sono previsti nelle prossime ore alla scopo di verificare la fattibilità di un’azione comune. Naturalmente il dialogo viene condotto dagli uomini di Magiste (è dubbio che Ricucci possa gestire tali rapporti dopo l’interdizione dalle funzioni di amministratore decisa dal Gip milanese Clementina Forleo) in accordo con Ubaldo Livolsi, presidente di Livolsi & Partners.
Il banchiere milanese, che una recente intervista al Corriere della Sera ha fatto riferimento al 21% di Rcs posseduto da Magiste quale base per un’aggregazione di interessi editoriali anche esteri, resta infatti il perno attorno al quale ruota la trattativa. Che a sua volta prevede due ipotesi: cessione tout court dell’intero pacchetto di Rcs posseduto da Magiste a Murdoch oppure la suddivisione della quota tra i due gruppi. In entrambi i casi, il passo successivo – verificata la percorribilità in ordine al flottante potenziale – sarebbe il lancio di un’Opa totalitaria.
Se questi sono i progetti, è però difficile stabilire quale livello abbia raggiunto la trattativa: interpellate da Finanza & Mercati, fonti della Livolsi & Partners rispondono con un «no comment» alle indiscrezioni. Analoga la reazione registrata negli uffici romani del gruppo di Murdoch. E Silvio Berlusconi è informato? «Ma per favore – rispondono piccati dalla Livolsi & Partners – piantiamola lì con questa storia. Possibile che nella testa di voi giornalisti non riesca a fare breccia che un banchiere di lungo corso può aver maturato rapporti personali di ogni tipo?».
In ogni caso, quale sarebbe l’accoglienza del mondo politico all’entrata in scena di Murdoch? Un primo commento è già arrivato nelle redazioni per bocca da Maurizio Gasparri, colui che ha firmato la nuova legge sull’editoria. «Dal punto di vista della legge – ha dichiarato l’ex ministro di An – non credo vi siano impedimenti. Nè penso che sarebbe incompatibile con il suo ruolo di editore tv. Anche perchè Murdoch in Italia è presente solo sul satellitare, un segmento di mercato ancora limitato», e quindi con una raccolta di risorse lontana dai limiti del nuovo paniere imposto dall’Antitrust.
Intanto a Piazza Affari il titolo Rcs ieri continua a vivacchiare attorno a quota 5,80 euro senza spunti particolari e con volumi assai lontani dai record raggiunti a cavallo dell’estate. Ieri l’azione ha chiuso in leggero rialzo dello 0,15% a 5,839 euro. Evidentemente la Borsa percepisce le difficoltà oggettive incontrate da Ricucci nel reperire nuove risorse finanziarie per la scalata dopo che le banche, a inizio agosto, hanno deciso di stringere i cordoni della borsa. Va però anche precisato che, proprio a inizio agosto, Magiste ha trasferito alla giapponese Nomura il 4,9% di Bnl destinato all’Opa che si appresta a lanciare Unipol, ricevendo in cambio una linea di credito almeno pari al valore del pacchetto azionario, vale a dire 408 milioni di cui 210 di plusvalenza.
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