Società

L’Italia dei sogni: più ecologica e meritocratica

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ROMA (WSI) – Il paesaggio economico e sociale attorno a noi muta repentinamente. Fatichiamo a comprendere quanto accade perché i punti di riferimento tradizionali non sono più d’aiuto. Come un viaggiatore con una carta geografica non aggiornata, fatichiamo a trovare le strade. Di qui, il nostro senso di spaesamento: ci manca una nuova mappa.

Ormai possiamo prefigurare quella dello sviluppo economico, benché – paralizzati dall’indecisionismo – fatichiamo a leggerla. Sotto questo profilo, l’esecutivo guidato da Enrico Letta ha di fronte a sé una sfida fondamentale: scrollarsi di dosso l’immagine di un Paese irretito da veti incrociati e, finalmente, in grado di darsi un’idealità che accomuni.

Capace di disegnare un futuro plausibile. Tuttavia la nuova mappa economica è un fattore necessario, ma non sufficiente. Manca qualcos’altro, di cui accusiamo un grave ritardo: la riflessione sui cambiamenti culturali intervenuti nella società, vero motore del cambiamento possibile e atteso. Mentre un pezzo di classe dirigente del Paese pare non rendersi conto di quanto accade al di fuori delle proprie mura, la società sperimenta per conto proprio – bene o male – nuovi percorsi.

Costruendo nuove mappe in modo autonomo. Cosicché, emerge un’immagine dell’Italia distorta, dove sfuggono le premesse di tutte le politiche possibili: la condivisione di un insieme di valori attorno ai quali edificare la comunità nazionale.

Un esempio del ritardo di questa riflessione è stata evidenziata nella precedente puntata dell’Indagine «LaST» (Communty Media Research – Questlab per La Stampa, 8 aprile), dove era emerso come una parte consistente della popolazione non si riconoscesse più nelle tradizionali categorie politiche del ’900, ma fosse alla ricerca di nuovi criteri interpretativi.

In questa seconda occasione affrontiamo gli orizzonti di valore che gli italiani vorrebbero nel futuro dell’Italia: una sorta di mappa politico-valoriale. Il quadro che emerge ben rappresenta la complessità e, per certi versi, alcuni paradossi.

Manifestiamo un’idealità del domani del Paese che affonda le radici nella nostra tradizione e con un buon grado di condivisione. Ma pare mancarci un collante istituzionale in grado di contenerla. D’altro canto, veniamo da oltre due decenni di scontro: anni di contrapposizioni più spesso simili al tifo da stadio, in cui le istituzioni non hanno dato buona mostra di sé, mortificando una riflessione sulle trasformazioni. Così, per un verso, vorremmo un’Italia con un’atmosfera sociale accogliente e aperta, con un’identità locale e internazionale allo stesso tempo, che trova nelle comunità territoriali la propria radice.

D’altro verso, la crisi sembra avere intaccato più i comportamenti quotidiani (calo dei consumi) che il sistema dei valori cui essi si ispirano. Sono presenti orientamenti ancorati all’individualismo e al consumismo, una sorta di narcisismo strisciante, ma non mancano quelli ispirati alla sobrietà e alla meritocrazia.

È vivo un atteggiamento de-istituzionalizzato nei confronti della politica, dove si auspica la presenza di uno stato meno invasivo e una partecipazione politica meno mediata dai partiti. Nello stesso tempo, però, si palesa l’idea di una politica lungimirante incardinata in una visione europeista del nostro Paese.

Gli esiti della ricerca

Agli interpellati è stato chiesto di esprimere una preferenza (con un voto da 1 a 10) nei confronti di una lista di valori. Concentreremo l’attenzione su quanti hanno assegnato un voto superiore a 9, quale indicatore di attribuzione prioritaria. La lista proposta è riconducibile a due aree tematiche prevalenti.

La prima è di «atmosfera sociale» e rinvia al tipo di società in cui si auspicherebbe vivere. La seconda richiama gli orientamenti culturali e politici. Ne scaturisce una mappa degli italiani inedita. Non è l’Italia che siamo oggi, ma quello che vorremmo essere. Ed è, forse, l’Italia che non t’aspetti.

L’atmosfera sociale

Green e innovazione costituiscono i due caratteri prevalenti: un Paese dove l’attenzione per l’ambiente (71,0%) e la capacità di realizzare innovazioni (68,9%) devono rappresentare gli elementi principali attorno ai quali costruire le nostre comunità.

La sensibilità per un ambiente green attraversa ormai i diversi strati sociali, ma è sostenuto con una forza maggiore dalla componente femminile, mentre una società innovatrice è particolarmente auspicata da quanti risiedono nel Nord-Est. In entrambi i casi si associa l’autocollocazione politica che dal centro volge al centro-sinistra e fra quanti non si collocano nello schieramento politico tradizionale.

A questi due fattori segue un secondo gruppo di caratteri apparentemente paradossali fra loro. Si vorrebbe un’Italia internazionale (58,8%) e intraprendente (53,8%), solidale (54,2%) e tollerante (50,6%). Ma nel contempo sicura (58,2%).

Dunque, una società dove la propensione all’apertura e alla contaminazione con altre popolazioni, non faccia venire meno un senso di sicurezza e di rispetto della legalità. L’atmosfera sociale auspicata con minore intensità, per converso, sembra indicare l’«italian way» della convivenza. Non si desidererebbe un Paese chiuso nelle sue identità locali (28,5%), ma neppure multietnico (28,6%) o eccessivamente metropolitano (14,9%). È l’Italia delle piccole e medie comunità locali a essere ipotizzata come la società dove la qualità delle relazioni trova ancora alimento.

Oltre la graduatoria dei valori, attraverso una tecnica statistica («factor analisys»), è possibile individuare quali fra questi definiscono un orizzonte comune: una mappa dei significati.

Emergono tre gruppi: il primo è definibile con la dimensione dell’«accoglienza». Sono quanti vorrebbero un Paese solidale, internazionale, tollerante e multietnico. Gli interpellati che sostengono maggiormente questa visione sono i più giovani (under 24), la componente femminile, quanti si collocano a sinistra, al centro-sinistra e al centro, chi risiede nel Centro Italia.

Il secondo gruppo è delimitabile attorno all’idea di un’Italia delle «comunità dinamiche»: il Paese del futuro dev’essere rispettoso dell’ambiente, intraprendente e innovatore, solidale, ma sicuro. Quest’orizzonte di valori è sostenuto, soprattutto dai 50enni, da chi si colloca al centro dello schieramento politico e da quanti non si schierano, da chi abita nel Mezzogiorno.

Infine, il terzo rinvia a un paradosso: i «glocali», quanti auspicano un’Italia con un maggiore senso dell’identità locale e, nel contempo, con una dimensione metropolitana. Sostengono quest’impostazione soprattutto le generazioni più giovani (under 34), la componente femminile, chi si colloca al centro-destra dello schieramento politico, gli imprenditori. Dunque, un’Italia con un’atmosfera sociale «accogliente», costituita da «comunità dinamiche» e «glocale», rappresenta le diverse anime che identificano gli orientamenti degli italiani.

Gli orientamenti

Meritocratica (76,0%) e politicamente lungimirante (63,3%): è il volto nuovo dell’Italia del futuro. La dimensione meritocratica è maggiormente sottolineata dai 30enni e 40enni, dalla componente maschile, da chi si colloca al centro e al centro-destra dello schieramento politico, dagli imprenditori e da chi risiede nel Mezzogiorno.

Una politica lungimirante in grado di affrontare i problemi è condiviso trasversalmente fra gli intervistati, benché fra chi si colloca al centro e fra quanti non si collocano nello schieramento politico tradizionale si rinvenga una maggiore intensità.

A questi aspetti seguono più distaccate altre dimensioni che denunciano una divaricazione nell’opinione degli intervistati (riformista, meno partiti e più società) oppure un’opzione minoritaria (europeista, sobria, più società e meno stato, moderata).

Colpisce, tuttavia, lo scarso grado di consenso relativo ad alcune caratteristiche più tipiche del dibattito pubblico dell’Italia degli anni recenti e della tradizione identitaria.

Un futuro del Paese caratterizzato dall’identità cattolica è auspicato fortemente solo dal 19,2% della popolazione e ancor meno federalista (17,3%), consumista (3,7%), conservatrice (3,0%) e individualista (1,9%). Come in precedenza, si è cercato di catturare attraverso un’analisi statistica («factor analisys») le dimensioni maggiormente accomunanti.

Sono scaturiti 4 gruppi prevalenti. Nonostante si collochino al fondo della classifica, un primo orientamento culturale è costituito dagli «ego-consumeristi» ovvero da quanti sottolineano l’aspetto conservatore, individualista, consumista, ma anche cattolico e moderato. Sono soprattutto le generazioni più adulte (ultra 50enni e soprattutto ultra 65enni), la componente maschile, chi si colloca dal centro fino a destra dello schieramento politico. Si tratta, quindi, di un nucleo culturale consolidato, che evidenzia salde radici.

Il secondo gruppo è rappresentato da quanti vorrebbero un’Italia «de-istituzionalizzata», dove lo Stato lasci spazio alla società, dove la partecipazione civile assuma un ruolo più importante rispetto ai partiti. Gli ultra 65enni, quanti non si collocano nel tradizionale schieramento politico o esprimono una cultura di centro-destra, i lavoratori precari e flessibili, chi abita nel Nord-Ovest, sostengono con maggiore vigore una prospettiva fluida della società italiana.

Il terzo gruppo è identificabile attorno all’idea di «sobrietà». Questi interpellati guardano a un’Italia dove i valori della moderazione, della meritocrazia e della sobrietà costituiscono un elemento fondativo. Tale orientamento è fatto proprio, in particolare, da chi si colloca al centro dello schieramento politico e da quanti non si collocano, dagli occupati e dagli inattivi, da chi abita nel Mezzogiorno.

Il quarto gruppo è rappresentato dai «neo-istituzionali», da chi guarda al futuro dell’Italia in una chiave europeista e soprattutto con un ceto politico lungimirante. Sono i più giovani (under 34), chi si colloca al centro-sinistra, a sinistra e fra chi non si colloca nello schieramento politico, gli imprenditori e quanti abitano a Nord Est dell’Italia, a guardare con maggiore favore a questa opzione.

Con tutti i limiti, anche un breve sondaggio racconta della necessità di aggiornare le nostre mappe culturali per leggere più correttamente l’Italia. Soprattutto, per dare un orizzonte ideale comune e più condiviso al nostro futuro.

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da La Stampa – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

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