Società

L’istruzione si suicida

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

Roma – Continueranno a dire che è colpa dei giornali, forse dei komunisti o forse ancora dell’Europa. Ma è chiaro che non è cosi. L’azienda Italia che funziona come una vecchia Trabant a cui non è stato fatto il tagliando da prima della caduta del Muro è malata dentro per colpa di chi l’ha governata da decenni a questa parte. Chi riesce a trovare una sua strada, in casa e fuori, lo fa contro tutto e tutti. Sono fuoriclasse, imprenditori, scienziati, esperti di cose magnifiche, gente di talenti in mille campi. Eppure il sistema non funziona perché i governi non lo fanno funzionare. Perché si investe poco e male, perché si è diffusa la logica della scorciatoia che semina polvere di stelle e fa dimenticare che per andare avanti bisogna investire e sudare parecchio.

La Commissione europea ha pubblicato delle statistiche ci fanno veramente male, numeri tragici per una delle prime economie dell’evo moderno, per un paese dal potenziale immenso svilito da politici non sempre interessati la bene comune. Sono sulla formazione secondaria, il motore dello sviluppo. Dicono che andiamo veramente male. Ma veramente veramente male.

Il primo numero dice che solo il 15 per cento della popolazione in età di lavoro (25-64) è laureato. Peggio di noi solo Malta (13) e Romania (14). La Germania è al 27 per cento, la Francia al 29, il regno Unito al 35. la media Ue è al 26. Il Canada al 50 per cento!!!

Il dramma continua con la statistica sul numero dei laureati/diplomati di età compresa fra i 20 e i 64 anni che hanno un’occupazione. Siamo ultimi su Ventisette. Ogni cento uomini e donne con istruzione superiore ce ne sono 24 a spasso. E’ il doppio rispetto alla Svezia. La media Ue è di occupati 82 su cento.

Se non bastasse siamo terzultimi quanto a lauree, di nuovo davanti a maltesi e romeni. Solo il 20 per cento del giovani fra i 30 e i 34 anni ha un pezzo di carta. Media ue, 34 per cento. Germania 30%. Francia 44%. Spagna 41 per cento. Irlanda? Uno su due. Sarà per questo che stanno uscendo dalla crisi in fretta.

Dublino in effetti investe l’1,14 per cento del pil nell’istruzione superiore. La media Ue è 0,92 per cento. L’Italia ci mette lo 0,67 per cento. Non è ultima. La Slovacchia fa peggio con lo 0.62. Tutti gli altri vanno meglio. La Danimarca regina di tasse, butta nella scuola l’1,57 per cento dei suo prodotto interno lordo.

Chiaro, no? Non è colpa dei giornali e tanto meno dei Komunisti. Non è colpa dell’Europa e nemmeno degli ultracorpi. Non ci sono alibi. L’Italia non lavora sul suo futuro da molti anni e consuma un suicidio economico e culturale che episodi casuali come le battaglie di retrovia sulla difesa della lingua (esigenza che in verità sarebbe sacrosanta e giusta se sistematica) rendono solo più agghiacciante e stupido.

Copyright © La Stampa. All rights reserved