Il dollaro ha superato quota 1,20 con l’euro. E il trend discendente può continuare. Ciò crea grossi problemi per i paesi dell’area dell’euro e per il Giappone poiché entrambi, per la loro crescita, puntano sul commercio estero più che sulla domanda interna. L’Europa infatti non può espandere la propria domanda domestica con altre misure fiscali e non è in vista una riduzione del tasso di interesse da parte della Bce, la Banca centrale europea. Il Giappone ha già un pesante deficit fiscale, ma la domanda interna è ancora rallentata dalla capacità in eccesso dell’edilizia e del commercio, oltre che dai debiti bancari.
Il dollaro debole aiuta l’export Usa, ma un suo indebolimento eccessivo rischia di strozzare il mercato europeo e quello giapponese, con effetti negativi sul resto del mondo. La ragione dell’euro forte non sta, come si continua a dire superficialmente, nel fatto che il dollaro è intrinsecamente debole. Infatti la parità di potere di acquisto delle due monete, che dovrebbe costituire, nel lungo periodo, il punto di equilibrio del loro cambio, si trova alla quota di 115 dollari per 100 euro, non a 120. Cioè con 115 dollari si può comprare, sui mercati dell’area del dollaro, in media, tanto quanto con cento euro nell’Eurolandia.
Ma gli operatori asiatici considerano interessanti gli investimenti in euro, data la solidità intrinseca di quest’area e il più alto tasso di interesse della Bce rispetto a quello della Fed. E preferiscono, attualmente, comprare euro, anziché dollari, per le loro scorte valutarie. E’ anche un fatto fisiologico, dal momento che, sino a ora, quasi tutte queste scorte valutarie erano in dollari e questa diversificazione ha, perciò, buone ragioni. Se la Bce ribassasse il tasso sull’euro, probabilmente questo fenomeno potrebbe attutirsi. Ma ciò non è in vista, la Bce semmai vorrebbe fare l’opposto. Né è in vista un aumento del tasso della Fed, che del resto potrebbe stimolare la Bce ad aumentare il suo.
Dobbiamo perciò constatare che la ripresa europea è a rischio. Questo rischio sarebbe stato molto maggiore se la scorsa settimana non fosse avvenuta quella deroga al Patto di stabilità, considerata pericolosa, e invece d’aiuto di fronte ai guai di un supereuro.
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