Dopo una settimana di speranzosa attesa, in parte anche ingiustificata (visto che il management aveva già avvertito in occasione della prima trimestrale che il risultato del secondo quarto sarebbe stato peggiore del primo), il titolo L’Espresso deve fare i conti con numeri che parlano di un arretramento dell’utile ante imposte nel semestre di avvio del 2001 addirittura del 30%, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (su base omogenea per neutralizzare il diverso impatto contabile dei costi di avviamento della divisione Internet).
Non si attenuano quegli elementi che hanno rappresentato la causa della debolezza del titolo per più di un anno, mentre ancora non si leggono gli attesi effetti positivi della dura opera di contenimento dei costi che è alla base del programma di ristrutturazione della società..
A languire sono sempre i conti nei quotidiani e quelli pressoché stagnanti nel comparto radio, con effetto tampone esercitato ancora dai quotidiani locali e dalla tenuta sul fronte dei periodici. La stessa società circoscrive a tre fattori chiave l’arretramento sul fronte dei risultati: costo delle materie prime, calo della raccolta pubblicitaria, persistente debolezza delle attività internet (fenomeno di portata mondiale).
I risultati sono misti rispetto alle attese. Il fattore che colpisce maggiormente è che la debolezza nella carta stampata, che fino al primo trimestre era stato un male circoscritto a edizioni come La Repubblica, sta cominciando a dare i primi segnali di contagio anche nella divisione periodici. Non a caso il fatturato pubblicitario è contratto più del 18% su base consolidata.
Il primo impatto sulla quotazione è stato da ottovolante, con passaggio da positivo a negativo più volte, man mano che giungevano nuove notizie e si elaboravano più a fondo i dati. Forse il punto sul quale concentrare l’attenzione sono proprio le dichiarazioni dello stesso management sull’impossibilità di scorgere segnali di miglioramento nel medio periodo e sulle dimensioni che la crisi sta assumendo, con proporzioni tali da spingere a un ulteriore intervento sul fronte dei costi, già oggetto di una drastica operazione di contenimento.
Uno dei problemi fondamentali dell’Espresso resta nella sua valutazione di mercato, perché nonostante la drastica flessione che il titolo ha subito continuativamente dal massimo a €26,74 del 22 febbraio 2000 (anche superiore alla media di settore), resta comunque tra le società più care del comparto non solo in Italia ma anche più in generale a livello europeo.
Se un leggero premio nella quotazione può essere giustificato per i media italiani in ragione della netta sovraperformance che il nostro paese garantisce (anche in questo periodo negativo) in termini di raccolta pubblicitaria; tanto sovrapprezzo non trova fondamento in particolare in un contesto di mercato di riferimento in flessione, ma soprattutto senza visibilità sull’evoluzione futura. E questo è più che mai vero per una società che trae più del 60% dei propri ricavi consolidati proprio dalla raccolta pubblicitaria.
Non a caso anche le analisi dei maggiori broker sono nella maggior parte dei casi degli inviti più o meno espliciti alla cautela. E in questo contesto di incertezza neanche la netta flessione registrata (più dell’85% del valore) è garanzia di un rimbalzo sicuro.
In particolare un investimento sul titolo, per non esporre a rischio di downside, dovrebbe essere successivo al concretizzarsi di qualche segnale certo di ripresa negli elementi reddituali del core business o nel processo di riorganizzazione della divisione Internet (Kataweb) anche a costo di un euro di differenza nel prezzo di carico. Troppo forti sono le incertezze per poter fronteggiare una scommessa secca. La rottura della stessa soglia dei €4 dimostra che in assenza di segnali di ripresa la quotazione è soggetta a spinte ribassiste difficilmente contrastabili.
L’assenza di visibilità in uno scenario comunque ancora in fase di deterioramento lascia presagire la difficoltà di essere certi che il bottom sia già stato raggiunto, ma soprattutto che sia venuta meno la possibilità che arrivino sul mercato annunci negativi. L’impostazione al ribasso dell’evoluzione dei risultati potrebbe continuare in trend peggiorativo almeno fino al terzo trimestre, per cui l’opzione sul recupero nei numeri si gioca in realtà tra la fine del 2001 e l’inizio del 2002. Anche se la parte più rilevante della sfida è rappresentata dalla capacità di far sì che al recupero in termini di giro d’affari faccia seguito anche una ricostituzione della profittabilità.
Di estremo rilievo quindi che in questa fase negativa di seconda metà dell’anno la società non arretri in termini di margini, in modo da presentarsi con una buona potenzialità all’appuntamento con il 2002. A quel punto una serie di eventi esogeni dovrebbero gioco forza agire da stimolo sul giro d’affari in particolare in termini di raccolta pubblicitaria (area tra quelle che hanno sofferto di più) grazie ad appuntamenti importanti come i Mondiali di Calcio e (verso la fine dell’anno) con l’atteso avvio dell’UMTS.
Alcune delle maggiori preoccupazioni continuano a venire dalla divisione on line (Kataweb), anche se le perdite trimestrali della divisione non stanno mostrando ulteriori segnali di forte deterioramento. In quest’area giocano opposte forze il cui bilanciamento sarà fondamentale non solo nella possibilità di rispettare gli obiettivi di crescita del 2001, ma anche per prefigurare un break even non oltre i prossimi due anni. In effetti la fase critica di sistema sta incidendo sul giro d’affari, che mostra una dinamica decrescente, e sulla raccolta pubblicitaria (specificamente on line) che risulta stagnante. Inoltre la società continua a scontare gli effetti negativi della precedente impostazione strategica alla base dell’orientamento programmatico di Kataweb. La soluzione potrebbe venire proprio dalla conversione del business model (fattore tipico in questa fase anche di altre società internet come Yahoo!, Exite@home), con una forte spinta sull’attività di business solution e l’abbandono della componente e-commerce.
Ma il perno centrale intorno al quale ruoterà e si giocherà il recupero di Kataweb è il drastico programma di riduzione dei costi (che è esteso però all’intera struttura), ma i cui effetti difficilmente saranno apprezzabilmente riconoscibili prima della fine dell’anno. Questo dovrebbe rendere il business sostenibile, ma ovviamente ne riduce notevolmente la capacità di incidenza sul risultato globale: valore che va comunque rapportato alla massa di risorse assorbita per l’avviamento dell’attività.
Comunque, anche in assenza di consistente recupero sul fronte della raccolta pubblicitaria già quest’anno, almeno l’opera di contenimento dei costi dovrebbe aiutare a bilanciarne gli effetti negativi sul risultato. In particolare visto che questa tattica è stata estesa a tutte le divisioni e non si concretizza solo in tagli all’organico, ma anche nella ricerca dell’ottimizzazione del lay-out e del numero delle pagine stampate; oltre che ovviamente in un drastico contenimento dell’attività di promozione e marketing.
Molto, comunque, su questo fronte resta legato al non ripetersi dell’evento che ha caratterizzati la prima metà dell’anno, di forte incremento del costo della carta (17% circa) a causa sia della debolezza dell’euro che della crescita record del prezzo delle materie prime. La politica di acquisizioni e consolidamento nella stampa locale ha finito per altro con l’amplificare questo fenomeno, dato che oggi la spesa per pagine di giornale sul totale dei costi è tra le maggiori nel settore. L’unico rischio è che il fenomeno di scarsità della carta in Europa persista e non sia compensata consistentemente dalle importazioni dall’America, perché gli Usa non sono in grado di spuntare un prezzo sufficientemente remunerativo nel Vecchio Continente.
Buona parte delle aspettative sul titolo restano legate alla possibilità di una concreta ripresa del trend della raccolta pubblicitaria. Il tasso in Italia è comunque rimasto superiore alla media europea, ma difficilmente quest’anno potrà raggiungere l’atteso 8%-9%; ed è più probabile che si attesti al di sotto del 4%.
Tuttavia la vera incognita è se con il 2002 si torneranno a vedere quei tassi a due cifre che hanno fatto da sempre la fortuna dei media italiani. E’ pur però vero che la stessa atipicità ed eccezionalità del bilancio 2000 rende difficilmente accostabili i risultati attuali dell’Espresso a quelli dello scorso anno, che fecero registrare una crescita trimestrale rispettivamente del 15.3%, 16.1%, 18.3%, 12.2%. Oggi comunque in questo campo il vero punto da recuperare è la giusta combinazione di volumi e prezzi, il cui mix ha penalizzato il bilancio anche nel primo quarto (che pure ha fatto registrare una crescita superiore all’8%, con un +17% dei primi due mesi attenuato dal +1.2% di marzo).
L’importanza del recupero risulta di particolare rilievo alla fine di questo periodo estivo, perché la debolezza del titolo viene a coincidere con la fase di revisione del paniere del MIB30 (7settembre la comunicazione con cambio effettivo il 24), dal quale allo stato attuale il titolo sarebbe escluso per cedere il posto al rientro di HDP (30 posto contro il 33 attualmente ricoperto dall’Espresso). E l’effetto psicologico e di riposizionamento dei money manager potrebbe allora generare una tensione al ribasso difficile da bilanciare.
*Donatella Principe è responsabile della ricerca economica presso il centro studi del Gruppo Banca Popolare di Vicenza.