Economia

L’ESM e’ un fondo salva banche, non stati: tutti i retroscena

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Roma – Il famigerato meccanismo di stabilita’ europeo (ESM, MES nella sigla italiana) altro non e’ che un fondo di salvataggio finanziato dai contribuenti che dovrebbe servire a impedire alla crisi del debito – pubblico e privato – di degenerare.

L’area della moneta unica si e’ dotata di questo strumento, una nuova legge fondamentale dell’Unione, con l’obiettivo dichiarato di aiutare gli stati membri in difficolta’. La verita’ che incomincia a emergere anche nei grandi media e’ che non verra’ utilizzato per salvare i paesi dal crack, bensi’ per ricapitalizzare le banche. In primis quelle spagnole e a cascata quelle italiane, che poi investiranno i soldi in titoli di Stato, anziche’ per far ripartire l’economia.

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Il MES, nato dalle modifiche al Trattato Europeo approvate il 23 marzo 2011 dal Parlamento Europeo e ratificate dal Consiglio Europe, sara’ governato da 17 super governatori, tra cui Mario Monti, che potranno decidere di aumentare le risorse del fondo (700 miliardi iniziali, gia’ saliti a 800, cui l’Italia partecipa per il 17,9%) a loro insindacabile piacimento senza che nessuno stato possa opporsi.

Le autorita’ politiche, inoltre, godranno di impunita’ assoluta sulle loro scelte e i cui documenti saranno inviolabili. Come scrive Federico Turbini, in un articolo sul Corriere della Sera, il problema e’ che lo scopo segreto di questo ‘buco nero’ finanziario e’ quello di rinsaldare i capitali delle banche, in crisi di liquidita’, e non scongiurare veramente il default dei singoli stati.

“Al G20 come a tanti altri dal 2010 in avanti, l’Europa era dall’inizio sul banco degli imputati”, si legge nel retroscena pubblicato sul quotidiano. “Troppe esitazioni nel gestire la crisi, poi il ‘fiscal compact’ che impone un’austerita’ da molti giudicata eccessiva. E ora la Spagna, ultimo simbolo di come l’Europa ancora una volta si fosse solo illusa di aver vinto lo scetticismo dei mercati verso le sue promesse di rigore e crescita (quasi) simultanei”.

I disoccupati iberici sonos aliti al 23,6%, il mercato immobiliare e’ gia’ deprezzato del 22%, con forse un altro 20% di caduta davanti, ma sopratutto a preoccupare sono le “perdite non quantificabili nel sistema bancario”. Il tutto in un contesto di recessione (in cui tecnicamente Madrid e’ sprofondata dal primo trimestre). Il deficit, secondo Bruxelles, dovrebbe scendere dall’8,5% al 3% del Pil entro soli due anni. Ma “nessuno all’Fmi ci crede”.

“Tutti nell’istituzione di Washington pensano che l’Europa debba dare piu’ tempo ai Paesi in difficolta’ per risanare il bilancio, che la Bce debba aiutare di piu’ e che la Spagna debba chiedere al fondo salvataggi europeo di ricapitalizzare le sue banche”.

E’ su questo sfondo di tensione e accuse che Draghi ha preso la parola nei due incontri a porte chiuse dei giorni scorsi. Rivolto a Lagarde, il presidente della Bce ha dato una lettura opposta della nuova ondata di vendite che colpisce i titoli di Madrid e di Roma. Secondo Draghi, il nuovo acuirsi della crisi non e’ il frutto di un eccesso di austerita’ che produce recessione e dunque peggiora i saldi di bilancio; al contrario, ha detto il banchiere centrale italiano, il problema e’ che con il calo degli spread degli ultimi tre mesi e’ tornata ad allentarsi la disciplina delle riforme nei Paesi piu’ vulnerabili. Nessuno ha fatto nomi, ma non ce n’era bisogno: i Paesi nel mirino sono sugli schermi di tutti i trader”, prosegue Turbini.

Per il leader della Bce il punto politico sembra essere stato un altro, benche’ non l’abbia esplicitato. Perche’ l’Eurotower possa di nuovo impegnarsi a sostegno dei Paesi in crisi, ha bisogno che i loro governi stiano ai patti dell’austerita’ e delle riforme. Fino in fondo. Solo cosi’ la Bce avra’ lo spazio di manovra per nuove operazioni di liquidita’ straordinaria, senza rischiare una rottura al proprio interno con la Bundesbank e con la cancelliera Angela Merkel a Berlino.

“E’ per questo che una settimana fa Draghi, ricevendolo a Francoforte, ha chiesto al ministro di Madrid Luis de Guindos di non rimettere il ‘fiscal compact’ in discussione. Anche se l’economia spagnola e’ in caduta e senz’altro non in condizione di sopportare un tagli del deficit al 3% del Pil entro il 2013”.

“Il ministro delle Finanze Guindos e il suo premier Mariano Rajoy si sono pero’ convinti che si possa seguire una linea diversa nei prossimi mesi, grazie alle svolte politiche in corso in Olanda e in Francia. I deficit, secondo loro, andrebbero stimati tenendo conto degli effetti recessivi: insomma niente tagli mentre la frenata e’ in corso. A Parigi e all’Aia il deficit e’ al 5% del Pil e entrambi i governi sono a un passo dal subire una procedura di Bruxelles per violazione del nuovo ‘fiscal compact'”.

Un altro ostacolo all’eventualita’ che le promesse di rigidita’ e austerita’ vengano ovunque rispettate sorge dal fatto che in entrambi i paesi sono aperte le stagioni elettorali, “da cui potrebbero uscire maggioranze avverse all’austerita’ ad ogni costo”. In conclusione, “la Germania tra non molto potrebbe trovarsi un po’ piu’ sola. “Nel mezzo c’e’ la Bce di Draghi, il cui aiuto sara’ presto di nuovo indispensabile. Perche’, ovviamente, ai mercati i ballettini politici d’Europa interessano ben poco”.

Ecco spiegato il motivo per cui si concede l’impunibilita’ ai 17 supergovernatori del MES: se il popolo si rendesse conto di quanto sta accadendo, scoprendo che l’Italia si sta indebitando di altri 125 miliardi (5 ogni anno per tre anni, piu’ altri 110 miliardi da versare a insidacabile giudizio del nostro premier) per salvare, ad esempio, istituti come il Monte dei Paschi di Siena che ha chiuso il 2011 con una perdita di 4,67 miliardi, li citerebbe tutti a giudizio.