Società

L’ ARGENTINA
CI RIPROVA CON
I TANGO BOND

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*Beppe Scienza e’ Professore nel Dipartimento di Matematica dell’Università degli Studi di Torino. Il contenuto di questo articolo esprime esclusivamente il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – Dagli amici mi guardi Iddio! È il giusto commento alla vicenda dei titoli di stato argentini, che molti risparmiatori italiani si trovano sul groppone. C’è infatti tempo fino al 25 febbraio per accettare la proposta di Buenos Aires di scambiare i titoli posseduti con nuove obbligazioni e ricominciare quindi a incassare interessi, seppur bassi. Inoltre il 4 febbraio e’ stato è l’ultimo giorno utile per le adesioni cosiddette tempestive che danno la precedenza nell’assegnazione dei titoli cosiddetti Par 2005-2038, in prospettiva un po’ migliori degli altri.

Purtroppo però i risparmiatori italiani sono subissati di inviti perentori a non accettare l’offerta argentina. Stranamente il fronte del rifiuto accomuna associazioni di consumatori e quella che si è pomposamente autodefinita Task Force Argentina (TFA). Ma quest’ultima è priva di ogni credibilità, essendo finanziata dalle banche italiane perché utilissima per far passare in secondo piano le loro colpe. Cosa c’è infatti all’origine di situazioni a volte penosissime, come quella di chi mise tutta la liquidazione in Argentina? Di regola i consigli dissennati, anche se spesso in buona fede, di qualche incompetente consulente agli investimenti di una banca italiana.
La posizione assunta da molte associazioni, ma non per esempio dalla Confconsumatori, è invece meno facilmente decifrabile. Può dipendere da inconfessabili connivenze con le banche, dalla scelta opportunistica di cavalcare il malcontento popolare, dalla decisione di condurre una battaglia politica ecc.

Discorsi ricattatori. Le pressioni rivolte agli obbligazionisti per dissuaderli dall’aderire travalicano spesso i limiti della decenza se non del lecito. La proposta argentina viene definita irricevibile, inaccettabile, oscena ecc. Parole grosse, ma anche fuori luogo. La TFA si propone addirittura di chiedere il sequestro degli interessi pagati sulle Nuove Obbligazioni, titoli fra l’altro retti dal diritto inglese o dello Stato di New York. È una minaccia risibile, in grado però di spaventare un risparmiatore non ferrato in materia.
Altroconsumo non esita a calpestare la logica più elementare, ovvero il principio di non contraddizione. A un lettore preoccupato per la revoca dal listino delle attuali obbligazioni prima risponde che “questo è falso” e poi, subito smentendosi, ammette che “l’Argentina può ritirare le sue obbligazioni dai mercati regolamentati”.

Ma quali sono davvero i vantaggi e gli svantaggi delle diverse opzioni, consci che si tratta di scegliere non il meglio bensì semplicemente il meno peggio.

Dire di no a Buenos Aires. È la scelta emotivamente più facile ma anche la più rischiosa. Se la massa degli obbligazionisti aderisce, chi resta fuori si troverà col cerino acceso in mano. Ossia con titoli deprezzati, difficilmente vendibili perché non più quotati e con la prospettiva di non incassare nulla per anni.
A cosa servirà poi rivolgersi a tribunali italiani o americani? In tre anni i vari comitati e associazioni non hanno cavato un ragno dal buco. Se tanto mi dà tanto, non combineranno nulla neppure nei prossimi tre o trent’anni.

Accettare l’offerta di scambio. Comporta rischi minori, perché comunque dal 1° aprile 2005 (salvo proroghe dell’offerta stessa) si riceveranno le Nuove Obbligazioni, che saranno facilmente vendibili perché quotate e molto liquide. Inoltre c’è una clausola importantissima ma poco nota, per cui “qualora l’Argentina dovesse lanciare un’offerta di acquisto o scambio entro il 2014” essa s’impegna a permettere la partecipazione anche a chi ha aderito adesso (paragrafo e.1.1). Accettare è una scelta poca eroica, ma molto prudente.

Vendere ora le obbligazioni. Non è un comportamento assurdo, ma forse neppure conveniente. Chi vende per esempio a 30 euro ogni 100 euro di valore nominale, in pratica scommette che le nuove obbligazioni ricevute, una volta sul mercato, varranno meno. Chi compra è convinto del contrario.

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