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L´ ANTIPOLITICA DEI PROFESSIONISTI

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(WSI) Qualche giorno fa Bruno Tabacci, dell’Udc, ha spiegato che la difficoltà a intendersi con Silvio Berlusconi nasce dalla difficoltà di capirsi con chi usa il linguaggio dell’antipolitica. In questa osservazione c’è un nocciolo di verità, che coglie il logoramento di uno stile di direzione ostentatamente e talora superficialmente impolitico.

Siccome lo stile è l’uomo, ne consegue un’incomunicabilità che tende a trascolorare nell’ostilità. Tuttavia non bisogna confondere un’azione professionalmente politica, come quella che l’Udc pensa di mettere in atto, con la riesumazione dei riti della politica d’antan.

Quell’elemento di rigidità nei rapporti, introdotto dal bipolarismo, non è antipolitica, è una nuova condizione del confronto, che corrisponde a una situazione in cui il paese, almeno tendenzialmente, dispone di due classi dirigenti alternative e in competizione. La funzione politica di Berlusconi è stata proprio quella di rendere possibile questa innovazione.

Ora i professionisti dell’Udc, mettendo in forse questo dato, sostanzialmente ineliminabile, rischiano di finire essi stessi nel regno dell’antipolitica. Lo fanno verso “l’alto” dell’utopia ideologica invece che verso “il basso” del propagandismo pragmatista, ma escono anch’essi dal circuito dell’arte del possibile.

D’altra parte la Prima repubblica, cui fanno riferimento, non è stata l’età dell’oro della politica. La sinistra non divenne forza di governo per il moralismo berlingueriano, una forma di antipolitica che poi è stata ereditata dai giustizialisti, con gli esiti tragici che anche l’Udc dovrebbe ricordare.

La stessa Dc, quando si fece irretire dalle fumose visioni demitiane, che facevano il paio con quelle di Pietro Ingrao, finì col perdere il senso della sua funzione. La semplificazione bipolare può sembrare una gabbia che neutralizza le potenzialità creative di una cultura politica non irregimentata. Ma anche la ripetizione delle tattiche con cui i partiti minori, per far sapere che esistevano, mettevano in crisi i governi a ogni primavera, non è un gran modello da imitare.

In politica è importante mettere in difficoltà gli avversari con iniziative che dividano il loro fronte, e allargare le alleanze sociali invece che respingere forze necessarie per la crescita del paese. Ma tutto ciò ha un senso se è al servizio di una funzione riconoscibile e stabile. Altrimenti diventa un balletto che con la politica vera ha poco a che fare.

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