Stranissimo dibattito questo sulla recessione in Italia e sulla stagnazione in Europa. Il dibattito, infatti, comincia sei mesi dopo l’inizio della recessione e quando, presumibilmente, essa è finita. Il che dimostra la verità di una vecchia battuta, e cioè che in Italia e in Europa si fa dibattito economico (e politico, spesso) guardando non avanti, ma negli specchietti retrovisori. Adesso sono tutti lì a discutere sulla recessione italiana e sul dramma che questa rappresenta, dimenticando che gli avvisi erano stati dati già sei mesi fa e che, comunque, dovremmo essere alla fine.
L’ultima previsione di Global insight, per quanto riguarda l’Italia, dice che nel 2003 la nostra crescita sarà dello 0,5 per cento. E poichè nel primo semestre abbiamo messo insieme una crescita parti a -0,1 per cento, non rimane che concludere che nei prossimi due trimestri dovremmo crescere di qualcosa, altrimenti sarà impossibile arrivare allo 0,5 per cento. Risultato peraltro pochissimo al di sopra di quello dello scorso anno (+ 0,4 per cento) e al di sotto della previsione governativa di fare lo 0,8 per cento.
Tanto per avere sottomano il resto dei numeri conviene dire subito che Global insight prevede una crescita dell’1,4 per cento nel 2004 per l’Italia. Le previsioni per l’Europa sono leggermente migliori: 0,7 nel 2003 (contro il nostro 0,5 per cento) e 1,6 nel 2004.
Dopo la prima stranezza (che consiste nell’enorme ritardo con cui si è avviato) l’attuale dibattito sulla recessione italiana e stagnazione europea se ne porta dietro un’altra. E cioè il fatto che le discussioni seguono un copione quasi unico e assolutamente implacabile: in America sta per scoppiare un enorme ripresa e questa, come è ovvio, si trascinerà dietro l’Europa e l’Italia.
In sostanza, si tratta solo di stare fermi, seduti, possibilmente all’ombra visto che fa molto caldo, e aspettare: là arriva la ripresa, qui arriva la ripresa. Certo, fra tecnici si discute se in Europa la ripresa arriverà sei mesi dopo quella americana, nove mesi o tre mesi. Ma che importa? Queste sono discussioni da tecnici: dopo tre anni di attesa, la ripresa può arrivare quando vuole. Se vuole farci aspettare altri sei mesi, aspetteremo. L’importante è che arrivi. L’importante è che questa benedetta ripresa faccia esplodere l’America. Dopo, anche noi saremo finalmente felici.
Ma davvero è tutto così semplice? Non direi. L’ho già spiegato qualche settimana fa, ma conviene insistere. Sulla carta sembra davvero che non ci sia da fare altro che mettersi all’ombra con una bibita fresca in mano e aspettare. L’ultimissima previsione di Global Insight per gli Stati Uniti (15 agosto) assegna a quel paese una crescita del 2,3 per cento nel 2003, ma con un’accelerazione al 3,7 per cento nel secondo semestre e poi una crescita del 3,8 per cento nel 2004. Insomma, il boom americano è proprio alle porte. Forse è addirittura già cominciato.
Di che cosa ci preoccupiamo allora? Intanto, del fatto che, ad esempio, la Federal Reserve (cioè la banca centrale americana) non dà affatto per scontato che ci sia questo boom. Anzi, dice che si sono 50 probabilità su 100 che non ci sia e 50 che ci sia. Se dalle previsioni di Global Insight passiamo a quelle dell’Economist (che ogni mese interpella i maggiori banchieri d’affari del mondo su questo tema), vediamo che le opinioni non sono così nette.
Se la media dei pareri raccolti dice che nel 2004 gli Stati Uniti avranno una crescita del 3,4 per cento, cioè un forte boom, ci sono anche banchieri i quali stimano invece la crescita americana nel 2004 di poco superiore al 2 per cento. Cioè esattamente come adesso. Insomma, in molti vedono un boom prossimo venturo. Ma ci sono anche quelli, come la Federal Reserve, che hanno ancora molti dubbi e ci sono quelli che vedono un’economia americana che nel 2004 viaggerà grosso modo come nel 2003, cioè poco sopra il filo del 2 per cento.
Già che siamo in tema ci sono anche quelli che vedono un’economia europea, nel 2004, ferma a una crescita dell’1,1 per cento, cioè di pochi millimetri superiore a quella di quest’anno (che di fatto è una crescita che coincide con la stagnazione). E per l’Italia non mancano, fra i grandi banchieri mondiali, quelli che vedono una crescita pari allo 0,3 per cento quest’anno (inferiore addirittura a quella dello scorso anno) e dello 0,8 per cento nel 2004. In pratica, se questi pessimisti dovessero avere ragione, l’Italia quest’anno avrebbe una crescita inferiore a quella del 2002 e solo nel 2004 raggiungerebbe la crescita dello 0,8 per cento (data per sicura invece per quest’anno dal governo).
A questo punto è abbastanza facile capire perché l’attuale dibattito su recessione italiana e stagnazione europea è strano. Da una parte si dà per scontato per il boom americano è forse addirittura già cominciato e che prenderà vigore l’anno prossimo, dall’altra si dà per scontato che, una volta arrivata là, la ripresa non potrà che ribaltarsi qui da noi, sul Vecchio Continente.
Ma mentre ci si balocca con queste certezze (e si fa poco o nulla di concreto per avviare una ripresa), sfogliando la stampa internazionale si vede che poi il consenso su questo scenario non è così universale. A partire dalla banca centrale americana, che infatti ha promesso di mantenere basso il costo del denaro ancora a lungo, proprio perché non è così sicura che il peggio sia già passato.
Insomma, forse non è vero che l’America farà tutto il lavoro (la ripresa) e che noi dobbiamo solo prepararci a raccoglierne i frutti.
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