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(WSI) –
Può la crisi americana diventare ancora più grave di quello che si può vedere oggi? Può, in poche parole, trasformarsi in una brutta recessione? C´è chi sostiene di sì. Sulla base di una specie di teorema molto semplice. Il consumatore americano (che è al centro del lunghissimo boom dell´economia Usa in questi ultimi anni) al momento si trova in parecchie difficoltà a causa della crisi del mercato immobiliare (con prezzi in forte discesa) e del conseguente terremoto dei prestiti subprime (non rimborsati per mancanza di soldi).
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Questa crisi, ovviamente, pesa anche sulla congiuntura perché il consumatore ha meno reddito da spendere (e quindi può dare meno impulso ai consumi), e in più è anche un po´ spaventato. Era abituato a un mondo nel quale la sua villetta con giardino valeva sempre di più e gli consentiva di avere ogni sei mesi nuovi finanziamenti dalla banca (magari anche solo per cambiare macchina o televisore). Adesso si ritrova in un mondo nel quale il valore della sua villetta va indietro e la banca gli chiede di restituire parte dei finanziamenti avuti. Deve, nella migliore delle ipotesi, adattarsi a ridurre la qualità della sua vita. E quindi non è di sicuro un consumatore ottimista e allegro, pronto a saccheggiare ogni sabato il vicino supermercato.
Adesso succede anche che il “sistema americano”, che fin qui creava ogni mese 100 o 200 mila nuovi posti di lavoro, in agosto ne ha invece distrutti 4 mila (e all´appello mancano ancora i 40-50 mila del settore finanziario sterminati dalla crisi dei prestiti subprime). Insomma, i posti di lavoro, invece di aumentare, diminuiscono. E quindi il consumatore americano deve cominciare a temere non solo la sua banca (che gli chiede indietro i soldi perché i prestiti non sono più garantiti dal valore della villetta), ma anche il datore di lavoro, che potrebbe lasciarlo a casa. In termini più generali è poi evidente che in agosto, in America, ci sono meno stipendi di quelli che c´erano in luglio. E questo riduce le possibilità di spesa della collettività dei consumatori.
Tutto questo impasto può avvitarsi – dicono alcuni – in una crisi di tipo recessivo. Magari non lunghissima, ma abbastanza pesante. Stanno proprio così le cose? Per il momento nessuno ha la risposta, anche perché nessuno riesce a capire quanto è vasta e profonda la crisi dei prestiti subprime. Di sicuro c´è solo che i vari centri studi “privati” (delle grandi banche d´affari) a questo punto hanno deciso di tagliare le stime sulla crescita americana. Se ancora sei mesi fa si riteneva che nel 2007 questa crescita avrebbe potuto essere quasi del 3 per cento, adesso prudentemente si parla del 2 per cento o di poco più. E un punto percentuale in meno (se applicato alla più grande e più dinamica economia del mondo) è una cosa grossa. Ecco perché, da almeno due o tre giorni, tutti i centri internazionali di previsione “ufficiali” vanno spiegando che le stime sulla crescita 2007 di tutte le economie (dall´Europa all´Asia) devono essere riviste al ribasso.
Tutto questo, va detto, non sconta ancora l´ipotesi di una recessione americana, ma solo quella di un semplice rallentamento, sia pure importante. Nel caso di recessione secca l´impatto sull´economia mondiale sarebbe molto più netto e molto più forte. E la recessione negli Stati Uniti – secondo alcuni – a questo punto sarebbe quasi inevitabile, sarebbe già nei fatti.
Naturalmente, ci sono anche quelli che invitano a non drammatizzare più del necessario. Il rallentamento dell´economia americana ci sarà, ma la Federal Reserve (ormai abbastanza spaventata dall´ipotesi di trovarsi alle prese con una frenata secca dell´economia affidata alle sue cure) taglierà di sicuro il costo del denaro. Già il 18 settembre, cioè fra dieci giorni. C´è chi dice che taglierà solo di 25 basis point e chi sostiene che invece, proprio per dare una sferzata di energia a tutto il sistema, arriverà fino a 50 basis point.
Anche i più moderati, comunque, sostengono che, se adesso il presidente Ben Bernanke dovesse scegliere l´ipotesi più cauta, fra qualche mese taglierà altri 25 basis point. Insomma, il costo del denaro negli Stati Uniti dovrebbe scendere dello 0,50 per cento prima della fine dell´anno. O in un colpo solo il 18 settembre o in due rate. E questo, continuano gli ottimisti, dovrebbe rincuorare tanto l´economia reale (le aziende) quanto la finanza. Inoltre, la crisi dei prestiti subprime verrà assorbita dalle banche che si accolleranno le perdite di questa avventura (attraverso uso delle riserve, aumenti di capitale e emissione di prestiti obbligazionari). Le banche, insomma, perderanno un po´ di soldi, ma ne hanno guadagnati talmente tanti in questi anni che certo non piangeranno.
Possono avere ragione gli ottimisti? La crisi di oggi può ancora essere gestita senza troppi danni? Forse sì, ma certamente a due condizioni. La prima è che nessuno faccia errori. La seconda è che il disastro dei prestiti subprime (di cui nessuno conosce l´entità esatta) sia di dimensioni sopportabili. Bisogna insomma che non ci siano troppi scheletri negli armadi delle banche.
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