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L’altro B della seconda Repubblica

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(WSI) – I libri scomodi rivelano verità imbarazzanti. E ‘Il signor Billionaire’, la biografia non autorizzata di Flavio Briatore, è uno di questi. Il volume, edito da Aliberti è stato scritto da Andrea Sceresini, Maria Elena Scandaliato e Nicola Palma. I tre giovani giornalisti hanno scavato nella vita dell’imprenditore cuneese manager di Formula 1, raccontando l’ascesa, i segreti e, soprattutto, le ombre legate alle sue fortune.

La pubblicazione, uscita appena il 5 novembre, è già esaurita nelle librerie di mezza Italia. A Cuneo, città natale di Briatore, il volume viene rastrellato nelle maggiori librerie del centro. “Le 7 copie che avevano sullo scaffale le ha prese tutte il figlioccio di Briatore”, così dichiara a ilfattoquotidiano.it una commessa della libreria Stella Maris. ‘Il figlioccio’ di Briatore, è un giovane ventenne che a quattro librerie diverse racconta sempre la stessa storiella: “Devo fare una festa in onore del mio padrino, Flavio Briatore – racconta una commessa dell’Ippogrifo, altra nota libreria di Cuneo – e così avevamo pensato di fargli trovare una pila delle copie del libro”.

In un’altro punto vendita, la Janus di piazza Europa, stessa storia ma con una variazione su tema: “Le copie le ha comprate tutte il nipote di Briatore, così si è presentato, ha pagato in contanti e ci ha raccontata una storiella, non richiesta, su una festa dedicata allo zio”. Episodi simili nelle librerie di altre città: la Rizzoli di Galleria Vittorio Emanuele di Milano e in almeno tre librerie Mondadori di Roma. In questi casi a presentarsi alla cassa con tutti i volumi sottobraccio non sono dei giovani, ma uomini di mezza età. “Un uomo distinto ed elegante ha preso le 5 copie presenti”, dichiara al nostro online un commesso del bookshop Mondadori di Fiumicino.

Ma cosa c’è di tanto scomodo in questo libro, tanto da far pensare che una persona molto vicina a Briatore abbia interesse a rastrellare tutte le copie, perlomeno di Cuneo e provincia? I tre autori partono da un’inchiesta giornalistica realizzata alla fine degli anni ’90 da Gianni Barbacetto. Così vengono rintracciati ex soci, vecchi amici e perfino le ex fidanzate di Mr. Briatore. “Una ricerca che – racconta Andrea Sceresini – ci porterà a scoprire che nella vita dell’imprenditore non mancano neanche i morti ammazzati in attentati in perfetto stile mafioso.

E’ il caso di Attilio Dutto, un costruttore edile di Cuneo, che era tra i clienti più assidui dell’allora nuova attività di Briatore: portare clienti ai tavoli verde di alcuni casinò”. Nel giro del gioco lo introduce Ilario Legnaro che assieme al boss catanese Gaetano Corallo (vicino al clan Santapaola) gestisce alcune sale da gioco. “Dutto salta in aria con sua auto nel 1979 – continua Sceresini – un delitto senza responsabili ma che in base ad alcune testimonianze sembra essere stato eseguito dalla criminalità organizzata”. Con Dutto scompaiono anche un sacco di soldi: 30 miliardi di vecchie lire che gli investigatori non troveranno mai più.

Dopo questo episodio alla fine degli anni ‘70 il signor Billionaire si trasferisce nella gaudente Milano. E’ qui che l’ex assicuratore di Verzuolo conosce la sua prima moglie, una bellissima modella straniera con cui comincia a frequentare il giro che conta (leggi l’intervista a fondo pagina). Da Bettino Craxi a Emilio Fede. Organizza party e si mette in affari con il conte Achille Caproni.

Secondo gli autori del libro, Briatore si lancia nel mercato delle bische clandestine organizzando truffe ai tavoli verdi, finché la polizia non lo scopre e lui deve fuggire nell’isola caraibica di St.Thomas. “Da latitante è costretto a rimanere fuori dall’Italia fino all’amnistia del 1990 – racconta Nicola Palma – ma si consola nella sua vita da sogno alle isole Vergini gestendo una rete di negozi negli Stati Uniti per Luciano Benetton e il suo popolare marchio di maglieria. Poi apre un locale notturno e altre attività”.

Da lì in poi la grande scalata al successo: le ville in Kenya, dove ospita politici di tutti gli schieramenti, le case da sogno a Manhattan e in Gran Bretagna (dove risiede), la Formula 1, con i mondiali vinti con la Benetton Renault e Michael Schumacher, i locali alla moda come il Billionaire in Costa Smeralda e il Twiga in Versilia, dove tra gli azionisti di minoranza dei due locali alla moda troviamo una folta rappresentanza di soci vip: il sottosegretario del Pdl Daniela Santanchè, il giornalista e conduttore tv Paolo Brosio, e poi Lele Mora, il manager tv di stelle, stelline o aspiranti tali dello spettacolo.

La quota di maggioranza, quella di Briatore, risulta invece intestata alla finanziaria lussemburghese Laridel participations, amministrata da Mariapia Arizzi. Una professionista italiana, come scrisse su L’Espresso pochi anni fa Vittorio Malagutti, residente in Svizzera, che monta la guardia per Briatore agli snodi chiave di un dedalo finanziario esteso in mezzo mondo, dalle British Virgin Islands a Hong Kong, passando per l’Olanda e il Lussemburgo. Luoghi dove le tasse sono bassissime o non esistono ed è semplice nascondere la reale titolarità delle aziende.

Ma che il fisco italiano, che in un’intervista su Rai3 a Lucia Annunziata non esitò a definire “soffocante e penalizzante”, non stia in simpatia all’imprenditore di Cuneo lo si capisce anche dalle ultime vicende che lo hanno visto protagonista. A maggio scorso, il Force Blu, una magnifico yatch di 60 metri, battente bandiera delle isole Cayman intestato a una società delle isole Vergini Britanniche, viene sequestrato dalla Guardia di Finanza al largo di La Spezia.

Briatore viene indagato dalla procura di Genova con le accuse di contrabbando e frode fiscale, questo perché la procura è convinta che il vero proprietario sia proprio Briatore che non ha pagato l’imposta dovuta allo Stato italiano al momento del suo ingresso nelle acque dell’Unione europea poi perché sui rifornimenti di carburante non sarebbe stata pagata l’Iva. Pochi giorni fa il Gip del tribunale di Genova, Ferdinando Baldini, ha concesso alla società Autumn Sailing, intestataria dell’imbarcazione, di effettuare un anno di noleggio, con la condizione però di accendere una fideiussione bancaria di cinque milioni di euro a favore dello Stato. Quanto, in pratica, dovrebbe versare allo Stato per le imposte non pagate e ha anche obbligato il Force Blue a navigare solo in acque dell’Unione europea.

Vicende che non intaccano minimamente l’immagine di self made man che Briatore si è saputo ritagliare in tv o sui giornali di gossip. L’immagine dell’uomo che si è costruito da solo, figlio di due maestri elementari, e ha fatto successo. L’uomo che ha coniato il motto “Se vuoi puoi”. Attorniato sempre da bellissime donne, ma dal passato su cui grava una coltre di nebbia che pochi hanno diradato. Fino all’uscita del libro che ‘il figlioccio’ ora vuole far sparire.

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Quando Mr. Billionaire era solo Briatore Flavio, in fuga dai processi

di Andrea Sceresini, Maria Elena Scandaliata e Nicola Palma

L’ex moglie di Flavio Briatore confessa in un libro le relazioni pericolose del marito con Corallo e Spadaro.

Pubblichiamo l’intervista alla prima moglie di Flavio Briatore, estratta da “il signor Billionaire” e inizialmente apparsa su il Fatto Quotidiano del 3 novembre 2010 con il titolo “Quando Mr. Billionaire ‘frequentava i mafiosi’”. In seguito alla pubblicazione, Flavio Briatore ha annunciato querela.

Marcy Schlobohm, lei è stata sposata con Flavio Briatore per quattro anni. Quando vi siete conosciuti?
Era l’estate del 1980 e io dovevo ancora compiere i diciotto anni. Ero a Milano, al Nepentha. Venne da me il conte Gigi Perez, che lavorava con Achille Caproni. Mi portò da un ragazzo, e mi disse: “Marcy, questo è Flavio”.
Poi siete andati a vivere a Milano nella casa di piazza Tricolore. È vero, per esempio, che c’erano i rubinetti d’oro?
Non so se era tutto quanto oro. Credo che fossero placcati…
E facevate varie feste?
Sì, tante feste. C’erano molti invitati, gente elegante. Mangiavamo caviale e bevevamo champagne. Ecco, io credo questo: per Flavio, ero come un gioiellino, ero la sua fonte di bellezza. Un po’ come tutte le sue donne, del resto. C’erano i vip, c’erano le modelle. Se non eri importante non potevi entrare: per Flavio, tuttavia, la porta era sempre spalancata. Non si faceva mancare nulla: aveva una Rolls, poi si comprò una Mercedes. Aveva un cameriere e un cuoco personale.
Eravate ricchi, insomma. Lei faceva la modella, ma Flavio? Quale era il suo lavoro?
Oh, ne aveva vari. Innanzitutto, faceva l’agente di cambio: lavorava in Borsa.
Lavorava da solo, o per conto di altri imprenditori?
Non lo so esattamente. So che aveva delle sue aziende. Lavorava con altre due persone: uno si chiamava Giorgio Patroncini, l’altro Franco Bonaccorso. Erano in tre: tre soci.
E poi, chi altro frequentavate?
Bè, frequentavamo un sacco di gente. A Milano, intendo. Emilio Fede, Achille Caproni, Bettino Craxi anche. E poi, tante donne, tanta gente: tutta la bella società dell’epoca.
Briatore frequentava Craxi?
Sicuro. Andammo a cena con lui, una sera. Me lo ricordo bene, perché per quell’occasione Flavio mi comprò un vestito di Yves Saint Laurent. La cena si tenne a casa di Craxi, o a casa di un suo amico intimo, ora non rammento. C’erano dodici persone.
Ma Flavio parlava con Craxi? I due si conoscevano?
Sì, sì, parlavano. Certo che si conoscevano. C’era anche Emilio Fede, quella sera. Ecco, ricordo che rimanemmo lì fino a tardi: tanto per cambiare…
Emilio Fede e Flavio Briatore dovevano essere molto amici.
Sì, certo. Emilio era un tipo parecchio simpatico, mi faceva molto ridere. Scherzava sempre.
Che a lei risulti, mentre voi stavate assieme, Flavio non ha mai frequentato un certo Gaetano Corallo?
Gaetano? Ma certo, Gaetano: come no? Tutti lo chiamavano Gaetanino. Sì, sì, l’ho conosciuto anche io. Era un tipo molto simpatico, anche se un po’ duro. Non parlava inglese. Veniva a casa nostra a Milano, ogni tanto. Siamo stati anche a cena fuori. Era il 1981, il 1982.
E un certo Rosario Spadaro?
Il nome mi dice qualcosa, sì. Ma non ricordo di più.
Entrambi sono stati indagati per mafia: si occupavano di casinò…
Mafia? My god, mio dio. Io ho paura della mafia. A me la mafia non piace.
Come siete arrivati a Saint Thomas?
È molto difficile da spiegare. Ecco, ci proverò: noi vivevamo a Milano, sempre in piazza Tricolore. Flavio a un certo punto, andò a Parigi per affari. Io andai a Milano a prendere le valigie. Dunque, ero in casa nostra, ed ero da sola. Sentii suonare alla porta. Andai ad aprire e c’erano tre uomini della polizia. Entrarono nell’appartamento e cominciarono a interrogarmi. Mi avranno interrogato, in tutto, per tre o quattro ore: volevano sapere cosa faceva Flavio quando era in casa, volevano sapere se giocava a carte, se giocava d’azzardo. Cose di questo tipo. Hanno perquisito l’appartamento e ricordo che volevano vedere la cassaforte. Dopodiché, se ne sono andati via.
E lei che cosa fece?
Bè, chiamai Flavio. Gli raccontai tutto. Lui mi rispose: “Parti subito, vieni a Parigi da me. Ce ne andiamo a Saint Thomas”. E così è stato. Dopodiché, siamo rimasti lì, perché lui non aveva altra scelta: non poteva più tornare in Italia. Questo, almeno, è quello che mi ha raccontato. Ricordo che mi disse: ‘Beba non ti preoccupare’, perché Beba era il mio nomignolo.
È la faccenda del gioco d’azzardo. Abbiamo letto le sentenze. Briatore ha avuto un processo, è stato condannato, ed è dovuto restare all’estero.
Sul serio? Flavio ha avuto un processo? Non lo sapevo. Io non ho mai visto Flavio giocare a carte. Facevamo tante feste, ma non si giocava mai. Andavamo ogni tanto al casinò: due o tre volte siamo stati a Montecarlo. Ma niente di più.
Non le raccontò del suo passato, non le disse del gioco d’azzardo e non le disse del processo?
Proprio no. Flavio mi disse che aveva qualche problema, ma niente di più. Non mi disse che c’era un processo.
A quanto risulta, anche Caproni aveva una villa a Saint Thomas. Lei lo sapeva?
Bè, che dire? Non credo che si tratti di un caso: può darsi, anzi, che stiamo parlando della stessa villa. Prima che arrivasse Flavio, se non ricordo male, la casa era di Caproni. Penso che sia così…
La collaborazione tra Briatore e Benetton è un tema interessante. Il suo ex marito cominciò a lavorare per l’imprenditore veneto solo dopo il vostro trasferimento, e non prima. È esatto?
Sì, sì. Esatto. Flavio aveva parecchie amicizie in America, e aiutò Luciano ad aprire tutti i suoi vari negozi, anche qui a New York.
E com’era la vostra vita a Saint Thomas?
Facevamo una vita bellissima. Flavio aveva questa barca molto veloce: si chiamava Azzurro.
C’era anche un locale, il celebre Jimmy’z…
Sì, sì: il Jimmy’z. Se Flavio lo aprì, fu anche per merito mio: fui io, infatti, a presentargli Régine Zylberberg.
Com’era il Jimmy’z?
Bè, era a dir poco enorme. C’erano duecentocinquanta posti per mangiare all’esterno, vicino alla piscina. Dentro, invece, c’era spazio per duemilacinquecento persone, ed era sempre pieno. Il giorno dell’inaugurazione vennero Régine, Philippe Junot e John Travolta. Fu qualcosa di indimenticabile.
Lei e Flavio Briatore avete divorziato dopo oltre quattro anni di matrimonio, nel novembre del 1987.
Ci siamo lasciati perché io non ero più innamorata di lui, né lui di me. Posso chiedere una cosa? – mormora – cos’è questa storia della macchina che è esplosa?
La macchina di Dutto, intende dire?
Sì, Dutto, certo: la macchina di Dutto.
Per quale motivo vuole sapere di Dutto?
Ah, è molto semplice. Flavio portava sempre una sua collanina, una collanina che era appartenuta a questo signore. Vedi, Beba – mi ha detto un giorno –, io porto questa collanina. È di un vecchio amico mio.

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