Società

L’ALIQUOTA PRODI RILANCIA
I CERTIFICATI
DI DEPOSITO

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(WSI) – «Il nostro programma di governo prevede un allineamento della tassazione di tutti i redditi da capitale intorno al 20 per cento». A ribadirlo, ieri, è stato il leader dell’Unione, Romano Prodi. Che cosa comporterà questo provvedimento, ovviamente nel caso in cui il centro-sinistra vincesse le elezioni politiche di aprile?

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Le banche italiane, al proposito, avrebbero già un’idea precisa: torneranno prepotentemente di moda i certificati di deposito. Del resto, a oggi, questa categoria è tassata con un’aliquota del 27% (contro il 12,5% delle emissioni obbligazionarie oltre i 18 mesi). Ed è pressoché ovvio che ridisegnare lo schema di tassazione la renderebbe più competitiva.

Come funzionano esattamente i certificati di deposito? Sono dei titoli emessi dalle banche con strutture cedolari molto variegate. Possono essere a tasso fisso, variabile, oppure veri e propri strumenti strutturati. In quest’ultimo caso, Bankitalia ha imposto un rendimento annuo garantito dell’1 per cento. Il resto del coupon può essere invece indicizzato, a discrezione della banca emittente, a un paniere particolare (per esempio esempio valutario). I certificati di deposito, ironia della sorte, avevano subìto un brusco ridimensionamento nel 1996. Quando l’aliquota sui certificati con scadenza superiore a 18 mesi era stata innalzata dal 12,5% al 27,5% per frenare un business eccessivamente vantaggioso per le banche, che – a parità di durata – offrivano strumenti con rendimenti inferiori ai titoli di Stato e con strutture talvolta poco trasparenti per il pubblico retail.

Adesso, tuttavia, i certificati di deposito potrebbero tornare in auge. Non solo grazie all’allineamento delle aliquote proposto da Prodi, ma anche in virtù delle mille incertezze legate alla nuova normativa sui prospetti dei bond bancari. Non c’è dubbio, infatti, che nonostante il grande sforzo profuso dalla task force dell’Abi (insieme alla Consob) per adeguarsi alla legge sul risparmio, l’impasse persista. E dopo il 18 maggio (quando scadrà la seconda proroga concessa dal governo), le obbligazioni retail emesse dagli istituti di credito potrebbero subire un rallentamento. Con conseguenze negative per la raccolta degli stessi istituti, che – finora – hanno fatto provvista con i conti correnti, ma grazie anche ai bond bancari.

In questo contesto la parziale detassazione dei certificati di deposito rappresenterà, insomma, un’autentica ciambella di salvataggio per il sistema bancario italiano. Poiché garantirebbero un canale di finanziamento significativo agli istituti di credito e, al tempo stesso, sarebbero bene accolte dai risparmiatori, in virtù dell’aliquota fiscale favorevole.

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