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Julius Baer favorevole alla auto dichiarazione fiscale dei clienti

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New York – Nel 2011 Julius Baer non ha sottoscritto alcun accordo con gli Stati Uniti in merito al braccio di ferro sul fisco e sulla trasparenza dei conti dei clienti della banca svizzera.

Dopo che due ex collaboratori dell’istituto sono stati incolpati a inizio ottobre dalla procura di New York, forse sarebbe meglio cambiare rotta e costituire una garanzia alla clientela che accontenti le richieste del fisco americano e che passi per l’autodichiarazione fiscale.

E’ questa l’opinione non solo degli analisti in materia di evasione e paradisi fiscali, ma anche di Boris Collardi, numero uno del gruppo svizzero, che in un’intervista al quotidiano Le Temps ha osservato che “per prendere una tale decisione abbiamo effettuato una valutazione sulla base delle norme compatibili con il fisco Usa, per capire qual e’ la possibilita’ e l’ammontare da determinare per stabilire una misura simile”.

“Siamo arrivati alla conclusione che non abbiamo ancora tutti i dati a disposizione per definire il tipo di misura con una certezza assoluta. I nostri contabili e l’autorita’ di controllo dei mercati finanziari, la Finma, sono dello stesso avviso”.

Nel dettaglio Collardi si dice “a favore dell’idea di una autodichiarazione fiscale dei clienti. Un’idea che sembra molto semplice a formulare verbalmente, ma che in pratica presenta molto questione ancora da chiarite”.

Ad esempio, spiega il numero uno della banca, “una semplice dichiarazione verbale del cliente sara’ sufficiente? Quali documenti saranno richiesti al cliente? Il principio si applichere’ ai nuovi clienti o anche ai clienti esistenti? Quali tempi saranno accordati per una regolarizzazione degli averi? Perche’ non fare una norma negli altri paesi? Se la borsa svizzera esige l’autodichiarazione, allora il principio dovrebbe valere anche a livello internazionale”.

Julius Baer ha inviato delle informazioni alle autorita’ americane circa le sue attivita’ ma non circa i suoi clienti. In particolare i dati riguardavano l’evoluzione delle attivita’ in Usa, l’accompagnamento del processo di uscita dal mercato, e elementi simili.

“Si tratta di informazioni procedurali, storiche. Allo stesso tempo, non e’ stata trasmessa alcuna informazione sui collaboratori o i clienti della banca”, spiega Collardi.

“Se gli americani vogliono ottenere delle informazioni sui clienti, per fare una simile richiesta dovranno sfruttare il vecchio trattato di doppia imposizione”.

La Confederazione svizzera ha deciso di trasmettere dati criptati alle autorita’ Usa. Ma la misura, secondo gli analisti, rischia di rallentare il percorso che porterebbe a un accordo su scala globale.