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J.P. MORGAN LO CONSIDERA MORTO, 24 MESI DI ODISSEA

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David Jokinen ha 67 anni, abita a Houston in Texas, fa l’ agente immobiliare. Ma, soprattutto, è vivo e vegeto. Una constatazione non da poco: gli ultimi 24 mesi, infatti, li ha passati cercando di convincere la sua banca, la J.P. Morgan Chase, di godere di buona salute e di non essere morto come riportato, invece, dai computer stipati nel quartier generale dell’ istituto di credito. Ventiquattro mesi da incubo.

Dall’ aprile del 2001 fino ad un pomeriggio di pochi mesi or sono – quando una televisione locale di Houston ha lanciato nell’ etere il suo lamento – l’ imprenditore cresciuto all’ Università di Harvard e al Massachussets Institute of Technology ha dovuto lottare contro i mulini a vento della burocrazia bancaria e il delirio mediatico-finanziario degli anni 2000.

Formalmente deceduto, nell’ aprile del 2001, per errore di un dipendente di J.P. Morgan Chase – che aveva attributo a Jokinen la morte della madre Catherine, cliente 95enne della banca – l’ agente immobiliare texano ha iniziato la sua battaglia per essere riconosciuto prima vivo e poi abilitato ad accedere ai servizi finanziari per condurre un’ esistenza normale. Difficile, infatti, che un morto possa comprare auto con la sua carta di credito, accedere a prestiti, pagare il mutuo per rifinanziare l’ acquisto della propria abitazione. Soprattutto se finisce nel gorgo inestricabile delle comunicazioni statunitensi.

Nel mondo interconnesso dell’ economia americana, la segnalazione a J.P. Morgan dell’ errore (nell’ ottobre del 2001) non è stata sufficiente ad eliminare i problemi. Una volta partita la notizia del decesso verso le principali società di credito – nel caso di David Jokinen, la Experian Information Solution, la TransUnion e la Equifax – tutte le centrali operative di queste aziende e le miriadi di altre imprese sempre legate al credito, hanno inserito nei loro database l’ informazione relativa alla sua morte, riverberata – poi – su tutti i terminali delle agenzie specializzate nella raccolta di dati sui consumatori.

In pratica, l’ intero universo del credito e del finanziamento – su cui si basano gli acquisti in America – ha riconosciuto come morto Jokinen, impossibilitato, quindi, a svolgere le normali transazioni finanziarie. Anche perché, quasi si trattasse di una spirale perversa, J.P. Morgan Chase, pur a conoscenza dell’ errore, ha fatto morire più volte il suo cliente: sui database della banca, automaticamente, sono ricomparse per mesi le notizie della morte da parte delle agenzie di credito, decretandone una volta di più il decesso.

Per spezzare il circolo – oltre al salvifico intervento televisivo – Jokinen ha dovuto farsi riconoscere dall’ Amministrazione texana del Social Security (l’ equivalente del codice fiscale italiano) come una persona viva. Una cosa non facilissima: la procedura di attestazione in vita non era mai stata presa in considerazione e ha richiesto tempo perché venisse espletata.

Così, a due anni dal primo errore commesso da J.P. Morgan Chase, Jokinen – che si è guadagnato la vetrina del Wall Street Journal – è riuscito a tornare ad una esistenza normale: per il disturbo ha deciso di citare legalmente la sua banca chiedendo un risarcimento per il denaro perso in questi 24 mesi e stimato in circa 250.000 dollari.