ROMA (WSI) – Negli ultimi quattro anni i derivati sono costati all’Italia 16,9 miliardi. E non è finita qui: si profila un salasso ancor più elevato in futuro, che non è condiviso dal debito pubblico di altri paesi.
È quanto denuncia la trasmissione Report.
Nel solo 2014 i contratti derivati, strumenti di finanza ‘creativa’, hanno pesato negativamente sul bilancio pubblico per circa 3,6 miliardi, secondo i dati Istat.
Per entrare nell’euro, secondo il patto di stabilità e crescita (PSC) sottoscritto nel 1997 dagli stati membri dell’Ue, bisognava avere un deficit del 3%.
In Italia – che non era la sola a sforare il tetto – era del 7,4%. Uno dei metodo utilizzati per poter rientare nei paramentri è stato il ricorso all’uso di contratti derivati, comprati per esempio da Morgan Stanley.
Ancora oggi e nel prossimo futuro lo stato dovrà pagare con miliardi di euro gli effetti collaterali di contratti stipulati a partire dagli Anni 90.
“Secondo le voci rassicuranti dei nostri ministri – dice il programma Rai – si tratta solo di un’assicurazione sul nostro debito (i titoli derivati in fondo servirebbero a questo )”. Ma la situazione non è così sotto controllo come si vuol far credere.
Come ha portato alla luce il giornalista investigativo Claudio Gatti in un’inchiesta pubblicata sul Sole 24 ore, l’operazione è di fatto “un favore alle banche d’affari internazionali, un buco clamoroso per le nostre casse” al suon di miliardi pagati ogni anno.
Nell’articolo si parla anche di ministri e vice responsabili dello scandalo, che dopo aver sbagliato tutte le previsioni su Pil e crescita “girano la porta e trovano un posto di lavoro presso le stesse banche”.
“Le banche avevano esperti abituati a strutturare e valutare derivati molto complessi, mentre il Tesoro era alle prime armi”.
Insomma, dice l’inchiesta del Sole, è stata fatta “una scommessa altamente rischiosa, resa ancora più imprudente da una clausola che concedeva alle banche la chiusura anticipata” dei contratti.
A parte l’errore enorme, emerge che tutto è stato fatto in segreto e senza che sia rintracciabile un responsabile: “I contribuenti hanno pagato operazioni finanziarie fatte dai gestori del debito senza essere mai state rese note, né tanto meno spiegate” e le decisioni sono avvenute “senza un vero titolare», cioè da dirigenti e tecnici che rispondevano solo al direttore generale o al ministro del Tesoro in carica”.
Il Sole elenca chi si è succeduto nei posti al Tesoro nel periodo durante cui i contratti sono stati firmati: Mario Draghi, Domenico Siniscalco, Giuliano Amato, Carlo Azeglio Ciampi, Giulio Tremonti e Tommaso Padoa-Schioppa.
Quest’ultimo oggi è deceduto, Draghi è supergovernatore a Francoforte, Siniscalco è vicepresidente proprio di Morgan Stanley (curioso), Amato è alla Consulta, Ciampi e Tremonti non hanno più cariche.
Uno di loro (o forse più di uno) è il responsabile politico di questo massacro ai danni degli italiani. Ma “nessuno di loro si è mai fatto carico delle scelte tecniche fatte dai gestori del debito”.
Dopo le polemiche e i sospetti, il Tesoro ha annunciato un cambio di strategia che consisterà nella ristrutturazione o chiusura graduale di alcune posizioni rivelatesi troppo costose con il forte ribasso dei tassi di interesse.
(DaC)