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ITALIA=ARGENTINA FT=CLUB DEI GUFI

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Il contenuto di questo articolo esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – Non ci sono mai piaciuti i
soloni stranieri che hanno
la ricetta “giusta”per l’Italia
e ce la propongono a ogni pie’
sospinto.Questo giornale ha criticato
la copertina dell’Economist
che voleva «licenziare» Berlusconi
non perché non ne condividesse
l’obiettivo, ma perché ci disturbava
lo stile.Oltre tutto,gli intelligentissimi
analisti del più intelligente
global magazine non avevano
capito granché (come dimostra
il risultato elettorale).

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Oggi
possiamo dire altrettanto sull’articolo
del Financial Times
. Evocare
l’Argentina è quanto di più
vieto e qualunquista si possa immaginare.
Certo poco degno dell’acume
di Wolfgang Munchau,
acutissimo commentatore dell’FT
(che sia detto per inciso appartiene
a Pearson, lo stesso editore
dell’Economist). Ma se analizziamo
la sostanza dell’articolo,
su molti punti, purtroppo, ha ragione.
Il primo è che questo risultato
elettorale è il peggiore possibile.
Senza una chiara maggioranza
non si capisce come Prodi potrà
governare. Un’osservazione
lapalissiana, ma vera. Così come
quella che oggi non c’è bisogno
soltanto di una buona politica
congiunturale per acchiappare,
almeno per la coda, la ripresa tedesca,
ma di profonde riforme
strutturali che consentano di recuperare
competitività.

Munchau osserva che il problema
di fondo per l’Italia è «di
non essere pronta a una vita
nell’Unione monetaria». E non
si tratta solo dei parametri di
Maastricht. Ma dei parametri
dell’economia reale. Ancor più
del debito pubblico, inquieta un
costo del lavoro cresciuto del
20% rispetto alla Germania e
che continua a salire del 3%
l’anno. Il taglio del cuneo fiscale
proposto da Prodi avrà l’effetto
N di una svalutazione, quindi potrà
favorire il recupero dell’export
verso Germania e Francia
(dove vanno due terzi dei nostri
prodotti). Ma il sollievo è momentaneo.

Già dopo un anno
tornerà ad emergere lo squilibrio
di fondo che s’annida nel
sistema produttivo e nei servizi.
Se la diagnosi è giusta, allora
le riforme fondamentali riguardano
il mercato del lavoro e le relazioni
contrattuali. Guarda caso,
proprio quelle sulle quali si è manifestata
già una rigidità assoluta
da parte di Rifondazione,della sinistra
radicale e del segretario generale
della Cgil. Tutti hanno
messo un’ipoteca pesante sul futuro.

L’articolo di Munchau ci
rende un pessimo servizio quando
prevede «che gli investitori
istituzionali inizino ad assumere
scommesse speculative sulla partecipazione
italiana all’euro entro
la durata del governo Prodi». O
Munchau gufa o specula. Ma ha
ragione nel puntare l’indice sulla
debolezza di fondo di una maggioranza
risicatissima, minata in
più da una «deriva leftist», come
l’ha chiamata Montezemolo.
Dunque,smaltiti i nostri eroici furori
nazionali, andiamo al sodo.

L’Unione non potrà più coprirsi
dietro a un dito, dicendo che è
tutta colpa di Berlusconi. Il divario
di competitività riguarda le
imprese e il centrosinistra.Adesso,
si gioca in casa e il gioco si fa
subito duro. Prodi dovrebbe rispondere
a tono. Come? In due
modi: verso la sua coalizione,
lanciando un messaggio di coerenza,
quindi criticando le posizioni
di Epifani, e opponendosi
agli aut aut preventivi di Rifondazione
contro la legge Biagi;
verso l’esterno rivelando finalmente
chi sarà Mr. Confidence,
l’uomo che reggerà l’economia e
darà fiducia ai mercati.

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