Economia

Istat, nel 2009 peggiora incidenza indebitamento netto sul Pil (2)

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(Teleborsa) – Confrontando le spese per consumi finali in rapporto al Pil dei paesi europei l’Italia presenta una percentuale (21,6 per cento) inferiore di mezzo punto rispetto alla media dei paesi dell’area euro e di 0,8 punti rispetto alla media dell’insieme dei paesi Ue. I paesi nord-europei, Danimarca (29,7 per cento), Paesi Bassi (28,2 per cento), Svezia (28,1 per cento) e Finlandia (25,1 per cento), presentano la più alta incidenza della spesa per consumi finali sul Pil, mentre le incidenze più basse sono quelle di Bulgaria (16,2 per cento), Lussemburgo (16,7 per cento) e Romania (17,6 per cento). Nel 2009 le entrate totali sono diminuite dell’1,9 per cento, interrompendo la tendenza alla crescita degli ultimi anni. Tuttavia, a causa della caduta del Pil, l’incidenza su quest’ultimo è pari al 47,2 per cento, in aumento rispetto al 46,7 per cento dell’anno precedente. La componente di gran lunga più rilevante delle entrate complessive (oltre il 90 per cento) è rappresentata dal prelievo fiscale e parafiscale (imposte e contributi sociali). La pressione fiscale complessiva rispetto al Pil è aumentata, passando dal 42,9 per cento del 2008 al 43,2 per cento del 2009. Tale risultato è l’effetto di una riduzione del Pil superiore a quella complessivamente registrata dal gettito fiscale e parafiscale, la cui dinamica negativa (-2,3 per cento) è stata attenuata da quella, in forte aumento, delle imposte di carattere straordinario (imposte in c/capitale), cresciute in valore assoluto di quasi dodici miliardi di euro. Infatti, fra le imposte straordinarie sono classificati i prelievi operati in base al cosiddetto “scudo “fiscale”, per un importo di circa 5 miliardi di euro, e i versamenti una tantum dell’imposta sostitutiva dei tributi, che hanno interessato alcuni settori dell’economia, in particolare quello bancario. Tutte le altre componenti del prelievo fiscale sono risultate in calo: le imposte indirette del 4,2 per cento (dopo essere diminuite già del 4,9 nel 2008), le imposte dirette del 7,1 per cento e i contributi sociali effettivi dello 0,5 per cento. La flessione delle imposte dirette è dovuta essenzialmente al calo del gettito Ires (-23,1 per cento) rispetto al 2008, mentre quella delle imposte indirette ha risentito delle significative diminuzioni del gettito dell’Iva (-6,7 per cento) e dell’Irap (-13,0 per cento). L’andamento dei contributi sociali effettivi riflette la tenuta delle retribuzioni lorde, dovuta alla lieve crescita dell’importo medio pro-capite, che ha parzialmente compensato la flessione dell’occupazione. L’incidenza sul Pil del prelievo tributario e contributivo dell’Italia risulta pari a quello rilevata in Francia e inferiore a quella di Belgio (45,3 per cento) e Austria (43,8 per cento), oltre che rispetto ai paesi scandinavi, i cui più evoluti sistemi di welfare hanno storicamente richiesto un maggiore ricorso alla fiscalità generale. Danimarca e Svezia, infatti, presentano i valori più elevati della pressione fiscale (rispettivamente 49,0 per cento e 47,8 per cento), mentre quelli più bassi si riscontrano in Lettonia (26,5 per cento), Romania (28,0 per cento), Slovacchia e Irlanda (29,1 per cento), Lituania (29,3 per cento) e Bulgaria (30,9 per cento). Lo stock di debito pubblico italiano in rapporto al PIL dopo il calo rilevato nel 2007, ha proseguito la crescita già registrata nel 2008, aumentando di quasi 10 punti percentuali rispetto all’anno precedente e attestandosi al 115,8 per cento, valore molto prossimo a quelli rilevati alla fine degli anni’90. Nel confronto con i paesi dell’Ue, lo stock di debito pubblico italiano in percentuale al Pil continua ad essere il più alto, a fronte del 73,6 per cento rilevato in media Ue-27. Il vincolo del 60 per cento, stabilito dal Trattato di Maastricht e dal Patto di stabilità e crescita, è stato superato da Grecia (115,1 per cento), Belgio (96,7 per cento), Ungheria (78,3 per cento), Francia (77,6 per cento), Portogallo (76,8 per cento), Germania (73,2 per cento), Malta (69,1 per cento), Regno Unito (68,1 per cento), Austria (66,5 per cento), Irlanda (64,0 per cento) e Paesi Bassi (60,9 per cento).