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Inflazione Italia, a maggio sale del 6,8%. Allarme di Confindustria sul caro energia

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Dopo il rallentamento di aprile, l’inflazione torna ad accelerare a maggio, salendo a un livello che non si registrava da novembre 1990. In particolare, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, ha registrato un aumento dello 0,8% su base mensile e del 6,8% su base annua (da +6% del mese precedente) in lieve calo rispetto alla stima preliminare, che era +6,9%.

Lo rivelano i dati Istat, secondo cui l’accelerazione dell’inflazione su base tendenziale, dopo il rallentamento di aprile, si deve ai prezzi di diverse tipologie di prodotto e in particolare dei beni energetici, la cui crescita è passata da +39,5% di aprile a +42,6% a causa degli energetici non regolamentati (da +29,8% a +32,9%), e i cui effetti e si propagano sempre più agli altri comparti merceologici, i cui accresciuti costi di produzione si riverberano sulla fase finale della commercializzazione.

Accelerano infatti i prezzi al consumo di quasi tutte le altre tipologie di prodotto, con gli alimentari lavorati che fanno salire di un punto la crescita dei prezzi del cosiddetto “carrello della spesa” che si porta a +6,7%, come non accadeva dal marzo 1986 (quando fu +7,2%).

Inflazione acquisita per il 2022 è a +5,7%

L’inflazione acquisita per il 2022 è pari a +5,7% per l’indice generale e a +2,4% per la componente di fondo. L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) registra un aumento su base mensile dello 0,9% e del 7,3% su base annua (da +6,3% nel mese precedente), confermando la stima preliminare.

L’“inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, ha segnato un aumento da +2,4% a +3,2% e quella al netto dei soli beni energetici da +2,9% a +3,6%.

Su base annua accelerano sia i prezzi dei beni (da +8,7% a +9,7%) sia quelli dei servizi (da +2,1% a +3,1%). In particolare aumentano i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona (da +5,7% a +6,7%) e quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +5,8% a +6,7%).

L’allarme di Confindustria sul caro energia

I dati dell’Istat arrivano all’indomani dell’allarme arrivato dal Centro Studi di Confindustria secondo cui l’Italia rischia di pagare uno dei conti più alti dai rincari del costo dell’energia. Si parla di costi tra 5,7 e 6,8 miliardi in più al mese, tra 68 e 81 in più l’anno. Per il solo settore manifatturiero, le spese stimate si aggirano tra 27,3 e 31,8 miliardi in più l’anno.

Secondo le stime di Viale dell’Astronomia, in confronto a Francia e Germania, “l’Italia è il paese dove la crisi energetica rischia di produrre i maggiori danni”, determinando un aumento del divario di competitività con i principali partner europei.