Economia

Ispettori Fmi a Roma. PDL: ‘Silvio, dimettiti’

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CANNES – Alle otto di sera, nel salotto di palazzo Grazioli, la bandiera bianca viene alzata dall’ultimo uomo da cui il Cavaliere si aspetterebbe il colpo: Gianni Letta. “Silvio, i numeri sono questi, forse è arrivato il momento di farsene una ragione”. Berlusconi è stanco, fissa i suoi interlocutori. Ha davanti a sé Denis Verdini, Letta, Angelino Alfano e Paolo Bonaiuti. Li guarda senza davvero capire quello che gli stanno dicendo. È finita. Ha passato la notte precedente a trattare con Obama e Sarkozy, ora gli stanno dicendo che la fine della sua stagione politica è stata decisa da Stracquadanio e Bertolini. Ma è così.

Denis Verdini, l’uomo che ha garantito nell’ombra tutte le trattative con i parlamentari, stavolta ammette che i numeri non ci sono più. Se si votasse domani sul rendiconto dello Stato i numeri si fermerebbero a 306 deputati. Ma il coordinatore stavolta è anche più pessimista: oltre a quelli che sono già andati via c’è anche un’altra area di dissenso, un’area grigia di una quindicina di deputati pronti a staccarsi dalla maggioranza, portando così la conta finale a 300. Sarebbe la fine. Sono ore drammatiche, il premier incassa questi numeri ma non ci sta. Si ribella, alza la voce. E prova a resistere. “Non ci credo. Li chiamerò uno ad uno personalmente. È tutta gente mia, mi devono guardare negli occhi e dirmi che mi vogliono tradire. Io lo so che sono arrabbiati, è gente frustrata, si rompono le palle a pigiare tutti i giorni un pulsante, ma non hanno un disegno politico. Ci parlerò”. Verdini e Alfano non condividono l’ottimismo del Cavaliere e stavolta non hanno paura a dirlo: “Ci abbiamo già parlato noi, è stato inutile”.

Berlusconi li ascolta, a volte sospira e sembra rendersi conto della gravità della situazione. Per la prima volta le sue certezze traballano, inizia a prendere in considerazione l’impensabile. “Io potrei anche lasciare il posto a qualcun altro, come dite voi. Se vedessi un nuovo governo potrei fare un passo indietro, il problema è che non lo vedo”. E tuttavia i suoi uomini insistono. La pressione per allargare la maggioranza all’Udc è sempre più forte. Nel governo, nella componente dei forzisti, ormai è un coro. E non resta molto tempo, le lancette corrono veloci. Martedì si voterà il Rendiconto dello Stato, poi probabilmente partirà una mozione di sfiducia. A quel punto sarà troppo tardi. Così, nella lunga notte di palazzo Grazioli, viene elaborata una strategia per affrontare i prossimi passaggi. Prendendo in considerazione i numeri ma anche l’insistenza del Cavaliere nel provare a resistere. Viene studiato un possibile atterraggio morbido. Da oggi a lunedì Berlusconi farà le sue telefonate ai ribelli e le sue convocazioni. Prima del voto alla Camera verrà fatto un ultimo controllo, un check nome per nome, tracciando il bilancio definitivo. Sarà in quel momento che verrà presa la decisione finale perché, se i numeri saranno ancora negativi, al Cavaliere hanno consigliato di andarsi a dimettere senza passare per un voto di sfiducia.

“Possiamo anche andare allo scontro – gli hanno spiegato Alfano e Letta – ma se perdiamo, e stavolta è probabile che perdiamo, la palla passa agli altri. A quel punto possiamo solo subire”. Al contrario, se Berlusconi si decidesse a pilotare il passaggio con delle dimissioni volontarie, continuerebbe a essere il regista dell’operazione. Spianando così la strada a un nuovo governo, a maggioranza Pdl, a cui il Terzo polo non potrebbe dire di no. Un governo guidato da Gianni Letta o Mario Monti. A quel punto la vera incognita sarebbe la Lega. Anche di questo si è discusso a via del Plebiscito, ipotizzando che Roberto Maroni possa restare al Viminale. La strada del voto anticipato, il mantra ripetuto fino a ieri da Berlusconi e dallo stato maggiore del Pdl fin dentro lo studio del capo dello Stato, non viene nemmeno preso in considerazione. Serve alla propaganda, ma i sondaggi sono impietosi. Per il Pdl andare alle urne in questa situazione sarebbe un naufragio rovinoso.

Al contrario, nel caso il Cavaliere accettasse di favorire il passaggio a un governo diverso, per il centrodestra si aprirebbero opportunità vantaggiose. “Con Gianni Letta a palazzo Chigi – hanno spiegato al premier – allarghiamo l’alleanza a Casini e possiamo decidere noi se andare al voto tra sei mesi o tra un anno. Quando ci conviene di più”. Ma anche se Napolitano incaricasse Mario Monti per un governo di “salvezza nazionale”, con una dura agenda di sacrifici – quella tracciata ieri a Cannes con l’Ue e il Fondo monetario – per il Pdl e Berlusconi ci sarebbero vantaggi. “Avremmo tutto il tempo di riorganizzarci e preparare la candidatura di Alfano nel 2013”. Inoltre si alleggerirebbe la responsabilità per il micidiali tagli che dovranno essere approvati. E resterebbe solo Mario Monti come artefice della purga.

Altre strade, nonostante Berlusconi resista, non ci sono. “Oggi siamo a 306, ma potremmo finire a 300”, gli hanno ripetuto in coro. L’unica incognita a questo punto resta la data dell’attacco che sarà scelta dall’opposizione. C’è chi pensa martedì, chi punta alla settimana successiva. Tra il Pd e l’Udc su questo punto non c’è identità di vedute. Bersani vorrebbe assestare subito il colpo, sul Rendiconto dello Stato (lasciando che ad approvarlo sia un nuovo governo). Al contrario Pier Ferdinando Casini ormai è convinto che la partita sia già vinta. E tanto vale far passare il Rendiconto con un’astensione, portando l’assalto finale qualche giorno più tardi. Sempre che Berlusconi, come lo imploravano ieri i suoi, non decida di anticiparli e gettare la spugna da solo. (di Francesco Bei)

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Cannes – La frase sta rimbalzando di Twitter in Twitter in un crescendo ‘cinguettio’ dopo ‘cinguettio’. Secondo quanto riferito dal blog del ‘Financial Times’, che sta seguendo in diretta i lavori del G20, il ministro dell’Economia Giulio Tremonti avrebbe detto al premier: “Lunedì ci sarà un disastro sui mercati se tu, Silvio, resti. A torto o a ragione, il problema per i mercati e per l’Europa sei tu”.

Il problema dell’Italia e’ la mancanza di credibilita’ delle misure annunciate. Lo ha detto il direttore generale del Fondo monetario internazionale, Chrisitne Lagarde, in conferenza stampa al G20 di Cannes. ”Il problema, che e’ stato chiaramente identificato dalle autorita’ italiene e dai suoi partner – ha detto la Lagarde – e’ una mancanza di credibilita’ delle misure che sono state annunciate”. Il direttore generale dell’Fmi ha inoltre aggiunto di aver accolto con soddisfazione la richiesta dell’Italia di monitorare l’avanzamento delle riforme annunciate, specificando che una missione del Fondo inziera’ il suo ruolo di certificazione entro la fine di novembre. Inoltre, ha avvertito la Lagarde, il Fondo avra’ un atteggiamento ”laborioso, impegnativo e rigoroso” nella sua attivita’ di monitoraggio. (ASCA-AFP)

Il problema dell’Italia è che manca di credibilità. Lo ha affermato il direttore del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde al termine del G20 a Cannes. Questo mentre oggi è emerso che l’Italia ha respinto un’offerta di aiuto del Fmi, mentre ha invitato l’istituzione di Washington a effettuare un monitoraggio trimestrale sull’attuazione delle sue misure di risanamento e riforma. (fonte TMNews/Afp)

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ROMA – Il premier Silvio Berlusconi assicura: andiamo avanti, la maggioranza è solida e chi la abbandona tradisce il Paese. Poi afferma: in Italia non vedo la crisi.

«Mi sembra che in Italia non ci sia una forte crisi. La vita in Italia è la vita di un Paese benestante, i consumi non sono diminuiti, per gli aerei si riesce a fatica a prenotare un posto, i ristoranti sono
pieni», ha sostenuto il premier nella conferenza stampa al termine del G20.

Poi il premier è tornato ad accusare il governo di Romano Prodi per il cambio lira-euro, fissato più di un decennio fa a 1936,27. «Con l’adozione dell’euro si sono verificati degli impoverimenti di una fascia consistente della popolazione italiana», ha detto Berlusconi, che poi però subito dopo ha precisato: «Non è colpa dell’euro ma è colpa del cambio euro-lira fatto da quel governo che è stato penalizzante per l’Italia».

Abbandondare la maggioranza è «un atto di tradimento non verso il Pdl, ma verso il Paese», ha poi sottolineato il premier durante la conferenza stampa al G20 di Cannes in Francia.

«Gli scontenti torneranno sulle loro posizioni», ha proseguito Berlusconi. «Sono persone che ritengono di essere state scavalcate, sono reazioni molto umane e molto comprensibili ma sono sicuro che quando incontrerò queste persone ritorneranno sulle loro posizioni», ha aggiunto Berlusconi.

«Con l’attuale architettura istituzionale italiana, che è fatta per rendere difficili le decisioni, io credo che il ricorso alla fiducia sia una fatto quasi obbligatorio e quindi continueremo a porre la fiducia», ha quindi precisato Berlusconi.

«Bisogna attuare tempestivamente gli obiettivi sottoscritti a Bruxelles, rimasti generici o controversi. Vanno attuati, rafforzati e anche arricchiti. Non si può ripartire ogni mese con nuove indicazioni e prescrizioni – ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano – Parliamoci chiaro, nei confronti dell’Italia è insorta in Europa, e non solo in Europa, una grave crisi di fiducia. Dobbiamo esserne consapevoli e sentircene, più che feriti, spronati nell’orgoglio e nella volontà di recupero. L’Italia non può dare segni di scarsa determinazione e affidabilità. Questo è stato, mi pare il segno positivo delle conclusioni di Cannes».

Bersani: «Berlusconi oggi ha detto cose che non oso neanche commentare, tanto mi sembrano stellarmente lontane dalla situazione reale. Ho ascoltato battute che fanno abbastanza rabbrividire. Cose agghiaccianti nella situazione in cui siamo – dice il segretario del Pd – C’è la descrizione di una situazione che non corrisponde ai fatti. La gente che va ai ristoranti, la fuga dai titoli che è passeggera, dice che ci hanno offerto soldi e che noi non li abbiamo voluti. Sono cose agghiaccianti nella situazione in cui siamo».

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Il monitoraggio all’Fmi e alla Commissione europea sull’applicazione delle misure annunciate e’ stato chiesto dall’Italia perche’ il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è consapevole dei dubbi dei mercati. Lo ha detto il presidente francese, Nicolas Sarkozy, in conferenza stampa al G20 di Cannes.
“Berlusconi – ha detto Sarkozy – e’ consapevole dei dubbi che i mercati hanno sull’applicazione del piano e quindi ha chiesto una sorta di monitoraggio a questo piano”.

Ma nel prendere la parola, Berlusconi ha fatto il possibile per rassicurare i mercati affermando che “non siamo assolutamente preoccupati dal debito” e che al Fmi è stata chiesta la certificazione sulle riforme”. Per dirla con il ministro dell’economia Giulio Tremonti, al suo fianco nel corso della conferenza stampa, è stato chiesto di “verificare via assistenza tecnica l’effettivo avanzamento delle riforme, ma non lo stato dei conti pubblici”.

Tremonti ha ribadito che l’Italia ha domandato tale assistenza “per rendere più trasparente il processo delle riforme” e l’avanzamento delle stesse, e il premier ha confermato di nuovo l'”impegno dell’Italia a realizzarle”.

Detto questo, il presidente del Consiglio ha anche detto che “l’economia e le banche italiane sono solide” e ha dipinto uno scenario tutt’altro che pessimistico: l’Italia “è un paese benestante”, i “consumi non sono diminuiti, i ristoranti sono pieni, sugli aerei a fatica si trovano posti” e anche le mete delle vacanze “sono piene”. Ancora, “se andate in Italia non vi accorgerete che il Paese sente qualcosa che possa assomigliare a una grande crisi”.

“Siamo un’economia forte – ha aggiunto – la terza d’Europa e la settima del mondo, la vita in Italia è quella di un paese benestante”.

Gli italiani, insomma, “non sentono la crisi nel modo spasmodico che appare nell’opinione giornalistica e nella rappresentazione che fanno i giornali”. “Siamo consapevoli – ha aggiunto – che da quando c’è l’euro si sono verificati impoverimenti di una fascia importante della popolazione italiana. Oggi con 80 euro si torna dal supermercato con un carrello che non contiene molte cose. Con 80mila lire c’erano nel carrello tante cose. Non è colpa dell’euro ma del cambio lira-euro fatto da quel governo a un livello che da sempre abbiamo ritenuto incongruo e penalizzante per l’Italia”.

E suulla credibilità dell’Italia ha detto, rispondendo a una domanda: “C’è un problema di credibilità che dipende dal passato antico dell’Italia, è un problema che ci trasciniamo da tanto tempo, ma che non dipende da me”.

Sull’istituto del ricorso alla fiducia, rispondendo alla domanda di una giornalista, il premier ha affermato che “l’apposizione della fiducia è un atto di coraggio, perchè nel momento in cui non si ottiene la fiducia il governo è costretto a dimettersi”. E ha aggiunto che “il ricorso alla fiducia è un fatto quasi obbligatorio”.