ROMA (WSI) – Mojtaba Ahmadi, comandante del quartiere generale della guerra cibernetica in Iran, è stato assassinato con colpi di arma da fuoco. Il suo corpo è stato ritrovato nella zona periferica della città di Karaj, a nord-ovest della capitale Teheran.
Stando a quanto ricorda il sito Telegraph, a partire dal 2007 cinque scienziati nucleari e il numero uno del programma di missili balistici dell’Iran sono stati uccisi.
Il regime ha accusato il Mossad, l’agenzia di intelligence israeliana di aver organizzato e portato avanti gli omicidi.
Sabato scorso è stata l’ultima volta che Ahmadi è stato visto vivo, mentre lasciava la sua abitazione per recarsi al lavoro; è stato ritrovato più tardi con due proiettili che lo hanno colpito al cuore, stando a quanto riporta Alborz, sito legato al Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche.
“Ho potuto vedere due ferite da armi da fuoco sul suo corpo e la gravità delle ferite indicherebbe che è stato assassinato da vicino con una pistola”, ha riferito al sito un testimone.
La pagina Facebook delle guardie rivoluzionarie ha confermato che Ahmadi era stato uno dei loro capi, e messaggi di condoglianze sono stati pubblicati; ma gli utenti hanno anche avvertito che tali messaggi potrebbero mettere a repentaglio la sicurezza nazionale dell’Iran.
“Smettete di dare informazioni su di lui. I controrivoluzionari sfrutteranno questo assassinio”, ha scritto un utente.
Si indaga nel frattempo sul delitto. La divisione dell’Imam Hassan Mojtaba del Corpo delle guardie rivoluzionarie ha avvertito che al momento “è prematuro speculare sull’identità dei responsabili della sua morte”. Tuttavia, è noto che i precedenti omicidi hanno colpito importanti esponenti delle forze di sicurezza dell’Iran.
L’ultima vittima è stata Mostafa Ahmadi Roshan, chimico che lavorava presso l’impianto per l’arricchimento dell’uranio a Natanz, ucciso lo scorso gennaio, quando saltò in aria insieme alla sua macchina.
L’Iran è stato accusato più volte di aver portato avanti diversi attacchi cibernetici in Occidente. Shashank Joshi, esporto del Royal United Services Institute ha sottolineato che “gli attacchi cibernetici dell’Iran contro Israele e altri paesi della regione rappresentano una minaccia crescente, ma non vengono ancora considerati un vero e proprio attacco violento, dunque sarebbe significativo lasciare questo evento nell’ambito della guerra cibernetica”.
Detto questo, le guardie rivoluzionarie sono state accusate anche di mettere la loro esperienza al servizio del regime siriano.