Ipo: dai fasti del 2000 alle vacche magre del 2001. Il crollo delle borse e il perdurare di un sentiment negativo preannunciano un anno povero di IPO.
Alcuni analisti sono scettici per l’immediato futuro: “e chi si arrischia più a presentare o a sottoscrivere Ipo? – esordisce l’analista di una primaria Sim milanese – dopo i ribassi degli ultimi mesi verrebbe accolta male anche un’azienda appetibile con ottimi bilanci e forti potenzialità di crescita. Non siamo più nel 2000, il sentiment del mercato è cambiato”.
Trader e banche interpellate da WallStreetItalia non si fanno illusioni e alla luce dei pochi collocamenti avvenuti in borsa in questi primi mesi del 2001 sono convinti che quest’anno di Ipo ne vedremo poche.
Lo scorso anno, secondo i dati forniti da Borsa SpA, sono state presentate 54 domande di ammissione in borsa, delle quali 34 per il Nuovo Mercato. Di tutte queste richieste due sono poi state ritirate, quella di Fiamm e quella di Sitcom; un’altra, quella di Finmatica, non ha comportato in realtà un collocamento, ma semplicemente il passaggio dal telematico al Nuovo Mercato.
A oggi, nel 2001 sono stati fatti solo tre collocamenti: PCU (Vedi Ipo: PCU Italia, le card italiane vanno in borsa), Acegas (Vedi Ipo 2001: l’anno inizia con l’energia di Acegas)
e Datalogic (Vedi Nuovo Mercato: opv Datalogic per crescere in USA), che ha debuttato sul Nuovo Mercato il 28 marzo.
In confronto, nei primi tre mesi del 2000, IMMSI si è scissa da Sirti ed è andata sul listino, CDB Web Tech è passata sul Nuovo Mercato, ma era una scissione da Aedes, non un collocamento, e il 30 marzo 2000 e.Biscom, si è collocata in borsa. Insomma, tre nuove società in borsa, quante ne abbiamo avute quest’anno per ora.
Ma il primo trimestre, spiegano l’ufficio Nuove Emissioni di Banca Euromobiliare, una delle banche che curano per i clienti i collocamenti in borsa, non fa testo come indicatore di quante Ipo ci saranno quest’anno.
“Questo periodo dell’anno storicamente non è dei migliori – dicono a Banca Euromobiliare – in genere si tende ad aspettare la chiusura dell’esercizio precedente e le prime trimestrali; il grosso, se c’è, viene dopo, ma è chiaro che tutto è condizionato dal sentiment generale”.
Se la borsa tira il numero dei collocamenti è maggiore, e i collocamenti sono più redditizi per tutti: per le aziende che rastrellano denaro sul mercato e per le banche che guadagnano dalle commissioni.
L’anno scorso le Ipo sono rallentate assieme al declino delle borse iniziato a marzo.
Secondo Mediobanca nei primi sei mesi del 2000 ci furono 52 collocamenti, dei quali 32 sul Nuovo Mercato, per 17.998 miliardi di lire ma nel secondo semestre 2000 le Ipo rastrellarono solo 6.551 miliardi di lire.
In assoluto, dal 1998 a oggi, l’anno più prolifico è stato comunque il 1999: in tutto ci sono stati collocamenti per complessivi 52.072 miliardi di lire ripartiti tra i 13.168 miliardi di lire del primo semestre e i 38.904 miliardi di lire del secondo.
Ma il sentiment negativo degli ultimi mesi ha spinto molte società ad abbandonare la quotazione in borsa a favore di emissioni di obbligazioni. Per esempio, ciò è accaduto dopo il flop di Orange, il ramo di telefonia mobile di France Telecom. Dice Antonio Federico di Dresdner Kleinwort Albertini Sim che “aziende come Telecom Italia, British Telecom, Deutsche Telekom, per attirare i risparmiatori sono state costrette a ricorrere alle obbligazioni, che offrono rendimenti sicuri”.
La domanda ora è: abbiamo toccato il fondo e siamo vicini a un punto di svolta per un ritorno alle azioni?
Per Erasmo Paolella, di Cofimo Sim, non è ancora il momento: “c’è una correlazione storica tra le Ipo e i momenti boom della borsa. I collocamenti avvengono sempre o in prossimità dei minimi, prima del rimbalzo o, più spesso, in prossimità dei massimi”.
Secondo Paolella deve prima concludersi il passaggio all’obbligazionario; poi, quando il grosso dei piccoli investitori avrà comprato obbligazioni vendendo azioni a prezzi bassissimi, il mercato tornerà a salire.
Mediobanca non si sbilancia, ma ammette la possibilità di un rallentamento quest’anno perché “solo quando la borsa è positiva gli investitori recepiscono maggiormente l’invito a spendere soldi, e le aziende l’invito a lanciarsi a caccia di capitali”.