Gli investimenti netti in azioni americane da parte degli stranieri sono scesi in modo preoccupante nel secondo trimestre di quest’anno a $8,6 miliardi, livello più basso dal 1995.
Nei primi sei mesi gli investimenti sono stati di $19,6 miliardi, molto al di sotto degli anni precedenti: nell’intero 2001 gli investimenti provenienti dall’estero in azioni americane furono di $108 miliardi, nel 2000 addirittura di $246 miliardi.
A scoraggiare gli investitori esteri ha contribuito sicuramente la debolezza del dollaro e, quindi, il timore di incappare in perdite nel tasso di cambio al momento del disinvestimento.
Il saldo sul mercato dei capitali è particolarmente importante per gli Stati Uniti, che devono compensare un saldo perennemente negativo nelle partite correnti (il saldo della bilancia dei pagamenti, che riassume tutti i movimenti di denaro di un paese con l’estero, è dato dal saldo della bilancia commerciale e dal saldo dei movimenti di capitale).
Proprio ieri i dati sulla bilancia commerciale hanno mostrato un saldo passivo in crescita, che ha raggiunto il livello record di $130 miliardi.
Ma il problema della fuga dei capitali sembrerebbe non riguardare solamente gli investitori esteri.
Da un sondaggio condotto da A.T. Kearney, una società di consulenza per le imprese, risulta, infatti, che per la prima volta dal 1998 (anno in cui fu commissionato il primo sondaggio) gli amministratori delegati delle società Usa hanno preferito investire sui mercati stranieri, invece che sul mercato interno degli Stati Uniti.