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(WSI) – Quest’anno la coltivazione del papavero da oppio in Afghanistan ha registrato un incremento del 61%. La notizia, annunciata dalla Casa Bianca, rappresenta un discreto contrattempo per USA e NATO, entrambi “impegnati” a debellare il business della droga nel paese.
Il previsto raccolto record è considerato una grazia divina per i resuscitati talebani, accusati dagli ufficiali americani di destinarne il ricavato all’acquisto di armi e al coinvolgimento di nuovi adepti.
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Venerdì 1 dicembre, l’ufficio della politica nazionale per la lotta agli stupefacenti della Casa Bianca (“White House Office of National Drug Control Policy “) ha fatto sapere che, attualmente, in Afghanistan circa 172.600 ettari vengono adibiti alla coltivazione del papavero da oppio: un incremento del 61% rispetto al 2005.
Le due province meridionali di Helmand e Oruzgan, dove i talebani si stanno effettivamente riorganizzando, sono le principali responsabili del boom. La coltivazione dei papaveri in queste zone è aumentata dall’anno scorso del 132%, rispetto ad una ben più limitata crescita (18%) nelle altre 31 province del paese.
La Casa Bianca non nasconde il proprio disappunto.
“Anche se il 2006 è stato un anno eccezionale per l’estirpazione del papavero da oppio, la notizia dell’aumento della coltivazione netta è piuttosto scoraggiante”, ha affermato John Walters, direttore dell’ufficio antidroga.
Walters riconosce che l’esplosione del “settore” minaccia la stessa stabilità interna dell’Afghanistan, ribadendo che per farvi fronte “è necessario operare per una riduzione significativa” del traffico illegale.
L’assistente del Segretario di Stato Usa, Anne Patterson, condivide, dichiarando che “bloccare la coltivazione e il traffico di oppio è fondamentale per introdurre la legge in Afghanistan”, e fa sapere che continuerà a collaborare con il governo afgano e i membri NATO per far sì che il business dell’oppio non sfugga ulteriormente di mano.
La stima sulle coltivazioni si basa su immagini via satellite ottenute dal governo statunitense. L’entità della coltivazione “prevista” porta a credere che il prossimo anno sul territorio afgano potrebbero essere prodotte qualcosa 5.644 tonnellate di oppio – un incremento del 26% rispetto alla stima dello scorso anno. La Casa Bianca ricorda che ila raffinazione della materia prima permetterebbe ai trafficanti afgani di introdurre nel mercato mondiale circa 664 tonnellate di eroina pura.
Contrariamente al 2006, nel 2001, l’ultimo anno di vita del regime talebano, in Afghanistan si dedicavano alla coltivazione di oppio “solo” 1.685 ettari.
Prima dell’invasione Usa, i leader talebani avevano dichiarato che coltivare oppio era peccato, senza esitare a punire impietosamente i trasgressori. Gli ufficiali americani affermano che il movimento integralista avrebbe cambiato approccio, non potendo rinunciare alla droga come fonte finanziaria atta a sostenere la lotta contro le forze della coalizione.
Sempre secondo la Casa Bianca, le aree dedicate alla coltivazione dell’oppio sono aumentate da 30.750 ettari nel 2002 a 61.000 nel 2003, 206.700 nel 2004 e 107.400 nel 2005.
Lo stesso Ufficio Ovale assicura che gli Usa in Afghanistan rinnoveranno i propri sforzi per controbattere la recente e apparentemente incontrollabile espansione del mercato in questione. Tuttavia, una recente indagine condotta dalle Nazioni Unite e dalla Banca Mondiale sostiene che l’offensiva contro l’oppio finora ha avuto un esito limitato e non sostenibile.
Inoltre, si è ribadito che gli sforzi in tal senso sono in gran parte stati vani per via della corruzione che dilaga nel paese, e che di fatto non si è riusciti a contrastare il consolidamento del traffico della droga nelle mani di pochi potenti mediatori, forti di numerosi e notevoli legami ai piani alti della politica.
“La storia ci insegna che per liberare l’Afghanistan dall’oppio servirà una generazione intera”, ha sentenziato amaro Antonio Maria Costa, direttore esecutivo dell’ufficio Onu per la lotta agli stupefacenti e la prevenzione della criminalità.
di Maxim Kniazkov (Agence France Press)
Fonte: Agence France Press
Traduzione a cura di Lucia Catania per Nuovi Mondi Media