(9Colonne) – Roma, 5 set – Nel dibattito sull’opportunità di varare un nuovo indulto per affrontare il sovraffollamento delle carceri, La Stampa cita un recente studio, “The Incapacitation Effect of Incarceration: Evidence From Several Italian Collective Pardons” di Alessandro Barbarino e Giovanni Mastrobuoni, ricercatori del Collegio Carlo Alberto di Torino (disponibile su www.carloalberto.org), che ha analizzato statisticamente i cambiamenti nel numero e nelle tipologie di crimini successivi all’indulto del 2006 e agli atti di clemenza degli ultimi 40 anni: Da quale emerge che, in base ai dati dell’Abi, nel mese successivo all’indulto del 2006, le rapine in banca che nell’anno precedente avevano segnato una linea decrescente, sono addirittura raddoppiate. “I dati Istat – sottolinea Mastrobuoni – mostrano che dopo i vari atti di clemenza susseguitesi dal 1962 a oggi, i crimini che aumentano più marcatamente sono le rapine in banca, lo spaccio di stupefacenti, le frodi, i furti e persino gli omicidi”. Ricorda quindi che “prima dell’indulto del 2006 la popolazione carceraria italiana era pari a 60mila persone. Grazie all’indulto ne sono state liberate circa 26mila. Ma a giugno 2007 si era già tornati alla capienza regolamentare delle carceri, e cioè 43mila detenuti”. Infine sottolinea che “a fronte di una spesa media per detenuto calcolata intorno ai 70mila euro l’anno (oltre alle spese di mantenimento, in Italia è la sorveglianza dei detenuti ad avere un costo elevatissimo, con un rapporto di uno a uno tra secondini e carcerati), la società civile paga un prezzo stimato di 150mila euro in conseguenza dei crimini commessi in media dai detenuti che usufruiscono del beneficio di clemenza”.