L’uscita della Catalogna come unica opzione alla dichiarazione di indipendenza?
Le leggi per l’autonomia promulgate dal Parlamento catalano e la consultazione popolare illegalmente promossa dal Governo regionale, pur prive di effetti costituzionali, stanno portando ad un progressivo (e preoccupante) isolamento della Catalogna.
Per comprendere le origini della crisi, giova richiamare un precedente storico del 6 ottobre 1934, quando, nel corso della Seconda Repubblica Spagnola, Lluis Companys, presidente della Generalitat, dichiarò l’indipendenza della Catalogna dalla Repubblica Federale Spagnola. Allora, Companys fu arrestato e condotto in carcere dieci ore dopo il colpo di stato.
Oggi, per rispondere alle rivendicazioni autonomiste di Carles Puigdemont, il Governo Centrale non ha avuto altra scelta che decretare l’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione Spagnola, secondo cui: “Nel caso in cui una Comunità Autonoma non dovesse adempiere agli obblighi imposti dalla Costituzione o da altre leggi, o agisse in maniera tale da violare gravemente l’interesse generale della Spagna, il Governo, previa richiesta al Presidente della Comunità Autonoma e, in caso di mancato riscontro, mediante l’approvazione a maggioranza assoluta da parte del Senato, potrà adottare le misure necessarie al fine di imporre ad essa l’adempimento forzato di tali obblighi ovvero il rispetto del sopra menzionato interesse generale”.
In ottemperanza al principio costituzionale, il Governo della Generalitat è stato rimosso e sono state convocate nuove elezioni per il prossimo 21 dicembre.
Cosa significa tutto questo per le imprese presenti in Catalogna?
A causa del persistente clima di incertezza sul futuro della Comunità Autonoma, le multinazionali stanno adottando piani di riduzione della propria attività. Secondo lo studio legale e tributario internazionale Rödl & Partner – che in Spagna è presente con uffici a Madrid e Barcellona – occorre valutare con estrema cautela quanto meno la possibilità di trasferire le attività al di fuori della Catalogna, lasciando all’interno della Comunità Autonoma soltanto quanto indispensabile per la commercializzazione dei prodotti destinati al mercato locale. La soluzione al momento preferita dalle imprese estere presenti sul territorio sembrerebbe proprio quella del trasferimento della sede sociale e domicilio fiscale altrove.
I professionisti di Rödl & Partner attivi nella penisola iberica consigliano di mantenere in Catalogna semplicemente una filiale che si limiti a rendere servizi esclusivamente ai clienti catalani. Naturalmente, faranno eccezione i casi in cui per ragioni tecniche, economiche o organizzative, il servizio o il prodotto debba essere gestito in Catalogna, ad esempio laddove sia necessario l’intervento di personale o l’utilizzo di strumenti tecnici in quell’area.
Molte imprese, peraltro, ricorrono al cash pooling finanziario al fine di mantenere sui conti catalani unicamente la liquidità indispensabile in quel territorio, trasferendo, giorno per giorno, l’ulteriore liquidità presso filiali delle banche site in altre regioni della Spagna. Obiettivo – chiaramente – è quella di proteggersi dalla Generalitat che verrà nominata all’esito delle elezioni.
Il contesto storico, poi, rende assolutamente raccomandabile inserire in tutti i contratti commerciali e societari specifiche clausole sulla legge applicabile spagnola e il foro competente di Madrid, in modo da poter gestire in condizioni di maggiore stabilità qualsiasi controversia che dovesse sorgere tra le parti contraenti. In ogni caso – rassicurano gli avvocati di Rödl & Partner operanti in Spagna – il cambio della sede sociale e del domicilio fiscale sono di agevole attuazione, essendo a tal fine sufficiente una riunione del consiglio di amministrazione ed una rapida gestione della pratica dinanzi ad un notaio e alle Camere di Commercio della Catalogna.
Secondo l’ultimo dato ufficiale del Collegio dei Registratori, dal referendum del 1° ottobre sull’indipendenza della Catalogna, ben 2.066 società hanno già trasferito la loro sede al di fuori dalla Catalogna. A seguito dell’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione, il Presidente del Governo spagnolo, Mariano Rajoy, ha sconsigliato ulteriori trasferimenti di sede: la media delle ultime settimane, però, è di circa 100 imprese al giorno in fuga dalla regione. Un esodo.
Le società, in questo momento, non possono permettersi di operare nell’incertezza di diritto generata dai tentativi di secessione in Catalogna, i cui futuri sviluppo sono ignoti quanto gli impatti giuridici o fiscali che potrebbero derivarne. Minore è l’attività, minore è il rischio. D’altra parte, se il clima di sfiducia dovesse riflettersi in un calo degli investimenti, il Banco di Spagna e l’Autorità Indipendente di Responsabilità Fiscale hanno già fatto presente nelle loro ultime relazioni che la Catalogna, dopo gli ultimi anni di ripresa economica, potrebbe piombare in una fase recessiva.