Indignati: battaglia di Roma dei black bloc esportata dai No Tav in Val di Susa. Commenti lettori
In aggiornamento
(TMNews) – Black bloc addestrati in Val di Susa con i No Tav, mazze e bombe carta nascote lungo il percorso: è quello che scrive oggi il Corriere della Sera che indaga sulla preparazione delle violenze che sabato hanno devastato il centro di Roma e messo fine alla manifestazione pacifica degli Indignati. “Giovanissimi ma guidati da una precisa regia” secondo il quotidiano che usa le fonti della polizia e dei carabinieri che tentano di ricostruire i nomi e l’organizzazione dei 500 violenti di Roma (gli arresti sono stati solo una decina).
Punto primo, la maggioranza, scrive Fiorenza Sarzanini, è arriovata nella capitale sabato mattina; molti di loro “si sono addestrati con i No Tav in Val di Susa”. I loro comportamenti sono studiati con filmati e testimonianze. Punto secondo, il materiale degli assalti: lungo il percorso della manifestazione erano state sistemate buste bianche di plastica che indicavano dove si trovano le mazze e le bombe carte da utilizzare contro le forze dell’ordine e sulle vetrine sfasciate. Ma negli zaini c’erano anche fionde, biglie e sassi.
Punto terzo, l’uso di Internet: i giovani violenti si tengono in contatto via web. Insomma secondo l’articolo una battaglia preparata con cura da giorni. C’erano, si prosegue, almeno due blocchi di violenti: uno all’interno del corteo, l’altro ha puntato direttamente su piazza San Giovanni, teorica meta della manifestazione (che si è sciolta molto prima, senza festa nè interventi dal palco preparato) e luogo invece dei peggiori scontri. La media dei ragazzi coinvolti ha fra i 17 e i 25 anni. Manovrati forse dai più anziani con il progetto d far fallire la manifestazione pacifica, sottolinea il giornale.
Dal primo attacco partito alle 14.35 contro il supermercato Elite, gli assalti sono effettuati con azioni estemporanee che portano piccoli gruppi a uscire dal corteo e poi a rientrarvi subito per non essere fermati. E l’ordine impartito dal questore Tagliente vieta di intervenire all’interno del corteo per non mettere a rischio l’incolumità dei manifestanti. Anche quando gli assalti si fanno più frequenti si decide di aspettare prima di lanciare le cariche per non coinvolgere i manifestanti pacifici.
Così però il gruppo dei violenti si ricompatta e arriva indisturbato in piazza San Giovanni dove scoppieranno i peggiori scontri e dove già sarebbe stato pronto un altro gruppo per dare l’assalto alle forze dell’ordine in assetto antisommossa. Da lì in poi è guerriglia per altre tre ore di follia, fra idranti, lacrimogeni e le fiamme che avvolgono una camionetta dei carabinieri.
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BLACK BLOC: “GLI SBIRRI SAPEVANO CHI SIAMO”
ROMA – Il movimento «sa benissimo chi siamo. E sapeva quello che intendevamo fare. Come lo sapevano gli sbirri. Lo abbiamo annunciato pubblicamente». Sono le parole di F. un black bloc trentenne intervistato da Repubblica che racconta come la preparazione per gli scontri di Roma durante la manifestazione degli indignati vada avanti da un anno. «Abbiamo fatto un ‘master’ in Grecia», ammette F.
Che così racconta: «Per un anno, una volta al mese, siamo partiti in traghetto da Brindisi, con biglietti di posto ponte, perchè non si sa mai che a qualcuno viene voglia di controllare – afferma – E i compagni ateniesi ci hanno fatto capire che la guerriglia urbana è un’arte in cui vince l’organizzazione. Un anno fa avevamo solo una gran voglia di sfasciare tutto. Ora sappiamo come sfasciare. A Roma abbiamo vinto perchè avevamo un’organizzazione».
F. descrive al quotidiano i dettagli dell’ «organizzazione»: «eravamo divisi in due ‘falangi’. I primi 500 si sono armati a inizio manifestazione e avevano il compito di devastare via Cavour. Altri 300 li proteggevano alle spalle». «Ci hanno lasciato sfilare a via Labicana e quando ci hanno attaccato lì – prosegue l’anonimo black bloc intervistato da Repubblica – anche la seconda falange dei 300 ha cominciato a combattere. E così hanno scoperto quanti eravamo davvero», e poi a piazza San Giovanni «l’ultima sorpresa». «La sera di venerdì avevamo lasciato un furgone Ducato bianco all’altezza degli archi che portano a via Sannio – dice F. – Dentro quel Ducato avevamo armi per vincere non una battaglia ma la guerra». Quanto alle forze dell’ordine, F. afferma che «dal G8 di Genova in poi si muovono sempre più lentamente. Quei loro blindati sono bersagli straordinari. Prenderli ai fianchi è uno scherzo. Squarci due ruote, infili un fumogeno o una bomba carta vicino al serbatoio ed è fatta».
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(ANSA) – Si temeva un nuovo 14 dicembre, è stato peggio. E, su tutto, l’incubo del G8 di Genova, come in un assurdo anniversario delle violenze di 10 anni fa. Roma per un pomeriggio ostaggio di teppisti pronti a tutto pur di portare devastazione: blitz violenti consumati in un crescendo, dalle vetrine rotte e i negozi saccheggiati, fino alla battaglia in una Piazza San Giovanni avvolta da colonne di fumo che hanno oscurato perfino il ricordo delle violenze esplose durante il corteo degli studenti alla fine del 2010, in concomitanza con un voto di fiducia al governo in Parlamento.
Allora via del Corso e il cuore della Capitale furono messi a ferro e fuoco. Oggi è toccato a piazza San Giovanni, luogo simbolo di manifestazioni democratiche, che, per almeno tre ore, è stata preda della rabbia nera dei Black Bloc.
Il dispositivo di sicurezza deciso dalla Questura ha blindato i palazzi istituzionali – minacciati a dicembre scorso – e il centro storico, Fori e Colosseo compresi, ma non ha potuto impedire che i teppisti portassero la loro guerra fino a piazza San Giovanni, dove il corteo doveva concludersi. La loro è stata una vera escalation di violenza iniziata con blitz a via Cavour a suon di mazze per sfondare vetrine e petardi per incendiare banche, si è snodata lungo via Labicana, dove è stato dato alle fiamme un ex deposito militare con annessa un’abitazione privata, è arrivata a viale Manzoni e penetrata fino a Piazza San Giovanni.
Nell’incendio – ha riferito il ministro della Difesa Ignazio La Russa – un generale in pensione ha rischiato di morire bruciato vivo e si è salvato solo perché dei vicini lo hanno aiutato a fuggire, insieme alla moglie, con una scala dalla finestra. Fatti avvenuti nonostante le violentissime cariche, gli idranti per spazzare le resistenze, i blindati per distruggere le tante barricate fatte con qualunque arredo urbano: cassonetti, pali stradali, fioriere.
Il tutto costellato di auto incendiate, meglio se lussuose, meglio se Suv. Violenza portata fin dentro le chiese, come quella di san Marcellino e Pietro profanata con una statua della Madonna frantumata, e che si è scagliata contro chi ha tentato di ostacolarla, come un manifestante di Sinistra e Libertà e un cittadino, entrambi rimasti feriti. Poi, una volta arrivati a San Giovanni è stata guerriglia, studiata e giocata anche sui nervi, con blitz e barricate, pali stradali usati come arieti e fionde.
E tantissima violenza consumata tra i veri manifestanti terrorizzati, alla fine cacciati dalla piazza. Il fuoco e il fumo vicino alla Basilica del Laterano non si vedevano dagli attentati mafiosi del 1993. La battaglia del 15 ottobre ha avuto a lungo il suo epicentro nei giardini di fronte al sagrato di una delle basiliche più importanti della cristianità. Centinaia di giovani a volto coperto, molti vestiti di nero e con il casco in testa, hanno attaccato a ondate i contingenti di polizia, carabinieri e finanzieri confluiti sul posto. Hanno attaccato anche i blindati, senza paura. Hanno incendiato un mezzo dei carabinieri assaltandolo quasi a mani nude e costringendo i due militari a bordo a scappare per non finire bruciati.
Dietro di sé avevano lasciato una scia di distruzione su via Labicana, viale Manzoni e via Emanuele Filiberto. In quest’ultima, che porta a piazza San Giovanni, il manto stradale in certi punti appariva sventrato per fare dei sampietrini-proiettili. Dietro le vetrate dell’albergo President i turisti guardavano fuori sgomenti. Sul vetro i teppisti avevano scritto ‘Kill the President’.
Altri cittadini, sconvolti, si erano rifugiati in un portone. Una battaglia durata oltre cinque ore. Una battaglia di posizione con i teppisti pronti ad attaccare ad ogni carica, sempre più determinati e violenti. E i pochi manifestanti rimasti, arroccati sotto la basilica dopo avere tentato di fermare a parole i Black Bloc, urlando ‘Vergogna’ e applaudendo gli idranti in azione. In tarda serata le forze dell’ordine hanno la meglio. I teppisti si disperdono a via Merulana dopo barricate, roghi, un ponteggio in fiamme. La piazza è liberata. A terra restano vetri, sampietrini, bottiglie. A terra resta l’intenzione di una manifestazione pacifica e per un futuro migliore.
12 ARRESTATI PER GLI SCONTRI – Sono venti le persone fermate nel corso degli scontri di oggi a Roma e, di queste, dodici sono in stato di arresto. Tra loro giovani di Bari, Trento, Catania, Siracusa, Brindisi e Napoli. Sequestrati molotov e bastoni.
ALEMANNO, MARONI RIFERIRA’ AULA PROSSIMA SETTIMANA – “Ho parlato con il ministro Maroni che riferirà in aula la prossima settimana”. Lo ha detto il sindaco di Roma Gianni Alemanno, in piazza San Giovanni per un sopralluogo. Il sindaco ha riferito inoltre di aver parlato “più volte con il questore, che ogni mezz’ora mi riferiva di una situazione difficile”.