Società

IN UN PAESE
DI CIECHI LA TV
FA BEATO BONOLIS

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(WSI) – Al centro del dibattito (e delle polemiche), c’è ancora lui, sempre lui, il Paolino nazionale. Ma perché mai due grandi aziende come Rai e Mediaset si espongono a corteggiamenti ufficiali tanto vistosi, rischiando, l’una o l’altra, una così sonora sconfitta? Davvero i due contendenti sono tanto disperati da non potersi permettere, né l’uno né l’altro, di perdere il romano di Borgo Pio?

Venerdi’ scorso illazioni e smentite si sono susseguite per tutto il giorno. Addirittura Mediaset scende in campo pubblicamente contro Panorama. «Siamo sconcertati per l’articolo “Tutti i pacchi di Mister Bonolis” pubblicato a pagina 33 del numero di Panorama in edicola – si legge nella lettera dell’Azienda di Cologno Monzese – In poche righe sono concentrati una quantità stupefacente di errori, veleni e invenzioni riferiti alla nostra società […]». Poi anche Presta, presumibilmente per conto di Bonolis, e la Rai, smentiscono la notizia che il conduttore avrebbe già firmato con il Biscione. E che Affari tuoi è in partenza per Canale 5.

Sindrome pericolosa quella di puntare tutto su un uomo in grado da solo di «macinare tante ore di tv e dunque portare a casa tanti sponsor» spiega Carlo Freccero, ormai simbolo della censura Rai. L’ex direttore di Raidue, filosofo, amante della cultura francese, spiega che è solo «un altro modo di intendere la televisione, fatto prevalentemente in outsourcing. La questione non è certo Bonolis, è chiaro che lui è bravissimo. La questione piuttosto è il modello commerciale» di Rai e Mediaset. Ed è in questo contesto che il reality show diventa un «ipergenere che ibrida gli altri generi tv.

Il reality che con budget limitati coniuga narrazione, introspezione, interattività e voyerismo». Certo non sarà Freccero a fare l’affondo contro il reality, «non è quello il punto». Il punto invece è che in Italia si parla ancora di reality quando invece una delle questioni dei contenuti e dell’identità della tv riguarda «i grandi telefilm americani. Veri capolavori che nascono dal cinema. Hai visto i palinsesti di Sky? A parte il calcio e il cinema, tutto è costruito su questi grandi serial. Non riesco neanche a immaginare cosa sarebbe Sky senza quei capolavori». «Alla tv generalista è rimasta una grande forza: la diretta. Peccato che la usi solo per i reality.

Qui c’entra anche la censura. La diretta ora è come una bolla spaziale, il buco della serratura. Ma tutto questo ha molto a che fare con l’anomalia italiana». C’è stato il tempo di una forte differenziazione tra tv del servizio pubblico e quella della tv commerciale, poi la differenza la faceva la storia. Ora è «evaporata anche la memoria. La televisione è espressione di un pensiero unico. Nessuno lavora sulla differenza. La Rai è fondamentalmente subalterna, è implosa per colpa della censura e ancora di più dell’autocensura che può essere ancora più potente. Si è preferita la linea della sottrazione: hanno tolto Luttazzi come se Luttazzi fosse solo il caso Travaglio, non si vedono più i Guzzanti. La Rai ha ristretto il suo campo d’azione. Per non disturbare il narratore. Bonolis è solo il sintomo che in un paese di ciechi domina su tutti e riesce a trasformare Affari tuoi in un prodotto originale».

Freccero è fermo nel sostenere che quel che più manca è un «progetto editoriale, manca un’identità». Da dove deriva la mancanza di identità? «Viene da lontano, ma deriva dall’aver annullato le differenze editoriali delle singole reti. Negli anni della lottizzazione ciascuna singola rete aveva un punto di vista, esprimeva una visione del mondo differente. Ora si lavora sulla somma. Il modello è l’ammiraglia e tutte si assomigliano. Tutte completano Rai 1. E’ come se ci fosse una sola rete le altre attorno che ruotano». E Mediaset? «Mediaset vive nell’universo del mercato». Che è come dire che il Biscione ha guadagnato talmente tanto negli ultimi tre anni che può permettersi uno dei lussi più grandi per un’azienda che oltre ai profitti, produce contenuti. «La vera lotta è tra Mediaset e Sky. Ovvero tra un’idea che vuole ancora premiare il modello generalista e l’altro, quello di Sky, che vede premiata la politica dell’acquisto». Freccero qual è quella che preferisce? «Forse sono all’antica, ma quella Mediaset mi pare vincente. E poi loro i soldi li investono per la convergenza, ma al centro rimane la generalista».

Abbiamo iniziato con Bonolis, ancora in Rai, il ragionamento sull’identità. Alla Rai manca per un motivo, ma vedere la seconda serata di Canale 5 ridotta ogni sera a una programmazione casuale… E Bonolis in seconda serata? «Non credo esista una questione Ricci-Bonolis. E le interviste, anche quella a Tyson, sembravano prove generali. Non so nulla, ma insieme a qualche “prime time” la seconda serata la trovo perfetta per Bonolis, che è un uomo di televisione capace di reinventarsi uno spazio».

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