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IL TRADER DI FIORANI

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(WSI) – Nel panorama dei personaggi emersi nella vicenda Lodi-AntonVeneta, Gaudenzio
Roveda è un unicum. Non è mai stato un funzionario della Lodi, eppure
ha operato per anni a stretto contatto con il direttore finanziario Gianfranco
Boni. Non è mai stato considerato un «furbetto del quartierino», eppure ha
partecipato al concerto su AntonVeneta. Non ha mai avuto rapporti con i politici
amici della Popolare, eppure ha aiutato Boni e Fiorani a generare plusvalenze in
parte poi girate a quei politici.

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Ma soprattutto Gaudenzio Roveda è riuscito a rimanere relativamente lontano dai
riflettori mediatici, nonostante il volume di operazioni e di denaro da lui
gestito e generato sia stato enorme. Basti sapere che la Procura di Milano ha
chiesto alle autorità svizzere di congelare oltre 70 milioni di euro trovati su
un suo conto presso la Bipielle Suisse a Lugano. E che a Lodi sono stati
individuati altri 35 milioni di euro. Si tratta in entrambi i casi di
plusvalenze fatte operando per lo più su un unico titolo: Autostrade.

Al secondo piano della palazzina centrale del quartier generale della Banca
popolare italiana, poco oltre la porta a vetri dell’ufficio occupato fino
all’autunno scorso dal direttore finanziario Gianfranco Boni, c’è la Sala
Mercati. Dietro una porta chiusa. Era lì che Gaudenzio Roveda si sistemava due
o tre volte alla settimana. Di solito nel pomeriggio. Arrivava, posava il suo
zainetto e si piazzava al computer. Come fosse nel salotto di casa. Invece non
era neppure un dipendente della banca.
Figlio di un noto commercialista di Lodi che fino al 1999 era stato revisore dei
conti del gruppo di Fiorani, Roveda è sempre stato un ragazzo fuori dagli
schemi. Col suo codino, i suoi stivali e i suoi jeans con il cavallo alle
ginocchia. Ma il suo look a metà tra il cowboy e l’amante dello skateboard non
gli ha impedito di farsi la reputazione del genio della finanza. O meglio, della
speculazione finanziaria.

Adesso ha quasi quarant’anni, è sposato e vive in una cascina ristrutturata
fuori Crema. Ha ancora il codino, seppure siano già spuntati i primi capelli
grigi. Ma ha smesso di frequentare la Sala Mercati della banca che fu di
Fiorani. «Non esiste che un cliente si serva della Sala Mercati come faceva
lui», spiega un dirigente della Bpi. «Tra l’altro faceva operazioni con
derivati così grosse e complesse che lo stesso sistema informativo della banca
non riusciva a seguirle».

Con la nuova gestione Gronchi-Giarda la banca ha cambiato stile. E ha
detto basta a tutto ciò. La Popolare italiana è tornata a essere una banca
normale, e lui è tornato a essere un cliente come tutti gli altri.
Ma, all’epoca di Fiorani, era tutto fuorché un cliente normale. In
Procura a Milano si sta indagando per accertare se Roveda abbia affiancato in
molte operazioni il direttore finanziario, Boni, con cui aveva un rapporto molto
stretto, in una serie di operazioni speculative molto complesse. In particolare
quelle che produssero plusvalenze milionarie di cui poi hanno beneficiato
politici e amici vari.

«Roveda aveva un rapporto molto stretto con Boni. Tant’è che andò con
lui e Fiorani a Londra per fare un corso di inglese», rivela una persona che
partecipa alle indagini ma chiede l’anonimato.
Insomma è chiaro che il suo ruolo andasse ben oltre le normali attività
di trading. La dimostrazione più evidente è venuta tra il dicembre 2004 e il
gennaio 2005, quando Roveda ricevette dalla banca 80 milioni di euro per
acquistare 2,8 milioni di titoli Antonveneta, titoli che poi rivendette allo
schieramento guidato da Fiorani con una plusvalenza di 10 milioni di euro.

Boni stesso ha inoltre confessato agli inquirenti che Roveda avrebbe
partecipato ad almeno una delle tante operazioni di creazione artificiale di
plusvalenze. Riguardava il titolo Telecom. Secondo Boni, Gnutti gli chiese di
comprare quei titoli a prezzi di mercato, cosa che lui fece servendosi sia dei
conti gestiti dei soliti clienti privilegiati che della collaborazione di
Roveda. Dopodiché Gnutti comprò quei titoli a prezzi maggiorati generando
plusvalenze di 4,5 milioni di euro. Un terzo di quei profitti andò allo stesso
Gnutti, mentre il resto fu diviso tra i clienti della Lodi e Roveda.

Ma quella fu solo la prima di una lunga serie di operazioni in Borsa che Roveda
risulta aver fatto a partire dal 1999 con affidamenti o per conto di Fiorani e
Boni. In un’inchiesta durata alcuni mesi, «Il Sole-24 Ore» ha appurato che il
rapporto tra il trader e la banca di Lodi ha riguardato conti diversi e oltre
400 operazioni producendo plusvalenze per oltre cento milioni di euro.
La prima operazione significativa venne fatta nel 1999 sul titolo Telecom.
All’epoca della scalata di Gnutti e Colaninno. Fu in quell’occasione che Roveda
ottenne il primo grosso affidamento. «Il sodalizio iniziò allora, con un forte
supporto in fidi fatto alla vigilia dell’Opa su Telecom», conferma al Sole-24
Ore un ex dipendente della banca di Lodi.

Un anno dopo, nel 2000, Roveda concluse attraverso la banca di Fiorani una
fortunatissima operazione speculativa che, con un investimento di appena 2,3
milioni di euro, nel giro di una sola settimana gli fruttò oltre mezzo milione
di euro. L’operazione fu fatta su Consodata, un titolo quotato al Nuovo Mercato
di Parigi alla vigilia di un’Opa condotta dalla italiana Seat e fu così
“fortunata” da destare l’attenzione dell’autorità borsistica e della Procura
francese. Anche in questa operazione c’entrava la Telecom di Gnutti e Colaninno.
La Seat era infatti controllata da Telecom Italia.

Ma veniamo al titolo preferito da Roveda: Autostrade. «Calcoliamo che, a
partire dal 2001, il 70-80% dei volumi da lui trattati siano stati su
Autostrade», rivela un funzionario della Popolare italiana. «Il suo era un
vero e proprio utilizzo garibaldino di quel titolo», conferma un collega, che
aggiunge: «Dava l’impressione di andare a colpo sicuro su quel titolo. E 8
volte su 10 ci andava».
Nel 2002 Roveda cominciò a operare su Autostrade anche dalla Svizzera.
Servendosi però di una società di facciata, la Hd 2 Investments Limited,
entità registrata a Tortola, nelle Isole Vergini. Lo dimostra una procura da
lui firmata a Lugano l’11 marzo 2002, lo stesso giorno in cui la Bipielle Suisse
aprì il conto intestato a Hd 2 Investments.

L’informazione è stata peraltro
confermata alla Procura di Milano dall’ex funzionario della filiale svizzera di
Bpl Egidio Menclossi, una delle prime gole profonde di questa inchiesta.
Al Sole-24 Ore risulta che Roveda iniziò a operare grazie a un bonifico di 3
milioni di euro arrivati attraverso la Dresdner Bank di Francoforte. Dopodiché
usufruì di una serie di affidamenti da parte della stessa Bpl Suisse garantiti
da fidejussioni di Lodi.

Tra l’11 e il 15 marzo, la società gestita da Roveda comprò opzioni
Autostrade per 7,5 milioni di euro. È interessante notare che nei primi 20
giorni di marzo il titolo si tenne stabile tra gli 8,05 e gli 8,2 euro ma che
tra il 21 e il 25 di marzo salì del 5%, cominciando un’ascesa che lo portò a
rivalutarsi del 10% in meno di 40 giorni.
Per circa un anno, Roveda continuò poi a incrementare le sue posizioni
di rischio, grazie a nuovi affidamenti della Lodi che gli permisero di comprare
una valanga di opzioni su titoli Autostrade.

Ecco cosa scrisse Menclossi alla Commissione Federale delle banche svizzere nel
luglio del 2004: «Per quanto riguarda la posizione della società cliente Hd
2… questa è stata oggetto di un’operatività supportata dalla Banca Popolare
di Lodi in modo fittizio con… un’importante leva in derivati strutturata e
coordinata dalla direzione finanza della Banca popolare di Lodi che dava
disposizioni dirette alla sala operativa di Lugano… Si è permesso così di
generare plusvalenze in Ticino, nell’ordine di diverse decine di milioni di
franchi svizzeri in pochi mesi, sul titolo Autostrade Spa. Quest’ultima società
è stata oggetto nel periodo in questione di un’acquisizione tramite Opa da
parte del gruppo Benetton».

Sempre a riguardo delle anomalie di Hd 2, Menclossi ha descritto alla Procura di
Milano un’operazione contabile fatta il 15 maggio 2003, quando venne
«contabilizzato, fuori dal sistema informatico della Bipielle Suisse e con
totale falsificazione dei documenti utilizzati sia nella contabilità della
banca svizzera che nella Bpl italiana, un’operazione di trading costruita a
tavolino. Tale operazione è stata definita… per agevolare il sig. Roveda, il
quale è riuscito a creare contemporaneamente una minusvalenza di circa
9.500.000 euro in Italia e una plusvalenza dello stesso importo in Svizzera».

Poco dopo quell’episodio, la posizione Hd 2 venne chiusa. Ma questo non
significò la fine delle speculazioni fatte da Roveda attraverso la Bipielle
Suisse. Alla Procura di Milano Menclossi ha infatti rivelato che, immediatamente
dopo aver chiuso la relazione intestata alla Hd 2, ne aprì un’altra intestata a
una seconda società, anch’essa offshore, la Anassor. Che poi è il nome della
moglie – Rossana – letto al contrario.
Grazie a 30 milioni di euro in fidejussioni forniti da Lodi, Roveda continuò
così a lavorare da Lugano. Facendo cosa? Acquistando le solite opzioni su
Autostrade.

La ricorrenza di questo stesso titolo nelle operazioni condotte dal trader
lodigiano – e il fatto che le operazioni si siano concluse con enormi
plusvalenze – non può non sollevare sospetti. Il segreto del successo di Roveda
sta nella bravura? O è possibile che abbia avuto accesso a informazioni
privilegiate?
Opta per questo secondo scenario Egidio Menclossi. Nella lettera da lui inviata
alla Commissione federale delle banche svizzere scrisse infatti di ritenere che
«il beneficiario economico del conto (Hd 2) era in possesso di importanti
notizie confidenziali, in maniera tale da permettergli di effettuare
un’operazione che per dimensioni e strumenti utilizzati (derivati) è risultata
molto significativa».

«Il Sole-24 Ore» intendeva chiedere spiegazioni allo stesso trader. Abbiamo
insistentemente domandato al suo avvocato un incontro in cui potesse tra l’altro
illustrarci la natura dei suoi rapporti con la banca di Lodi. Ma Roveda ha
rifiutato.
Da parte sua la Procura di Milano è convinta che la questioni meriti
attenzione. Anche perché conta di stabilire se qualcuno possa effettivamente
aver fornito informazioni privilegiate a Roveda o Fiorani sul titolo Autostrade.

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