IL SUPER-MINISTRO E LO SPETTRO DEL ’29

di Redazione Wall Street Italia
16 Luglio 2008 12:38

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(WSI) – La crisi delle relazioni con il Pd non gli ha fatto cambiare idea né strategia e, nonostante la stagione del dialogo sembri accantonata, Tremonti ha intenzione di rilanciarla in vista di settembre, per «lavorare alla riforma del federalismo fiscale con l’obiettivo di vararla grazie anche al consenso dell’opposizione». Nessun pregiudizio, nessuna chiusura, «nonostante la materia — sottolinea il titolare dell’Economia — riguardi il settore tributario e dunque non potrebbe essere oggetto di referendum». Insomma, è chiara la volontà di non fare da soli.

Le parole di Tremonti sono un messaggio rassicurante rivolto anzitutto alla Lega, prima che un segnale distensivo inviato al Pd. E tendono a stemperare il grado di tensione tra Berlusconi e Bossi, in una fase segnata da ripetute stoccate tra i due alleati. Il superministro è in mezzo, tocca a lui mediare.

Sarà lui di qui in avanti al centro della scena, perché è sull’economia che si addensa quella «preoccupante nuvola» che — secondo Fini — «potrebbe avere effetti sul quadro politico» in autunno. Ecco perché Tremonti ha deciso di giocare d’anticipo con la manovra, e sa di dover sopportare pressioni nella maggioranza, che diventano di ora in ora sempre più forti: «Ma per capire quanto sia profonda la crisi — diceva ieri — basta guardare in tv le immagini che arrivano dagli Stati Uniti, la gente in coda davanti agli sportelli… Al contrario di altri, per tempo parlai dei rischi di un nuovo ’29».

Nel governo c’è chi — come Brunetta — contrasta «la tesi catastrofista »: «Non facciamo i piagnoni, per favore. Non diciamo che le famiglie in Italia non arrivano a fine mese. Evitiamo una crisi di fiducia, perché l’economia reale va, c’è dinamismo nel Paese. Non sottovaluto i segnali critici ma non drammatizzerei. Basta guardare le piccole aziende e il dato dell’aumento dei posti di lavoro».

È scontato che Tremonti non abbia intenzione di cambiare la linea, a lui si è affidato Berlusconi, «e a lui è necessario che la maggioranza dia piena fiducia», commentava il forzista Bruno prima della riunione dei deputati del Pdl con il Cavaliere. Nei gruppi la tensione è altissima, e proprio durante la riunione di ieri un parlamentare del Pdl ha avvisato il premier che il Cocer starebbe pensando a una manifestazione per protestare contro i tagli al comparto della sicurezza. Raccontano che Tremonti si sia infuriato: «Ma di cosa stiamo parlando… Di quali tagli… Non è vero». «Se non è vero allora comunichiamolo », lo ha esortato Berlusconi.

Tremonti conosce i numeri e la Lega, si muove da politico oltre che da ministro dell’Economia. Perciò ha deciso di agire su un doppio binario: da una parte assicurando il varo del federalismo fiscale e garantendo una salvaguardia per il Sud; dall’altra blindando la manovra su cui verrà posta la fiducia. Nelle scorse settimane aveva avvisato colleghi di governo e parlamentari che non avrebbe tollerato un assalto alla diligenza, «perciò è inutile che vi rivolgiate a Gianni Letta o a Berlusconi. Per me non cambierebbe nulla».

Ha accettato invece la proposta del titolare per le Infrastutture Matteoli — la sua «idea di buon senso» come l’ha definita il premier — di un tavolo tecnico per verificare dove e come possibilmente intervenire. Numeri e Lega è il doppio binario di Tremonti. E c’è un motivo se arrotonda gli spigoli con il Carroccio, se dice che «con Umberto va tutto bene, anzi benissimo»: «Dovevo andare con lui in Lapponia a seguire le partite di calcio della Padania».

È vero che il Senatùr fa affidamento su di lui, è con il Cavaliere che si è fatto sentire fin dall’estremo nord con alcune ruvide sortite. E ancora ieri Bossi indirettamente ha assestato una stoccata a Berlusconi, annunciando che Veltroni l’ha invitato — guarda caso insieme a Tremonti — a un convegno che si terrà a Firenze: «Siamo pronti a trattare su tutto, dal federalismo alla legge elettorale. Anche sulla giustizia».

Ecco il punto dolente. La Lega teme che la guerra sul fronte giudiziario radicalizzi lo scontro con il Pd e provochi la balcanizzazione del Parlamento, rendendo arduo il percorso della riforma a cui tiene più di ogni altra cosa. Ieri l’ennesimo affondo di Berlusconi contro la «magistratura politicizzata» e l’anticipazione del Guardasigilli Alfano — che per settembre prevede di presentare una profonda riforma della giustizia — hanno messo in fibrillazione i dirigenti leghisti.

D’altronde è proprio sul federalismo fiscale (e sulla sicurezza) che Bossi sta guadagnando credito nell’opinione pubblica. Lo conferma un sondaggio riservato del Pd secondo il quale il Carroccio ha sfondato questa settimana di un decimale il muro del 10%, a fronte di un nuovo calo nei consensi del governo e del premier, di un Pdl che fluttua intorno al 37,5%, e di un Pd ancora in discesa, accreditato del 31,1%.


Onori e oneri, Tremonti è consapevole di giocare due partite contemporaneamente, ma è fiducioso di vincerle entrambe. Da politico apre sul federalismo fiscale all’opposizione, da ministro dell’Economia sembra tenere in serbo una sorpresa. «Nessuno si aspetti in autunno la solita Finanziaria», mette sull’avviso. Però qualcosa in mano deve avere se sussurra che «sebbene la crisi sia profonda, l’Italia ha la possibilità di sopportare meglio di altri l’onda d’urto».

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