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Il ritorno di Volvo: la rinascita grazie ai cinesi

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STOCCOLMA (WSI) – Rinasce dalle ceneri la Volvo, la casa automobilistica europea fondata nel 1927 in Svezia. Dopo la grave crisi avvenuta ad inizio decennio che l’ha portata sull’orlo della bancarotta, nei primi tre mesi del 2016 la Volvo ha raggiungo un margine operativo – parametro che misura la redditività  – da 0 a +7,5%.

Il settore storico di produzione della Volvo è quello dei veicoli cosiddetti premium, arrivando ad essere il quinto produttore europeo. Fino a qualche anno fa la Volvo produceva macchine molto sicure ma dai più considerate poco belle esteticamente, “boxy” come le definiscono gli inglesi, ossia “squadrate”. Questo perchè la casa svedese ha puntato più sulle prestazioni e sui consumi che sulla bellezza delle sue vetture.

Negli Stati Uniti le Volvo hanno avuto il “marchio” di essere le auto preferite dagli aristocratici di sinistra. Nel 2001 una ricerca ha confermato che la Volvo C30 era la seconda auto preferita dagli elettori del Partito democratico dopo la Honda Civic Hybrid. Negli anni Novanta la Volvo e la Saab, un’altra casa automobilistica svedese, vennero acquistate rispettivamente dalla Ford e dalla General Motors, ma le acquisizioni non andranno nella giusta direzione. Mentre la Saab andrà in bancarotta, la Volvo riuscirà a salvarsi con la cessione al gruppo cinese Geely Holding Group, società senza alcuna esperienza nel settore auto. Ma a dispetto dei pronostici non certo rosei, dopo 6 anni da quell’accordo da 1,8 miliardi di dollari, la Volvo è rinata. Lo stesso fondatore e ad del gruppo Geely, Li Shufu ha detto di aver ridato libertà alla Volvo che durante la cessione alla Ford era diventata una sua succursale, senza possibilità di svilupparsi.

E le previsioni sono ottimistiche: la Volvo potrebbe arrivare all’obiettivo di 800mila auto vendute entro il 2020 ma deve fare  conti con i suoi acerrimi nemici, BMW, Mercedes-Benz e Audi, dei colossi nel segmento premium. Ciò significa che la casa automobilistica svedese non può permettersi di sbagliare nessun modello.

Fonte: Il Post