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(WSI) – Come una lattina usata, la parola regime, che ad alcuni era servita per definire l’era di Berlusconi (televisioni più giornali, più ricchezza, più partito, più maggioranza, più corruzione, più conflitto di interessi, più governo) ogni tanto viene presa a calci, nel corso di conversazioni occasionali. Questa volta l’occasione è stata la breve è vivacemente discussa “alleanza d’affari” tra Carlo De Benedetti e Silvio Berlusconi. È durata poco. La nuvola nera si è dissolta. Carlo De Benedetti ha fatto sapere che non c’era non ci sarà nessuna alleanza, né di principi né di affari (la Repubblica, 6 agosto).
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Ma è bastato quel primo drammatico annuncio per far parlare di “sdoganamento” di Berlusconi, per diffondere uno strano senso di sollievo a proposito della parola “regime”.
Lucia Annunziata (prima pagina della Stampa del 2 agosto) esprime quel sollievo così: ma allora avevano ragione coloro che erano convinti che «l’antiberlusconismo non può assumere tutta l’iniziativa della politica» e aveva torto «un’area radicale invece convinta – in una visione della storia verticistica (e feticistica) della “eccezionalità” costituita da Berlusconi, ultimo di una lunga serie di leader politici, da Andreotti a Craxi, incompatibili con la democrazia».
Qui c’è un piccolo pasticcio (o una trovata retorica) che bisogna subito chiarire. Nessuno degli anti-berlusconiani che hanno provocato la famosa lista di 500 citazioni contro di lui, esibita e denunciata da Berlusconi per settimane, si è mai sognato di mettere il nome di Berlusconi accanto a quelli di Andreotti o di Craxi. I feticisti di cui parla Lucia Annunziata, avevano ben presente la “eccezionalità” di Berlusconi, dal punto oscuro in cui inizia la sua ricchezza fino alla occupazione del Parlamento attraverso una maggioranza succube che vota “con la fiducia” (ovvero senza una osservazione, un emendamento, una parola) leggi che cambiano un’epoca. Non si sono mai sognati di accostarlo ad Andreotti o a Craxi, indipendentemente dal giudizio o dalla valutazione storica dei due personaggi.
Eccezionale è chi, in un dato momento, controlla un Paese e tutta la ricchezza di quel Paese, le sue televisioni e tutte le televisioni. Eccezionale è chi fa quello che gli conviene e poi esonera se stesso con leggi ad personam. Eccezionale è uno che da lontano, con una sola frase, licenzia (come esempio per tutti) il giornalista più prestigioso d’Italia (Enzo Biagi) e fa tacere all’istante il più popolare (Santoro) perché lo infastidivano (lui diceva, e anche questo è eccezionale, che esercitare la libertà di stampa è «azione criminale»). Ma – come tutti sanno – la lista è molto più lunga, a cominciare da Luttazzi e Sabina Guzzanti. Eccezionale è uno che dice impunemente della sinistra che, se vincerà le elezioni, porterà «miseria, morte e terrore».
Uno che avendo perso malamente quasi tutte le elezioni regionali e locali, denuncia brogli che avrebbero dovuto fruttargli immediate denunce (ma chi potrebbe ancora pensare, oggi, di portare in tribunale il feticcio Berlusconi?).
Eccezionale è qualcuno che accusa Prodi, leader della Opposizione, di essere un traditore del Paese, fa dire dal suo portavoce Fini che Prodi «parla il linguaggio del terrorismo», e fa scrivere da un altro portavoce (Magdi Allam, nota di WSI in un articolo sulla prima pagina del Corriere della Sera, aperto da una serie di insulti, che «l’occupazione in Iraq non esiste» smentendo il New York Times, il Washington Post, il Guardian, l’Independent e molti altri autorevoli quotidiani del mondo che si domandano ogni giorno quale potrà essere la “exit strategy” (da che cosa, se non dalla occupazione?) perché in Iraq l’inferno è più inferno ogni giorno, e troppi americani e inglesi – oltre che troppi iracheni – continuano a morire.
Eccezionale è un Primo ministro che copre di regali di immenso costo capi di Stato e di Governo (e gentili signore) per favorire, lui dice, l’immagine dell’Italia nel mondo. E si può immaginare l’esito. Eccezionale è uno che mente (mente sempre, in modo sistematico) ma la maggioranza di noi si convince che è troppo rischioso farlo notare. Eccezionale è uno che va tranquillamente a dire in pubblico, un giorno che il costo della vita è salito alle stelle durante il suo dissennato governo per colpa dell’euro di Prodi. E un altro giorno sostiene che gli italiani se la spassano alla grande e hanno tutti la barca. Ma quasi nessun economista lo sbugiarda, la mattina dopo, lasciando tutto il lavoro ai “feticisti”, a coloro che non hanno, come ammonisce Lucia Annunziata, «una visione più strutturale, più di lungo periodo».
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In un forum su l’Unità del 4 agosto, è stato chiesto a Fausto Bertinotti se si riconosca nel ritratto di “sinistra radicale” appena proposto da Lucia Annunziata. Bertinotti ha risposto: «No, mai parlato di regime».
A questo punto sono costretto a chiamarmi in causa perché, per quattro anni, alla direzione dell’Unita’, non ho fatto altro. L’ho fatto con il sostegno dell’Economist le cui 23 domande a Berlusconi, che sono veri e propri capi d’accusa, sono rimaste senza risposta, e senza che sia seguita la querela che era stata vistosamente annunciata contro il settimanale inglese), con il sostegno del Financial Times, con le voci e le citazioni dei maggiori giornali spagnoli, tedeschi, scandinavi, persino finlandesi. E con la partecipazione straordinaria di un milione di perdigiorno convenuti da soli a Piazza San Giovanni, a Roma (sabato 14 settembre 2002) Mi domando come sia sfuggita, a tanta gente la «visione più strutturale, più a lungo termine» suggerita nell’articolo citato.
Come saranno caduti Franco Modigliani, Paolo Sylos Labini, Giovanni Sartori, John Lane, Tobias Jones, Jane Kramer, nella ristretta pozzanghera del feticismo in cui ti sfugge “la visione strutturale” e il “lungo termine”? Ammetto che chi, in Italia, si abbandona al feticismo anti-berlusconiano non raggiunge alcun “lungo termine” professionale perché – come ha sperimentato Enzo Biagi – toccare Berlusconi è un po’ rischioso.
Ma quando, unico al mondo, un presidente – possidente – controllato e controllore, può andare in televisione da solo, senza interlocutori, senza mai – fino a ora – esporsi al dibattito con il suo diretto antagonista, come fai a non farti prendere la mano dal senso di eccezionalità che quest’uomo rappresenta, nel momento in cui entra ed esce da padrone nella televisione di Stato, lui che possiede tutto il resto della informazione? Lui che quella Tv la controlla al punto da avere dettato la legge che fa comodo alla sua ditta? Lui, che ha messo alla porta Lucia Annunziata, facendo eseguire l’ordine dai suoi guardiani alla Rai?
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Comunque, argomenta la Annunziata su La Stampa del 2 agosto, adesso è tutto finito, tutto perdonato. Ora che Berlusconi e De Benedetti sono insieme (ma, come si è visto, non è più vero) «si profila la possibilità di avere un confronto di idee in cui la patente anti-Berlusconi non è più una necessità ma nemmeno un alibi».
L’impressione è che l’autrice abbia stretto troppo le maglie del suo discorso, forse perché le sembrava chiaro, persino ovvio, quello che ha scritto. Si potrebbe chiederle se la questione della legalità negata, delle leggi vergogna, delle clamorose bugie sui conti dello Stato, della legge anti-giudici, del farsi difendere, nei suoi clamorosi processi privati, dal Presidente della Commissione Giustizia della Camera, delle Commissioni parlamentari (come Telekom Serbia) insediate, lo hanno accertato i giudici, al solo scopo di calunnia, non siano sempre state spunto per un fitto confronto di idee fra due Italie. Una ha il suo punto di riferimento nella legalità e l’altra no.
E’ molto utile, a questo proposito, citare l’articolo di Ezio Mauro su la Repubblica del 3 agosto, come risposta a chi gli stava dicendo che è tutto finito e tutto perdonato: «Voglio ripetere con chiarezza ciò che scrivo da dieci anni: questa destra italiana rappresenta una anomalia nelle democrazie occidentali per il conflitto di interessi, il monopolio dell’agorà televisivo, le leggi ad personam che stravolgono lo Stato di diritto, la sua cultura populista. Tutto questo non per dettato di una proprietà, ma per la nostra comune valutazione di cittadini e di giornalisti, coscienti di dover contribuire a creare una opinione pubblica informata e partecipe». Parlando del suo giornale dice Mauro, con comprensibile orgoglio: «Non tutti i giornali sono trapiantabili nelle zone di terreno più favorevoli a più fertili del momento». Lo stesso orgoglio lo hanno sempre sentito e mostrato i “feticisti” de l’Unità.
Non cambia niente? Cambia. Siamo in campagna elettorale, tutta l’opposizione ha un leader, Romano Prodi. Si costruisce una strategia e un programma. Dopo le elezioni, persone normali e pulite saranno guida e parte di un governo normale e pulito. E l’Italia potrà essere guardata nel mondo come una rigorosa e scrupolosa democrazia invece che la casa del malaffare. Da destra, una volta, il senatore Goldwater, che certo Lucia Annunziata ricorda, aveva detto: «Il perseguimento della virtù non è estremismo. E se lo è, noi siamo estremisti». Perché non dire, da sinistra (ma anche da parte di qualunque cittadino che crede nella legalità) che “se lo sventolare il feticcio Berlusconi serve – e pare che serva – a rimandare nelle sue ville Berlusconi e il suo governo, allora è bene essere feticisti”?
PS. Sarei personalmente grato a Lucia Annunziata – alla quale mi rivolgo con amicizia, ma anche con stupore – se vorrà spiegarmi (anche adesso che si è dissolta la nuvola nera della presunta alleanza fra Berlusconi e De Benedetti) il “lungo termine e la visione più strutturale” invece delle battaglie condotte (con molto rischio e una montagna di querele) per non far dimenticare agli italiani la gravità e la unicità del caso Berlusconi. Se vorrà dirci perché non dovremmo, fino all’ultimo minuto delle prossime elezioni, ricordare ai cittadini elettori ciò che hanno scritto i giudici di Palermo a proposito del presidente del Consiglio, nella durissima motivazione di condanna del sen. Dell’Utri. Feticismo verticistico o allarme gravemente motivato per lo stato morale e legale di tutto un Paese?
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