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IL PREMIER BILLIONAIRE

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(WSI) – Essere qui a interrogarci sulla bandana di Berlusconi non è esattamente quello che avremmo sperato di fare nella nostra vita adulta. Evidentemente, ognuno ha i rovelli che si merita. A noi tocca, da qualche anno, soprattutto verificare e controllare, giorno dopo giorno, che gli elementi di commedia rimangano prevalenti, nella vicenda italiana contemporanea, rispetto a quelli potenzialmente tragici.

Da questo punto di vista, il Bandana-Day è un segnale abbastanza controverso. Da un lato tranquillizza: è difficile immaginare un uomo con la bandana asserragliato a Palazzo per indire un golpe – al massimo starà covando un gavettone. Dall’altro inquieta, come accade ogni volta che un uomo di potere dà segni percettibili di squilibrio.

Per esempio ricevendo un capo di Stato straniero vestito come in un pigiama-party dei primi anni Ottanta. I tabloid inglesi, banalizzando una volta di più, avevano sgridato i coniugi Blair perché andavano ospiti “del nuovo Mussolini”. Categorie decrepite, bassezze antitaliane. Il mistero (e l’orrore) del berlusconismo non sta nella replica di vecchi stili, ma nella gioiosa abrogazione di qualunque stile (o, se volete, nell’adozione alla rinfusa di tutti gli stili, postmodernamente e televisivamente, per far ridere gli amici e per compiacere la clientela di ogni ordine e grado).

La bandana di Berlusconi, non a caso, è di classificazione complessa: una specie di multibandana, riassuntiva di tutte le bandane. In quel luogo e in questa stagione il primo effetto, quello principale, è briatoresco, da frequentatore anziano, gioviale e ricco di luoghi notturni, alla Billionaire, con un possibile rimando ai “cumenda” milanesi nella Alassio del Muretto. Cafone ma allegro, il tipico, eterno frescone italiano che offre da bere e conosce l’ultima. Berlusconi, insomma.

Poi la bandana, ovvio, farebbe pensare a Pantani, e alle legioni di emuli abbronzati e muscolosi che pedalano ovunque, più o meno impasticcati e più o meno felici. Ma il riferimento al Pirata è poco olimpico, tenebroso nei suoi esiti da cronaca nera, ulterioremente oscurato dal piccolo trionfo ateniese di Ciampi e dei suoi livornesi d’oro. No, Pantani non è la pista giusta.

Da non escludere un pizzico di civetteria da lifting, per far pensare che magari, sotto la pezzuola, è in vigoroso divenire un bel rinfoltimento di capelli. Farlo pensare anche se non è vero niente, come certe dame quando si trattengono a lungo in bagno lasciando intuire preparazioni raffinatissime, e invece magari stanno solo leggendo Topolino.

Infine e forse soprattutto la bandana, anche se se la tira da accessorio di gran moda, è la chiara evoluzione del fazzoletto poggiato sulla testa (quattro nodi alle quattro cocche, a far da contrappesi) di tutti i Fantozzi di tutte le epoche, quelli che scaricano dal bagagliaio il cocomero e le carte da ramino per trascorrere la domenica su grami praticelli riarsi. E si asciugano il sudore sulla fronte. Un tocco popolare molto andante, come sempre ideale per far dire “in fondo Lui è come me” anche ai paria che in Costa Smeralda sarebbero allontanati dai gorilla, anche ai disgraziati che bivaccano sui moli di Porto Cervo per fare vip watching.

Se Berlusconi abbia di queste sortite per demagogia calcolata o per schietta vocazione non è mai stato chiaro. E in fondo non è nemmeno interessante. Più interessante, come si diceva prima, sarebbe stabilire se il suo reiterato e gongolante oltraggio alla forma, allo stile e alle regole di qualunque ordine e grado sia solo un pittoresco e in fondo innocuo corredo della decadenza repubblicana, oppure il presagio di una definitiva pazzia narcisista, tipo quello che fece senatore il suo cavallo, o quello che rifece la Costituzione perché non contemplava, tra i suoi articoli fondamentali, un elogio della bandana, specie se indossata su completino bianco.

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Pubblichiamo, sul caso-bandana, anche un articolo di Marco Travaglio:

Come diceva Montanelli «Berlusconi ha almeno questo di buono: quando ti aspetti che faccia una scempiaggine, la fa». Non che l’idea di accogliere il premier britannico Tony Blair travestito da bagnino di Gabicce Mare, completo bianco e bandana d’ordinanza, sia la peggiore, tutt’altro.

Il fatto è che ieri, credendo di far cosa gradita, i tg hanno associato le immagini del Cavalier Bandana al compunto comunicato di Palazzo Chigi sul vile attentato contro i carabinieri a Nassiriya, in cui si assicurava che il presidente del Consiglio segue minuto per minuto la crisi irachena senza mai distogliere la mente dal dramma dei nostri ragazzi al fronte, riunito in permanenza con Apicella e il cuoco Michele, insomma con il consiglio di guerra.

Ecco, quelle immagini ridanciane associate a quelle parole dolenti stridevano un po’, almeno quanto quelle di Bobo Vieri che ricorda ai giornalisti «io sono più uomo di tutti voi» mentre le telecamere indugiano sulle braghette corte e sul cerchietto per i capelli. Cose che càpitano. A parte questo incidente di percorso, il nuovo look dello statista di Porto Rotondo ha un profondo significato sociologico.

Risponde finalmente all’interrogativo che gli studiosi pongono da tempo sul blocco sociale di riferimento della destra italiana: il Cavalier Bandana ammicca all’italiano da Billionaire, all’aspirante inquilino del Grande Fratello, al prototipo umano immortalato da quell’attore milanese reso celebre da film tipo «Sapore di sale», con Jerry Calà e Umberto Smaila: il «bauscia» spelacchiato di una certa età che si vergogna della sua anagrafe, si tinge i capelli, se li fa crescere sulla nuca, si abbronza sul balcone di casa con la carta stagnola, poi parte per le ferie agghindato in camicia hawaijana per «cuccare» coi figli e attardarsi in discoteca raccontando barzellette sconce ad alta voce e inghiottendo un whisky dietro l’altro, nella vana speranza che una squinzia in astinenza si accorga di lui.

Se non fosse così, per spiegare le motivazioni che hanno portato un presidente del Consiglio di 68 anni, nonno di tre nipotini, nel pieno della tragedia irakena, a calarsi una bandana sul capo, non resterebbero che le seguenti alternative.

1) Berlusconi è a corto di tappi di sughero bruciati per mascherare l’ingiusta calvizie che lo perseguita da anni.

2) Carlo Rossella, disegnatore ufficiale di capelli finti, è in ferie e non ha lasciato recapiti.

3) Presentarsi col tradizionale cappuccio nero della P2 non pareva il caso.

4) Dopo il lifting, il Bisunto del Signore sta tentando un disperato trapianto di capelli, ma il concime non è bello a vedersi.

5) Sotto le apparenze di una banale bandana si nasconde un poderoso casco antiproiettile, ultimo ritrovato dei servizi di sicurezza contro le minacce di Bin Laden.

6) Silvio ha saputo che il collega imputato Michael Jackson si sarebbe presentato in tribunale di bianco vestito e ha voluto imitarlo.

7) Il nostro è evaso dalla clinica che l’ha in cura per le sue ultime bizzarrie e ha fatto appena in tempo a coprire la fasciatura sul capo, dimenticando nella fretta di smettere il pigiama bianco.

8) Il premier ha tenuto a rivendicare ancora una volta, con una maggiore sobrietà anche esteriore, l’eredità di De Gasperi, Einaudi e don Sturzo.

9) Nella guerra intestina fra gli adepti di Bondi e i discepoli di Scajola, Berlusconi ha indicato una terza via per il rilancio di Forza Italia: quella del Billionaire, che fa presagire, per il ruolo di nuovo coordinatore, un testa a testa (si fa per dire) fra Costantino e Briatore.

10) L’ometto di Stato ha voluto dimostrare all’Onu che l’Italia merita un posto al sole nel Consiglio di sicurezza.

11) L’anziano gagà ha semplicemente voluto rassicurare gli italiani che sono sempre in buone mani.

Ora la bandana delle libertà, come già l’orologio sul polsino dell’Avvocato, è destinata a fare immediatamente tendenza. Pare che il devoto James Bondi ne abbia subito ordinato uno stock di ogni foggia e colore, per tutti i gusti e le stagioni. Galli della Loggia e Panebianco stanno preparando in tutta fretta un saggio per il Mulino sul ruolo della bandana come emancipatrice e liberatrice degli italiani dalla plumbea egemonia culturale della sinistra,che per cinquant’anni ha imposto loro l’onta della pelata a cielo aperto (titolo: «Corvo rosso non avrai il mio scalpo»).

Intanto il nuovo Magister Elegantiarum, congedato Tony lo Scroccone in viaggio-premio, ha convocato a Villa La Certosa un vertice internazionale di sarti e cappellai per preparare i copricapi da sfoggiare nei prossimi summit dei Grandi del Mondo: un berretto a sonagli, uno zuccotto di Lucio Dalla, una bombetta alla Stanlio e Ollio, un cappellino con veletta già in dotazione alla Regina Madre, un fez da gran mogol delle giovani marmotte, un pelouche con la coda alla David Crockett, una cuffia da notte all’uncinetto preparata da Bondi con le sue mani, una tiara pontificia, un cappello di Napoleone.
Si avvicina precipitosamente la profezia di Massimo D’Alema: «Un giorno o l’altro lo vedremo con lo scolapasta in testa». Ci siamo quasi.

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